Famiglia

Nigeria: fa discutere l’applicazione della Sharia

Il caso di una donna condannata a morte per adulterio porta alla luce posizioni diverse all'interno del mondo islamico

di Emanuela Citterio

In Nigeria si applica la Sharia, la legge islamica. Eppure il caso di una donna condannata a morte per adulterio sta creando un’opposizione dentro e fuori il Paese da parte di chi studia più da vicino il Corano.
Safiya Hussaina Tungar-Tudu, 30 anni, è stata condannata a morte per lapidazione dopo aver confessato di essere incinta a causa di una relazione al di fuori del matrimonio.
Sta facendo discutere, tuttavia, un documento presentato nei giorni scorsi, in cui un professore di legge, Mohammed Lawan, sostiene che in un caso come questo nel Corano “non c’è niente che giustifichi una sentenza di morte”.
Il documento si intitola “Diritti delle donne sotto la Sharia nel nord della Nigeria: il caso di Safiya”. La conferenza in cui è stato discusso è stata organizzata da una coalizione di organizzazioni non governative che hanno lanciato una campagna per salvare Safiya.
Il professor Lawan sostiene che una condanna di questo tipo, senza prove e senza testimoni, è un’applicazione scorretta della legge, causata dalla mancanza di aderenza alla fonte originaria della Sharia, il Corano.
“La sentenza di morte per Safiya è una violazione dei suoi diritti alla vita e alla sicurezza personale” ha detto il docente musulmano. “Secondo la Sharia ogni persona indipendentemente da sesso, razza e religione ha il diritto di vivere e di essere rispettata nella propria dignità di essere umano”.

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