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Mauro Biani: «La satira? Una trincea di umanità»

Parla il vignettista che per anni ha collaborato con Vita e che oggi è firma di primo piano del Manifesto. E spiega perché quella volta si dissociò dalla pubblicazione delle vignette su Maometto

di Giuseppe Frangi

Mauro Biani è un volto amico per Vita: per anni ha tenuto sulle pagine del settimanale uno spazio per dare la sua lettura “satirica” di un un fatto d’attualità. Ora è vignettista fisso e di grande successo su Il Manifesto. «Per me è stato un vero terremoto emotivo quello che è accaduto a Parigi. Una cosa che all’inizio mi ha quasi paralizzato, come quando ci si trova davanti al palesarsi di un male assoluto».

Conoscevi i colleghi di Charlie Hebdo?
Di fama. Ho conosciuto solo Wolinski. Non ho mai avuto occasione di collaborare con il giornale.

Forse perché lo stile della loro satira è diverso dalla tua?
Non è questo il motivo, anche se il mio stile è differente. Non è la mia cifra. Del resto ci sono tanti modi di fare satira.

Quando uscirono le vignette su Maometto sul giornale danese tu ti dissociasti…
Sì, io come pure Vauro. Collaboravo ancora con Vita e feci un disegno per esprimere il mio disagio di fronte a quella scelta. Ragionandoci oggi, penso che la cosa che mi dà fastidio è la satira che travalica in parodia. Ma questo ovviamente non c’entra niente con quel che è accaduto a Parigi.

Se non è parodia la satira cos’è?
Per me è un trincea di umanità. La mia ricerca è “conquistare” chi mi vede e legge. Non mi interessa lo scontro, ma mostrare il mio punto di vista su quella che penso essere l’opzione più umana di fronte ad un fatto di cronaca.  Poi non nego certo che la satira debba anche essere a volte violenta. È nella logica intrinseca di questo linguaggio espressivo.

E il rapporto tra satira e libertà?
Ripetendomi, direi che la satira è una trincea di libertà. In questo senso è anche libertà di dire quello che si pensa, anche davanti a fatti drammatici come quello accaduto a Parigi. Credo che colleghi di Charlie Hebdo sarebbero del tutto d’accordo.

C’è anche una differenza di tradizione tra lo sitile della satira francese e quella italiana?
Certamente. Dobbiamo riconoscere che il fatto che a Parigi esistono giornali in vita addirittura da più di 50 anni, com’è il caso del Canard Enchainé, è un fatto di libertà. In Italia da quel punto di vista abbiamo meno spazi di libertà, perché non esistono strumenti simili. Poi in Francia conta molto una cultura laica e libertaria che è terreno che ha alimentato queste esperienze editoriali.

E la tua vignetta su Cahrlie, ce la racconti?
Semplice. Ho immaginato  di simboleggiare i vignettisti uccisi nella figura di un bambino che disegna. Mi premeva rendere esplicito l’unico schieramento che mi interessa e per il quale metto in gioco la mia capacità professionale: quello dell’umanità contro la disumanità. E a Parigi era chiaro dove stesse l’una e dove l’altra.


"Matite, satira e libertà" di Mauro Biani

 

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