Famiglia

Doha: la salute è diritto universale per 85 paesi

A Doha 85 paesi guidati da Brasile e India costringono le multinazionali a trattare. Pronto un accordo sui farmaci

di Redazione

Si profila, a Doha, la possibilità di un accordo sui brevetti farmacologici. Un comitato ristretto, formato dai rappresentati di Kenia, India, Nigeria, Perù, Nuova Zelandia, Stati uniti e Unione europea stando lavorando per mettere a punto un testo finale che raccolga la legittima richiesta dei paesi poveri, di difendere a tutti i costi la salute dei propri cittadini, di fronte al protezionismo esercitato dalle multinazionali del farmaco. Ben 85 paesi sui 142 che aderiscono al Wto – presenti in questo nuovo round in Qatar – hanno appoggiato la posizione dei governi sudafricano, brasiliano e indiano, che sostengono “il pieno diritto di tutte le nazioni ad accedere, comprare o produrre ogni tipo di medicamento quando è in ballo la difesa della salute pubblica”. Questa ipotesi, viceversa, è duramente osteggiata da Svizzera, Stati uniti e Giappone (in seconda battuta anche dal Canada e dall’ Australia), che non vogliono assolutamente che si metta in discussione la titolarità delle case farmaceutiche sui brevetti per la durata di venti anni. Un diritto di proprietà sulla molecola che permette alle Big Pharm di vendere i medicinali secondo regole di mercato da loro fissate.. A prezzi differenziati e quasi mai bassi (anche nei paesi più poveri), pur trattandosi dello stesso farmaco generico.   Alcuni mesi fa, dopo l’esplosione dell’emergenza Aids in Africa, due industrie indiane (la Cipla Ltd e la Hetero Drugs Limited) sfidarono lo strapotere delle multinazionali e riuscirano a dimostrare che si poteva produrre, ad esempio, la lamivudine (farmaco anti aids) a costo molto ridotto. La produzione di questo generico, infatti, costa solo 200 dollari annui contro i tremila richiesti dal prodotto commerciale targato Glaxo. Il governo sudafricano ha dovuto affrontare tre anni di dispute in tribunale – contro 39 laboratori di sperimentazione farmaceutica – per ottenere il diritto a produrre il generico. Altro esempio è il Brasile, che è riuscito a risparmiare milioni di dollari nel programma di lotta contro la diffusione dell’Hiv nel paese. Con il nuovo accordo, nel testo che si sta preparando, i paesi ricchi sembrano voler imporre la possibilità di importare o produrre le medicine solo in gravi situazioni di emergenza: quali, ad esempio, l’Aids, la malaria e la tubercolosi. Con la garanzia che, però, questi farmaci non vengano immessi sul mercato legale o illegale.   La proposta di mediazione è stata fatta dal responsabile della Ue, ma resta in piedi una forte riserva da parte della delegazione brasiliana, che insiste affinchè, nel documento, venga chiaramente scritto che “niente all’interno dell’accordo sulle proprietà intellettuali (Trips) deve impedire ai membri effettivi del Wto di prendere misure per proteggere la salute pubblica”. Viceversa: Stati uniti, Svizzera, Canada (che rappresentano le lobby farmaceutiche) ripetono che una certa flessibilità di strumenti è già contenuto nell’attuale normativa sui Trips.   La riunione di Doha si doveva chiudere oggi, ma molto probabilmente andrà ancora avanti per alcuni giorni, in modo di dare la possibilità di chiudere un mega-negoziato che deve affrontare molti altri contrasti in materia di agricoltura, tessile, sussidi e servizi. Il rischio del fallimento, dopo il flop di Seattle, è ancora elevato. Del resto, i paesi ricchi intendono stringere su materie che rappresentano il futuro dello sviluppo dei paesi poveri. Aver risolto il capitolo dei brevetti farmacologici non mette al riparo dalle pretese che i governi del “Nord” hanno di accedere ai programmi di assistenza pubblica dei paesi arretrati.   L’obiettivo è quello di arrivare al controllo dei servizi e delle strutture sanitarie pubbliche, per poterle un domani privatizzare. La linea, in materia di sanità, è omologante; ciò che è avvenuto in questi anni negli Stati uniti viene ritenuto un modello da applicare anche in altre parti del mondo. Senza contare che in questo settore si gioca anche la grande partita della ridistribuzione dei fondi accumulati dagli enti assistenziali e dalle assicurazioni.


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