Mondo

«Greta e Vanessa? Occorre più preparazione»

Ennio Miccoli, direttore di Coopi: «Mi pare che le due ragazze sono partite prese un po’ dall’entusiasmo. Forse sono state troppo avventate nelle loro scelte basate solo su giudizi e idee personali raccolte in un breve viaggio precedente»

di Anna Spena

«Non ci si improvvisa volontari dall’oggi al domani», dice Ennio Miccoli, direttore del Coopi, «è comprensibile, ed anche ammirevole la volontà di lavorare in contesti difficili, ma l’esperienza e le norme di sicurezza sono la prima cosa. Il rischio non si azzera mai del tutto, ma si può abbassare al minimo. La cooperazione è una cosa seria». Sollevati dalla notizia della liberazione delle due volontarie Greta e Vanessa, rapite il 31 luglio scorso ad Aleppo, è il caso di fare una valutazione più seria sulle dinamiche di tutta la faccenda che le ha coinvolte. Da ieri si è diffusa in rete la notizia che il rilascio è avvenuto dopo il pagamento di un riscatto. L’intelligence italiano ha subito smentito. Per comprendere meglio come opera la cooperazione internazionale in situazioni di emergenza parliamo con Ennio Miccoli direttore del Coopi.

Qual è l’iter da seguire per diventare un cooperante Coopi?
Sul sito c’è l’elenco da consultare con le posizioni aperte. Si invia una richiesta e poi partono le selezioni. Ad un primo colloquio ne seguono altri, soprattutto se si va ad operare in emergenza, le misure di sicurezza salgono ancora di più. I candidati selezionati prima di partire fanno dei corsi di formazione. Molte volte, anche arrivati sul posto, prima di iniziare a lavorare seguono altri corsi.

La pratica più importante da assolvere prima di partire?
Sicuramente l’iscrizione al sito della Farnesina gestito dall’unità di crisi. È importate essere sempre rintracciabili.

Cosa che invece non è accaduta per le due volontarie, è passata una settimana prima che fosse denunciata la loro scomparsa…
Non conosco bene le dinamiche che le hanno portate in Siria. C’è stata troppa confusione e superficialità sulla faccenda. Da quello che ho letto la loro organizzazione Horryaty è composta solo da tre persone. Loro due più un giornalista. Le ragazze sono partite prese un po’ dall’entusiasmo. Forse sono state troppo avventate nelle loro scelte basate solo su giudizi e idee personali raccolte in un breve viaggio precedente.

E per quanto riguarda le voci sul riscatto…
Io non ho nessun elemento per affermare che lo Stato italiano abbia pagato o meno un riscatto, però so che nel caso specifico del rapimento nessuna copertura assicurativa copre questa eventualità. Le assicurazioni, anche quelle inglesi che di solito sono le più “audaci” coprono l’infortunio, la morte e in casi rari l’evacuazione delle città.

Senza esperienza e copertura non si dovrebbe partire, ma tante Ong non si assumono il rischio di mandare i loro volontari in contesti troppi difficili… così non si crea un circolo vizioso? Se nessuno è disposto a mandare volontari in certi contesti finirà che vi occuperete solo delle aree meno problematiche?
Questa è una valutazione soggettiva, ogni organizzazione sceglie quali rischi correre. Però, è importate ricordare che per queste cose ci vuole veramente tanta esperienza. 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA