Mondo
I trafficanti di uomini incontrati di persona
Il profilo degli imprenditori del secondo business illegale più redditizio dopo quello della droga
Viaggi su un cargo di linea, oppure stipati nella stiva di uno yacht di lusso battente bandiera americana, ma anche nascosti dentro sacchi a pelo circondati di ghiaccio per sfuggire agli scanner termici della polizia che controllano i camion alla dogana.
Sono le rotte alternative e gli espedienti “creativi” architettati dai trafficanti di uomini per eludere i controlli. Ne parlano Giampaolo Musumeci, giornalista, fotografo e videoreporter e Andrea di Nicola, docente di criminologia all’Università di Trento, nel libro “Confessioni di un trafficante di uomini”( Chiarelettere 2014). Un libro inchiesta (più che mai attuale) con le testimonianze e le confessioni dei protagonisti di questo business incontrati dagli autori nei luoghi principali dei traffici di migranti, dalla Cina, agli Stati Uniti, dalla Turchia al Marocco, passando per Suez e la Tunisia. Presto, ci dicono gli autori, uscirà anche un Manifesto nel quale si mette nero su bianco un ragionamento e degli approcci nuovi e pratici per affrontare e contrastare il fenomeno.
Chiariamo subito: non è un libro con interviste agli scafisti. Quelli sono l’anello debole del cerchio. "Quando Alfano annuncia trionfante l’arresto di decine di scafisti", spiega Musumeci "bisogna mettere in conto che il giorno dopo ne spunteranno degli altri. Arrestare lo scafista è come mettere in cella il piccolo pusher di Scampia che vende la cocaina per strada. Lo scafista è solo l’ultimo anello di una catena lunghissima, una rete criminale con dei boss che sono degli imprenditori. Gente in giacca e cravatta, sociali e socievoli, anche di piacevole compagnia, bravi a caparbi ad allargare il loro network e a tessere relazioni. Noi li definiamo trafficanti di morte. In realtà sono traffiacanti di vite. Per alcune persone sono anche dei benefattori. La famiglia di Homs in Siria che è scampata alle bombe ed ora è in Italia, non può che non essere grata a questi trafficanti. Sono imprenditori con dei business paralleli usati come copertura o per riciclare il denaro.Se non prendiamo i pesci grandi, non si smantellerà mai la rete".
Il trafficante di uomini non ha interesse a diversificare i suoi affari, spiegano gli autori. È però alla costante ricerca di nuove modalità per portarli a termine sfruttando flessibilità e capacità di innovazione, proprio come accade nelle aziende che si confrontano con il mercato.
Lo spostamento illegale di uomini e donne è il business illecito più redditizio dopo la droga con un flusso di denaro generato che varia dai 3 ai 10 miliardi di dollari all’anno. Sono nel Mediterraneo il business si aggira sui 150 milioni all’anno. Per gli autori del libro, il traffico di uomini, è la più spietata agenzia di viaggi del pianeta che offre pacchetti che variano a seconda delle esigenze del “cliente” .
Gli autori stressano molto l'aspetto economico di questo business. Se non trattiamo le dinamiche commerciali, se non indaghiamo su chi muove i soldi e come lavorano, non capiremo mai il fenomeno. E se non riusciamo a razionalizzare le dinamiche che regolano questo business, la politica non potrà mai fare il proprio dovere e continuerà a strumentalizzare il problema. Ma non solo. Se noi non usciamo dalla logica dell'emergenza, continueremo a fare il loro gioco. Questi personaggi sono più veloci e più reattivi di noi. Fanno leva sulla collaborazione con i loro contatti, con le controparti in altri paesi. I boss turchi, si confrontano con quelli egiziani, quelli afghani con quelli libici. Diciamo che fanno cooperazione internazionale. Fanno quello che dovremo fare noi, ovvero scambiare i dati, le inforazioni. E' possibile che non riusciamo a tracciare dove vanno 10 miliardi di dollari? Alla fine, il loro business funziona perchè noi non facciamo nulla".
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