Non profit

Azzardo, Occhetta: «Senza regole definite, a pagare saranno i più deboli»

Intervista al politologo di Civiltà Cattolica alla vigilia del varo delle nuove norme che entreranno nei decreti alla delega fiscale: «La politica è chiamata a curare questa ferita che sanguina, deve favorire la rieducazione al gioco nelle scuole e negli oratori e regolamentare la pubblicità»

di Stefano Arduini

Francesco Occhetta (su twitter: @OcchettaF), politologo di Civilità Cattolica (l'importante quindicinale dei gesuiti diretto da Antonio Spadaro), nell’ottobre dello scorso anno ha pubblicato sulla rivista dei gesuiti un saggio intitolato “La piaga sociale del gioco d’azzardo”. Lo abbiamo interpellato alla vigilia del passaggio in consiglio dei ministri del tanto attesto provvedimento sull'azzardo.  

Partiamo dalla vicenda dell’articolo 14 della delega fiscale che probabilmente andrà in consiglio dei ministri il prossimo 20 febbraio. Dalle bozze che girano sembra che il divieto di pubblicità sarà limitato solamente alle aziende senza licenza. Di fatto un limite che non limiterebbe proprio nulla. Cosa ne pensa?
Sarebbe un errore politico le cui conseguenze verranno pagate dalle fasce più deboli di popolazione. Chiediamoci: cosa è accaduto all’Italia per essere diventata in così poco tempo il primo Paese consumatore di gioco d’azzardo in Europa e il terzo nel mondo? Sembra paradossale, ma in pochi anni dal proibizionismo sul gioco, che distingueva l’Italia dagli altri Paesi occidentali, si è passati a una situazione di concessioni senza limiti che ha generato un’industria con il terzo fatturato più alto del Paese. Una filiera di 5.800 imprese del settore dei giochi autorizzati dallo Stato, in cui lavorano circa 120.000 persone. Se da un lato stupisce il fatturato annuo legale, che si aggira intorno agli 87 miliardi di euro, dall’altro la spesa media che grava sugli italiani maggiorenni per il gioco d’azzardo raggiunge punte di 1.480 euro in Abruzzo e di 2.960 euro a Pavia. Il Paese si è trasformato in un grande casinò a cielo aperto. La politica di fronte a questa deriva sembra non voler trovare gli strumenti. Se le vostre anticipazioni saranno confermate, è preoccupante.

Eppure in questi mesi è nato persino un intergruppo parlamentare contro l’azzardo…
Certo, ed è coordinato da Lorenzo Basso e l’idea del Testo Unico sulla cura della dipendenza da gioco sembravano essere voci fuori dal coro della politica che nel suo complesso rimane inerte e impassibile. Mi auguro che in un frangente così decisivo, l’intergruppo faccia sentire la sua voce e si senta sostenuto dalla società civile.

Lei stesso nella sua inchiesta segnala come la Commissione antimafia abbia dichiarato che “per ogni euro guadagnato legalmente dallo Stato ci sono 7-8 euro guadagnati illegalmente dalle mafie nell’az­zardo”. Com’è possibile che il Parlamento non se ne accorga?
Partiamo da un dato: le slot machine, che sono una ogni 133 abitanti, sono diventate nel Sud le nuove forme di pizzo delle cosche. Il prezzo di molti esercizi commerciali spesso dipende dal giro di affari del traffico del gioco. Su 9.000 controlli, 3.500 sono risultati irregolari. Il gioco legale è stato ri­succhiato dall’organizzazione del crimine, che ha esteso il tasso e l’influenza di controllo nelle singole province, come attestano le numerose inchieste aperte della magistratura. La crisi economica aggrava un circolo vizioso: i disoccupati hanno una propensione all’azzardo ed entrano nella trappola degli usurai. E poi le famiglie povere che vanno in rovina per consumare il loro poco risparmio. Va dunque smentita la tesi, sostenuta dai fautori del gioco d’azzardo, che l’offerta legale e autorizzata è l’antidoto a quella ille­gale. Venendo alla sua domanda fatico a rispondere. È certo però che le conseguenze del gioco d’azzardo non dipendono solo da responsabilità personali. Bastano le troppe storie di vite rovinate per ricordare al Governo e al Parlamento che l’azzardo non può continuare a essere una fonte di prelievo fiscale indiretto.È anche contrario anche ad alcuni princìpi fondamentali della Costituzione, come la tutela della dignità della persona, del risparmio e della salute.La politica è chiamata a curare questa ferita che sanguina, deve favorire la rieducazione al gioco nelle scuole e negli oratori e regolamentare la pubblicità. Ma anche potenziare i controlli e curare la trasparenza dei politici con le potenti lobby dell’azzardo. 

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