Famiglia

I nuovi orchi? Violentano i bambini via internet

Dialogo con Enrie Allen ex-Presidente e Amministratore Delegato di “International Center for Missing & Exploited Children": «Un caso del genere si è registrato in Svezia, ma siamo di fronte a un mondo che sta cambiando molto rapidamente». Ecco quello che i genitori non possono non sapere

di Marcello Esposito

Enrie Allen è il carismatico ex-Presidente e Amministratore Delegato di “International Center for Missing & Exploited Children” (“Centro internazionale per i bambini scomparsi e abusati”), Washington, USA. E’ intervenuto nella giornata di studio del 9 febbraio 2015, organizzata da Telefono Azzurro e CERGAS Univ. Bocconi in occasione del Safer Internet Day 2015. Qui l'ntervento integrale Allen

Presidente, come possiamo mantenere i nostri bambini al sicuro quando navigano in Internet?
Tenere i bambini al sicuro online è molto più difficile, oggi, perché il loro accesso a Internet non avviene solamente dal computer del salotto di casa. Oggi, i bambini vanno in giro con Internet in mano. Sono anche in grado di creare i propri contenuti e condividerli immediatamente. E una volta pubblicato, nulla può più tornare indietro. Essendo connessi con persone in tutto il mondo, i bambini sono più facilmente vittime di sfruttatori virtuali, cyber-bulli, sono più esposti a materiale inappropriato e così via. Secondo gli ultimi dati, il 95% degli adolescenti è online e un terzo di loro è stato vittima di cyberbullismo. Alcuni anni fa abbiamo lanciato una campagna dal titolo: “Pensa prima di postare” (“Think before you post”). Semplicemente, molti bambini non riconoscono i rischi potenziali che derivano dal dare troppe informazioni su di sé. E spesso, comprendono quanto sono vulnerabili quando è troppo tardi.Non esiste comunque un approccio unico in grado di garantire la sicurezza assoluta. Attraverso l’educazione possiamo promuovere la consapevolezza nei ragazzi. Dobbiamo intervenire sulla prevenzione e cambiare le norme, adattandole alla nuova realtà di Internet. E’ fondamentale fornire ai genitori gli strumenti per colmare il “digital divide” generazionale, consentendo così di esercitare un giusto controllo parentale. Ma tutto questo può rivelarsi inutile se non cambiamo profondamente il sistema valoriale della nostra cultura.In questa società noi stiamo rendendo sempre più precocemente sessualizzate le ragazze, e questa è una pratica che sta provocando impoverimento, degradamento e disumanizzazione, soprattutto del ruolo della donna.

Si può dire che esiste un lato oscuro di Internet?
Internet ha rivoluzionato il modo in cui noi viviamo, lavoriamo, giochiamo. Tuttavia, esiste un lato oscuro, che ci presenta sfide totalmente nuove rispetto a ciò che abbiamo visto finora. L’anno scorso in Svezia, un uomo è stato condannato per violenza sessuale a distanza di bambini residenti nelle Filippine, un reato definito “tratta virtuale”. L’uomo aveva assoldato degli uomini nelle Filippine per rapire e violentare bambini, perfino di 5 anni, mentre lui assisteva alle aggressioni via webcam standosene a casa in Svezia. Casi di questo genere accadono in giro per il mondo. Oggi esiste una Internet segreta ad uso dei trafficanti di droga, di esseri umani, assassini e pedofili. È chiamata “Deep Web” o “Dark Net”, e utilizza Tor e altri strumenti di oscuramento dell’identità per evadere i controlli. Il Deep Web comprende siti di droga, armi e tratta di persone; il reclutamento di assassini, acquisto di valute contraffatte, furto di dati di carte di credito e passaporti falsi. E molto altro. Ed è anche un terreno di azione dei pedofili. Oggi esistono siti come Lolita Candy, Hard Candy, Jailbait, PedoEmpire, Love Zone e altri.

Quali sfide dobbiamo affrontare su Internet oggi ?
La prima è l’esplosione della pornografia infantile. È un problema incompreso e frainteso. Non si tratta di libertà di espressione, stiamo parlando di abuso di bambini. Sono fotografie da scena di un crimine, immagini di abusi sessuali su bambini.Un funzionario pubblico un giorno mi disse: “Pornografia infantile? Ma non è semplicemente pornografia per adulti – ragazze ventenni con le treccine, truccate in maniera che sembrino undicenni?” – Non esattamente. Al National Centre [for Missing and Exploited Children] nel 2002 abbiamo creato un Programma di Identificazione di Bambini Vittime (CVIP) per provare a identificare i bambini ritratti in queste immagini per poterli salvare. Nel 2002 abbiamo ricevuto 50.000 immagini. L’anno scorso, fra immagini e video, 25 milioni; il totale dal 2002: più di 125 milioni. Dei bambini identificati, tre su quattro erano preadolescenti, il 10% bimbi e lattanti. Maschi e femmine. E non stiamo parlando di bambini avvolti in un asciugamano o accappatoio. L’84% delle immagini identificate ritrae la penetrazione fisica di queste vittime.

Ma come può esserci una domanda così massiccia di contenuti così brutali?
Il ricercatore canadese Michael Seto ritiene che almeno l’1% della popolazione maschile è solleticata da stimoli pedofili. Sul pianeta ci sono 3,5 miliardi di maschi, perciò l’1% fa 35 milioni. Solo una generazione fa, una persona che avesse interessi sessuali nei confronti di bambini si sentiva isolato, solo. Oggi, questa persona fa parte di una comunità globale: può interagire online con persone come lui in tutto il mondo; può scambiare immagini, fantasie, tecniche. E talvolta bambini in carne ed ossa. Tutto ciò può avvenire nell’anonimato della realtà virtuale.

Cosa possono fare le istituzioni per salvare tutti questi bambini? Cosa possiamo fare noi?
Dobbiamo creare consapevolezza sociale. Non è un problema della polizia, non è soltanto un problema per le donne. È un problema per ciascuno di noi. Sono grato alla Commissione europea per la creazione della Global Alliance Against Child Sexual Abuse Online, che conta oggi 54 Paesi membri. Ma occorre fare di più. Dobbiamo:

  • creare un database di immagini in ogni Paese e creare connessioni con il database dell’Interpol ICSE (International Child Sexual Exploitation).
  • aumentare la condivisione di hashes, gli identificatori digitali, di queste immagini, fra le forze dell’ordine e le compagnie tecnologiche così da poter identificare ancora più vittime: solo in questo modo le compagnie potranno rimuovere queste immagini dai propri server.
  • creare un sistema di allerta e notifica in ogni Paese, per individuare e rimuovere un volume sempre maggiore di contenuti.
  • mettere a punto una chiara azione legislativa in ogni Paese, con uno specifico focus su questo problema.
  • rinforzare la cooperazione globale per identificare e scovare i colpevoli.

Ci serve infine un’azione globale per identificare e assistere le vittime. Dobbiamo ampliare i servizi per le vittime. È una questione di salute pubblica. Queste vittime soffrono un grave trauma, PTSD (Post traumatic stress disorder) e una volta diventati adulte sono più a rischio di depressione, ansia, problemi cardiaci, diabete, cancro e altre malattie. E noi sappiamo anche che la violenza sessuale a un’età precoce provoca degli effetti a livello cerebrale. Le vittime possono riprendersi se sono aiutate tempestivamente. Tuttavia, in molte parti del mondo, oggi questo aiuto non arriva.

 

Dopo la pornografia infantile, quale è la seconda sfida?
Lo spostamento della tratta di persone dalle strade a Internet. Oggi esistono siti che pubblicizzano bambini a scopi sessuali. I consumatori fanno acquisti nel segreto della loro casa o stanza d’albergo. E in gran parte, questi siti sono immuni dalla condanna. Per i trafficanti, è un sistema facile, a basso rischio ed estremamente redditizio. E a differenza di altri “beni” come la droga o le armi, i bambini possono essere venduti e rivenduti più volte… Dobbiamo concentrarci di più sui consumatori. Per un vero effetto deterrente, dobbiamo perseguire i clienti e indurli, alla fine, a pensarci due volte, prima di comprare un bambino per fini sessuali. È un crimine e deve essere trattato come tale. C’è una grossa domanda di sesso con bambini e ragazzi, e non è un problema che si colloca chissà dove, dall’altro capo del Mondo. Sta accadendo nei nostri Paesi occidentali. Questo tipo di consumatore non riflette gli stereotipi della società, non ha la faccia da criminale, è un medico, o un avvocato, un grande manager, un insegnante, un allenatore. Raramente, poi, queste persone sono trattate come criminali dalla magistratura. Noi dobbiamo ritenerli responsabili e minare la richiesta di questo tipo di mercato sessuale. Dobbiamo poi renderci conto che l’infrastruttura d’informazione di questo apparato di crimine organizzato è Internet. Dobbiamo cambiare le leggi, per rendere più facile perseguire coloro che approfittano di questo sistema insidioso, allo stesso modo di coloro che lo finanziano e lo facilitano.

Stiamo parlando di centinaia di milioni di utenti “adulti” da controllare. Come si concilia un’azione così massiva di prevenzione e di intelligence con il diritto alla privacy?

Credo che vi sia una differenza fra la privacy e l’anonimato, e che l’anonimato integrale su Internet sia un veicolo di disastri, che garantisce un porto sicuro per ogni forma di criminalità e di male, compreso l’abuso di minori. Io credo che possiamo massimizzare la privacy individuale bilanciandola con il diritto dei bambini di essere liberati da ogni abuso. Ammetto che all’indomani della controversia sulla National Security Agency (NSA) è cresciuta la preoccupazione per la protezione della privacy dei singoli. Sono un avvocato e condivido questa preoccupazione. Nondimeno, oggi nel mondo esistono innovazioni tecnologiche che rendono praticamente impossibile per le forze dell’ordine accedere ai dati, addirittura in presenza di indizi fondati e mandati di polizia. Molti anni fa, il governo americano ha sviluppato Tor, uno strumento che permette ai dissidenti politici di usare Internet nell’anonimato, per consentire loro di agire al riparo da regimi repressivi. È uno scopo nobile. Tuttavia, ci sono effetti collaterali. Dissidenti politici e giornalisti non sono gli unici a utilizzare questi strumenti di anonimato su Internet. Questi siti accettano pagamenti in valute virtuali non regolamentate, come i Bitcoin, che non appartengono ad alcun Paese e non sono soggetti ad alcuna Banca centrale. Sto sollecitando i leader di ogni paese a utilizzare la legislazione vigente contro il terrorismo o il riciclaggio … prima o poi gli utenti devono cambiare i loro Bitcoin in euro, dollari, sterline o yen.

Visto che siamo in tema di privacy, come è possibile tutelare la privacy dei nostri figli quando navigano in Rete? Si può in qualche modo evitare che i dati dei minori entrino nei “Big Data” e vengano utilizzati senza l’autorizzazione dei genitori?

Questa è quella che definisco la quarta sfida, quella dei Big Data. L’analisi dei dati è una buona cosa, che rende l’ordine pubblico, la medicina e molte altre discipline più efficienti.
Tuttavia, devono esserci limiti e parametri. Nonostante la vicenda dell’NSA, l’estrazione dei dati nel settore privato cresce esponenzialmente. I dati personali dei bambini sono raccolti e utilizzati in molti modi, ad esempio per il marketing, andando a influenzare ciò che loro pensano, come agiscono e cosa comprano. Oggi, aziende private stanno raccogliendo quantità esorbitanti di dati riguardanti bambini: quali giochi online visitano, quali video guardano, quali libri leggono, quali test fanno, su cosa sono i compiti a casa, i siti che visitano, e molto altro. La raccolta dei dati sta crescendo notevolmente nel campo dell’istruzione. I dati riguardanti l’infanzia sono usati per mettere a fuoco eventuali problemi quando si è ancora in tempo per intervenire. I dati, però, vengono anche usati per cambiare il modo in cui essi vengono formati. La Fondazione Gates ha finanziato un progetto di ricerca da 1,4 milioni di dollari per usare sensori biometrici nelle scuole medie per rilevare come gli alunni rispondono a ciascun momento della lezione, studiando cosa funziona e cosa non funziona nella didattica. In Europa, l’articolo 8 della Carta europea dei Diritti Fondamentali dispone che ciascuno ha il diritto alla protezione dei propri dati; che questi dati devono essere trattati per scopi ben precisi e secondo la legge; che ciascuno ha il diritto di accedere a questi dati. La questione che poniamo è che questi dati hanno il potere di cambiare ogni aspetto della nostra vita. Perciò, la raccolta e l’uso di questi deve essere controbilanciata da una tutela ragionevole della privacy personale, soprattutto dei bambini. Servono leggi migliori in tutto il mondo, leggi più sincronizzate con l’era dell’evoluzione di Internet. Molti genitori sono giustamente preoccupati e si rendono conto di quanto sia difficile scoprire quali compagnie stanno raccogliendo informazioni sui loro figli e come queste vengano usate. Il Dipartimento dell’Istruzione americano ha definito la salvaguardia della privacy dei bambini una priorità, tuttavia la legislazione USA è troppo antiquata e deve essere migliorata ed ampliata.

Come dice lei, i genitori, e io sono uno di questi, sono veramente preoccupati. Anche per il rischio che i nostri figli possano “vedere” immagini sconvenienti e venire traumatizzati.
E fa bene ad essere preoccupato perché la quinta sfida è proprio l’effetto che un vero e proprio bombardamento di immagini pornografiche esplicite ed estreme può avere sul cervello dei più piccoli. Ogni mese i siti pornografici ricevono più visite di Netflix, Amazon e Twitter messi insieme. Uno studio del 2009 riportava che il 53% dei ragazzi e il 28% delle ragazze (età 12-15 anni) fa uso di pornografia sessualmente esplicita su Internet. Un altro studio ha rilevato che l’età media della prima esposizione alla pornografia online è di 12 anni, ed è in calo. Per un'altra ricerca, poi, il 32% dei bimbi di 10 anni è esposto alla pornografia. La situazione è ancora peggiore considerando il fatto che oggigiorno su internet il “porno soft” è ormai scomparso. Oggi il contenuto è estremo, visuale, violento e particolarmente degradante e umiliante per le ragazzine. Secondo uno studio recente l’88% delle scene pornografiche più votate contiene aggressioni fisiche e il 49% verbali, e nel 94% dei casi le vittime sono femmine. Il fenomeno si nutre dall’esplosione di siti porno gratuiti che fungono da veicolo per l’industria pornografica commerciale. Questi siti sono sempre più in stile Youtube. Nel 2011 il New York Magazine dichiarava che dieci anni fa tutto il traffico quotidiano di siti per adulti riguardava in media meno di 1 milione di visitatori su tutto il web; oggi i soli siti di pornografia in video hanno 42 milioni di visitatori unici ogni giorno. Questo è un problema specifico di oggi, quando ad Internet non si accede da un PC messo su un tavolo di casa: i bambini si portano dietro internet nei dispositivi portatili. Negli ultimi 20 anni abbiamo fatto grandi progressi nell’istruire i bambini e le loro famiglie su come usare internet in modo sicuro e responsabile. Invece, nell’ambito della protezione dei bambini dall’esposizione a immagini e contenuti espliciti, abbiamo fallito. Nonostante gli sforzi di aziende web e organizzazioni no profit nel formare i genitori, un recente studio USA ha scoperto che solo il 28% dei genitori ha installato software di filtraggio dei contenuti, dato che scende al 17% sui dispositivi mobili e al 15% per le console di gioco.

Quali sono le conseguenze di questa esposizione per lo sviluppo del bambino?
Il fatto che il cervello dei bambini, che si trova in una fase di sviluppo e formazione, viene raggiunto da immagini pornografiche estreme influisce su che cosa loro concepiscono come normale, su come si confrontano con l’altro sesso, su come si interagisce con il mondo. E l’esposizione a questo tipo di contenuti estremi in tenera età produce cambiamenti neurobiologici nel cervello. Un ricercatore ha detto una volta che “siamo nel bel mezzo del più devastante, folle, esperimento sociale nella storia dell’umanità”. Il Premier britannico David Cameron l’ha battezzato “La corrosione dell’infanzia”. Il Primo ministro Cameron sta lavorando con alcuni internet provider inglesi per verificare l’idea del default-filtering, non per limitare la libertà di pensiero ma come forma di regolazione d’impresa. Cameron non sta cercando di negare l’accesso agli adulti che cercano questi contenuti, sta solo cercando di precluderlo ai bambini. Egli ha detto: “Non si tratta di aziende o governi che vogliono censurare internet, ma di filtri per proteggere i bambini… Ci servono filtri efficaci che siano preimpostati per essere attivi, salvo che un adulto li disattivi di proposito, e serve anche che i genitori siano consapevoli e collaborativi nell’usare questi filtri”. La risposta a tutto ciò è l’uso di filtri preimpostati e accesi, dove serve un genitore per premere “Off”? Oppure è una nuova enfasi sulla formazione e presenza dei genitori? O altro ancora? La mia speranza è che tutti noi accettiamo questa sfida, elaboriamo e attuiamo soluzioni vere.

Vuole concludere l’intervista con un appello?In conclusione, mentre apriamo la giornata del Safer Internet Day 2015 in Italia e in Europa, io sono più che mai impegnato per una Rete libera e senza restrizioni. Ma il guanto della sfida che lancio a voi è che non possiamo starcene seduti e non far nulla. L’uso di Internet sta cambiando, le sfide sono nuove e crescenti, e i bambini italiani, europei e di tutto il mondo sono molto più a rischio che in passato. Dobbiamo perciò lavorare insieme per trovare e adottare limiti appropriati. Dobbiamo passare all’azione!

 

 

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