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Apple: nuove accuse di sfruttamento dei lavoratori

Questa volta è un’inchiesta sotto copertura della BBC a denunciare le condizioni a cui sono costretti gli operai di una fabbrica cinese, in cui viene prodotto l’ iPhone 6. L’azienda però nega tutto, affermando di essere tra le più attente ai diritti dei lavoratori

di Ottavia Spaggiari

La Apple ci ricasca. O meglio, sembra non aver mai smesso di ricascarci. Nulla pare cambiato dall’inchiesta pubblicata sul Shanghai Evening Post, due anni fa, alla vigilia del lancio dell’iPhone 5, quando Wang Yu, un giornalista cinese, si era fatto assumere come operaio da una fabbrica della Foxconn, azienda manifatturiera da dove escono diversi prodotti di multinazionali tecnologiche (tra cui Blackberry, Xbox, Kindle e Playstation), per capire come effettivamente veniva prodotto l’ultimo gioiellino del gigante di Cupertino. Nel 2010, infatti la Foxconn aveva attirato l’attenzione dei media per l’alto tasso di suicidi tra i lavoratori delle fabbriche.

Nonostante le dichiarazioni di impegno per tutelare i lavoratori, due anni dopo, le accuse di sfruttamento si rinnovano. Questa volta è il programma d’inchiesta della BBC, Panorama, ad aver inviato, sotto copertura, due giornalisti nell’impianto manifatturiero del gruppo Pegatron, nelle periferie di Shangai, dove vi è una produzione di iPhone 6.

E se il reportage di Yu denunciava le condizioni salariali inadeguate e le interminabili ore alla catena di montaggio, sembra che l’inchiesta della BBC non mostri una situazione molto diversa.

Turni che arrivano fino alle 16 ore e filmati che mostrano operai esausti, accasciarsi a terra dal sonno. Uno spettacolo che mette in forte dubbio il fatto che le promesse fatte dopo l’inchiesta del 2012, relative ai diritti dei lavoratori, siano state effettivamente mantenute.

A detta della BBC, Apple ha rifiutato qualsiasi intervista, salvo poi replicare, dopo la trasmissione della video inchiesta di giovedì, con un comunicato: “Nessun altra azienda sta facendo tanto quanto Apple per assicurare un ambiente di lavoro sicuro e giusto…lavoriamo con i nostri fornitori qualora ci siano dei deficit e continuiamo a vedere dei progressi significativi ma sappiamo che il nostro lavoro non è mai finito.”

Pegatron ha risposto, annunciando di aumentare i controlli sulle condizioni dei lavoratori, per verificare la veridicità dell’inchiesta della BBC.

Il giornale britannico Daily Telegraph ha riportato che il vice-presidente delle operazioni, Jeff Williams, ha inviato un’e-mail ai 5 mila dipendenti dell’azienda, nel Regno Unito, dichiarando l’estraneità del gruppo ai fatti e di essere “profondamente offeso” dall’inchiesta che, tra l’altro, non si è fermata solo alla fabbrica di Shangai.

I giornalisti della BBC infatti hanno proseguito il viaggio nella filiera produttiva, arrivando all’isola di Bangka in Indonesia, dove è stato dimostrato che tra i materiali utilizzati per la produzione, potrebbe rientrare anche lo stagno ricavato dalle miniere irregolari, denunciando le condizioni di estremo rischio in cui molti minatori sono costretti a lavorare e il fatto che molti di questi siano minorenni.

Apple ha risposto dichiarando la complessità della situazione a Bangka, dove il controllo rimane estremamente complicato. Secondo Apple infatti, sono decine di migliaia i minatori impegnati nella vendita dello stagno, attraverso intermediari e risulta difficile capire quali sono i materiali provenienti dalle miniere legali, e quelli che invece provengono da miniere irregolari.

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