Cultura
70 anni di Bob Marley. L’intervista immaginaria
Il 6 febbraio è il compleanno della prima super star internazionale del Terzo Mondo. Le sua canzoni sono tutte parabole, messaggi di fede e ammonimenti che ancora oggi mantengono una forza e un'attualità impressionanti
«Oggi, la gente combatte per trovare la realtà. Tutto è diventato così sintetico che un sacco di gente cerca solamente di aggrapparsi alla speranza». Sembra una frase di qualche sociologo presa dai quotidiani di oggi. invece a parlare era Bob Marley, durante un'intervista prima di un suo concerto europeo. Una delle tante dichiarazioni con cui Marley, da semplice star musicale, è diventato vero e proprio leader di un movimento. Sono passati settanta anni da quel 6 febbraio 1945 quando a Nine Mile, poverissima località giamaicana, nacque Robert Nesta Marley. Partendo dalla Giamaica Bob Marley è diventato un simbolo planetario. Nelle sue canzoni ha parlato di diritti, speranze, politica e minoranze. Si spiega così l’enorme numero di eventi in programma per l’anniversario. Presso il “Bob Marley Museum” a Kingston, ci sarà un concerto con la presenza di tutta la sua famiglia e l'intervento del ministro giamaicano per la gioventù e la cultura, Lisa Hanna. Sul palco, oltre ai figli di Marley, si esibiranno alcuni degli artisti reggae più famosi del presente e del passato, come Tessanne Chin, Judy Mowatt, Marcia Griffiths, I-Octane, Capleton, Cocoa Tea, Freddie McGregor e Tarrus Riley. Marley verrà ricordato anche durante la cerimonia per la consegna dei Grammy Awards, in programma domenica a Los Angeles, con il Grammy Museum che proclamerà il 6 febbraio “giorno di Bob Marley”. A New York, presso lo Spur Tree, un ristorante di stile giamaicano, sono in mostra delle immagini inedite di Marley scattate dal fotoreporter di Time, David Burnett, che conobbe il cantante nel 1976 e lo seguì più di una volta in tour. Sul sito ufficiale poi sono disponibili per l'occasione molti live visionabili liberamente. Per ricordarlo noi di Vita.it abbiamo invece deciso di immaginare un'intervista postuma con quello che a più riprese lo stesso Marley ha dichiarato alla stampa.
Sono passati 34 anni dalla sua morte e il suo messaggio non sembra aver sortito effetti. Alle vecchie guerre se ne sono sostituite di nuove, la povertà e la miseria continuano a flagellare il suo Terzo Mondo e Babylon (l'Occidente) è più forte che mai…
L'occidente non è forte. Né ieri né oggi. È una pianta sterile, che non dà frutti.
Diciamo allora che rimane in una posizione di supremazia rispetto all'oriente e all'Africa…
Questo perché glielo permettiamo. Permettiamo a tutte quelle persone che dicono di voler fare del bene a tutti, che si fanno chiamare Governi e in mille altri modi, di dirci cosa si può fare e cosa no. Gli permettiamo di non farci essere liberi. Hanno paura che ci ribelliamo. Per questo vogliono soggiogarci. Ci fanno dire: «devo lavorare per avere la pensione». Ci fanno lavorare sotto padrone con la scusa che ci daranno qualcosa in cambio, ma non è così, si tengono tutto loro. Io mi chiedo: perché devo piegarmi a queste cose. Perché non devo essere padrone di me stesso. Perché non devo essere libero? Ma l'unico modo è emanciparsi dalla schiavitù mentale. Solo noi possiamo liberare la nostra mente.
Si tratta di difendere dei diritti dunque?
Io difendo i miei diritti. Perché so quali sono i miei diritti. Non importa chi ho difronte. Perché un mio diritto è un mio diritto. La vita, ad esempio. La vita è tutto quello che ho.
A dire il vero aveva anche tanti soldi. Forse qualche frutto da dare la pianta dell'Occidente ce l'ha…
I soldi non sono importanti. Dio è importante. Il cielo, l'aria sono importanti. I soldi non sono nulla, servono solo a rendere l'uomo schiavo. Non faccio quello che faccio per i soldi. Noi facciamo musica per un altro motivo. Per dire la verità. Quello che conta non è la mia vita ma la vita degli altri. La mia vita conta solo se posso aiutare gli altri. Se la mia vita serve solo per me, la mia sicurezza e il mio benessere non la voglio. Questo facciamo con la musica. Cerchiamo di dare un messaggio. Non dimentico chi è abbandonato a sé stesso. Per questo non mi faccio corrompere da nessuno. Io combatto con la musica. Ciò che la vita mi ha insegnato vorrei condividerlo con coloro che vogliono imparare
Un messaggio di libertà?
E di pace. Sappiamo che i problemi non si possono risolvere con la guerra, Si può davvero pensare di risolvere qualcosa uccidendo qualcuno. Che problema risolvo uccidendo una persona? Il pacifismo infatti non è politica, è qualcosa di spirituale.
Rimane il problema della miseria…
Per questo sto cercando di creare qualcosa, una specie di sistema in cui tutti possano aiutarsi economicamente.
Ma lei ha detto che i soldi non sono importanti però. Ha cambiato idea?
Parlavo della ricchezza. Il fatto è che a volte la nostra gente ha problemi economici. E sono la miseria e la povertà, i problemi economici, che generano diffidenza, propaganda, conflitti e morte. Dobbiamo organizzarci.
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