Sostenibilità
Terra dei fuochi, il governo gioca al ribasso
Il governo ha “ridotto” ad appena 15 ettari il perimetro delle aree non coltivabili. Ma le cose non stanno così. Come spiega Lucio Lavarone, responsabile del Coordinamento Comitati Fuochi
di Anna Spena
Il decreto interministeriale firmato nei giorni scorsi dal ministro dell’agricoltura Martina ha “ridotto” le aree inquinate della Terra dei Fuochi ad appena 15 ettari tra le province di Napoli e Caserta. Su questi 150mila metri quadrati non sarà più possibile coltivare frutta e ortaggi. Il ministro dell’Ambiente Galletti dice basta allarmismo. Che l’economia campana abbia pagato un prezzo molto alto per il tanto rinomato “scandalo” della Terra dei Fuochi non è una novità, ma questo decreto non deve diventare un palliativo. Non basta ridurre le arie per eliminare il problema.
A sostenerlo è Lucio Iavarone, responsabile del Coordinamento Comitati Fuochi, che spiega come il provvedimento sia solo un primo piccolo passo per arrivare al cuore vero del problema.
Come sono stati individuati questi 15 ettari?
Hanno fatto un’analisi delle mappe del territorio realizzate con ortofoto. L’aereofotogrammetria sensibile cambia colore in base alla variazione della temperatura e ai movimenti della terra. Il problema è che molte delle foto prese in analisi sono troppo datate, alcune hanno addirittura 10 anni.
Quante zone non sono state ancora analizzate?
Ad oggi sappiamo che i comuni dove sono stati interrati rifiuti tossici sono 88. Per ora ne sono stati analizzati solo 57. Gli ettari di terra inquinati nelle aree analizzate sono 80. Adesso confrontando le vecchie foto(dove sono state fatte le ricerche) con le nuove mappe, notiamo come su 40 ettari di terreno sono state costruite strade, case, centri commerciali. Dei 40 ettari restanti nel decreto ne vengono menzionati solo 15. In effetti le aree che hanno il fattore di rischio 5, il più alto, coprono 15 ettari di terreno. Ma questo non significa che il resto non sia inquinato.
15 ettari quindi non sono rappresentativi?
Noi prendiamo questa analisi come il punto di partenza. Non deve però passare un messaggio rassicurante e falso. La cosa più importante da fare è allargare le analisi anche agli altri siti. Perché vede focalizzare l’attenzione solo sui prodotti agricoli non basta. Dobbiamo ricordarci anche di tutte quelle discariche pubbliche, abusive, nascoste, sotterranee…
E le bonifiche?
La Campania è dissestata di veleni e non nascondiamoci dietro la mancanza di fondi per le bonifiche. I soldi ci sono.
Quanti?
C’è un miliardo di euro nelle mani della Sogesid per la bonifica delle aree vaste delle terra dei fuochi. Ma loro fanno gare d’appalto al ribasso: “con otto milioni cosa fai?” Poi ci sono altri 142 milioni di euro gestiti dai singoli comuni. Ognuno dovrebbe attuare piani di bonifiche della propria discarica, ma anche su questo si conosce poco.
Il prossimo passo da fare?
Sarei felice se fossero solo 15 ettari il problema di questa terra. Ma non è cosi. Rassicurare e deresponsabilizzare non è la soluzione che ci serve. Anche se lo Stato dice va tutto bene, noi dobbiamo ricordarlo che non va tutto bene. Poi vogliamo un marchio di qualità, alla regione Campania manca. Vogliamo un marchio che dica i nostri prodotti possono essere venduti tranquillamente.
Foto: Mauro Pagnano
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