Formazione

Ebola: a rischio l’educazione di 5 milioni di bambini

Sono 5 milioni i bambini e gli adolescenti dai 3 ai 17 anni rimasti a casa dopo la chiusura preventiva delle scuole pubbliche in Liberia, Guinea e Sierra Leone. I governi con il supporto di Unicef e delle ONG locali stanno sviluppando programmi radio per offrire una continuità didattica

di Ottavia Spaggiari

Sono 5 milioni i minori dai 3 ai 17 anni costretti a rinunciare ad andare a scuola per il rischio Ebola, secondo Unicef. Le scuole pubbliche in Guinea infatti sono chiuse dallo scorso marzo, mentre in Sierra Leone e in Liberia non hanno più aperto dopo l’estate. Ad aumentare la paura e rendere più concreto il rischio di contagio, la mancanza di acqua in molti istituti, che renderebbe impossibile lavarsi le mani e mantenere degli standard igienici adeguati.

Secondo Unicef, benché la chiusura delle scuole pubbliche sia un atto preventivo necessario, potrebbe avere un effetto devastante su un’intera generazione di ragazzi, poiché più gli studenti rimangono a casa da scuola, più è difficile che possano poi ritornarvi in futuro. Per questo l’organizzazione sta lavorando insieme ai governi locali per sviluppare un protocollo da adottare nelle comunità per prevenire il rischio di contagio e gestire la situazione degli studenti lasciati a casa.  Tra i programmi promossi da Unicef, anche una programmazione radio studiata ad hoc per permettere ai ragazzi di continuare a seguire le lezioni anche non andando a scuola. In Sierra Leone ad esempio, un network di 41 stazioni, coordinate dall’Associazione Nazionale dei Giornalisti, sta sviluppando un programma didattico che include diverse materie, dall’inglese, alla matematica, fino ad arrivare a focus specifici sulla prevenzione della malattia. Le lezioni, che verranno tenute da insegnanti professionisti, avranno l’obiettivo di raggiungere gli 1,7 milioni di minori in età scolare che la chiusura delle scuole pubbliche ha lasciato a casa.

I programmi didattici cercheranno di seguire un orario preciso, così da offrire una continuità agli ascoltatori e aiutarli a ristabilire una normalità quotidiana cadenzata anche da questi impegni. La stabilità, data anche da una routine infatti, è ciò che è venuta a mancare a moltissimi bambini e adolescenti nelle zone colpite dalla malattia. Prima dell’emergenza Ebola, in Guinea e in Liberia si stava registrando un difficile ma incoraggiante aumento della frequenza scolastica (la Guinea era al 58% secondo Unicef, mentre la Liberia al 34%), si teme quindi che la chiusura delle scuole rappresenti una battuta d’arresto per i progressi conquistati faticosamente.

Coinvolti nelle operazioni di prevenzione e gestione dell’emergenza anche gli insegnanti rimasti temporaneamente senza lavoro, utilizzati da Unicef e dalle organizzazioni locali come antenne per informare le comunità sulle pratiche igieniche da adottare in linea preventiva, su come identificare i primi sintomi e su cosa fare nel caso un famigliare dovesse contrarre la malattia.

Dallo scorso marzo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si sono contati oltre 13 mila casi di malattia nell’Africa occidentale e circa 5 mila persone sono morte.

Un quarto dei casi di malattia si presenta tra i minori in Guinea, Liberia e Sierra Leone e circa 3.700 bambini hanno perso uno o entrambi i genitori a causa del virus. Le organizzazioni locali si stanno organizzando per riuscire ad offrire assistenza agli orfani dell’Ebola che, oltre al trauma per la perdita dei genitori, sono spesso vittime di discriminazione da parte delle famiglie stesse che temono il contagio. 

Nei prossimi sei mesi Unicef formerà circa 2.500 volontari, sopravvissuti alla malattia (e quindi immuni), per assistere i bambini nei centri di cura.


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