Non profit

Chiude Invisible Children, l’ONG dietro a Kony 2012

Invisible Children, l’ONG alle spalle della discussa campagna Kony 2012, passata alla storia del web per aver prodotto il video virale più visto su youtube, chiude i battenti, spingendo il non-profit a riflettere sui costi e i benefici del fundraising virale

di Ottavia Spaggiari

Era il marzo del 2012, quando Invisible Children, l’ONG americana focalizzata sull’informazione, la sensibilizzazione e il contrasto alla questione dei bambini soldato in Uganda, pubblicaonline Kony 2012, un serratissimo video di 30 minuti, per mobilitare i civili e chiedere un impegno concreto da parte del governo americano per fermare “ad ogni costo”, Joseph Kony, il militare ribelle ugandese a capo del Lord’s Resistance Army (LRA), un gruppo di guerriglia armata  che per oltre vent’anni ha commesso violenze gravissime contro la popolazione civile, allo scopo di stabilire un regime teocratico nel paese.

In meno sei giorni, Kony 2012 entra nella storia del web, diventando il video più virale di sempre, con le sue 100 milioni di visualizzazioni. Proprio come voleva Invisible Children, Joseph Kony, diventa, almeno per qualche giorno, effettivamente l’uomo più ricercato al mondo, secondo il sondaggio Pew dello stesso anno, il 58% degli adulti negli Stati Uniti era consapevole di chi fosse Kony.

Oggi, due anni e mezzo dopo il ciclone Kony 2012, l’ONG dichiara la chiusura, spiegando che impiegherà i primi mesi del 2015 a trasferire i programmi attivati in Africa a delle organizzazioni locali.

Le critiche a Kony 2012

Invisible Children non è riuscita a sopravvivere all’ondata d’urto del successo virale. Oltre all’attenzione verso il capo del Lord’s Resistance Army, nella primavera del 2012 i riflettori si sono stretti anche sull’operato della stessa organizzazione che, in pochissimi giorni, ha raccolto 20 milioni di dollari.

Si è criticato l’approccio eccessivamente semplicistico alla situazione ugandese che rischiava di ignorare completamente la complessità del quadro politico nel quale la campagna avrebbe agito. Amnesty International ha espresso preoccupazioni riguardo alle operazioni militari attivate per catturare Kony, Foreign Affairs ha sottolineato come Kony non rappresenti l’unico pericoloso leader della zona e secondo Angelo Izama, un importante giornalista ugandese, la priorità non era nemmano la cattura del leader  dell’LRA, che non si trovava nemmeno più in Uganda, ma la necessità di sviluppare progetti di assistenza per gli ex bambini invisibili, quelli che negli anni più terribili della guerra civile, soprattutto dal 1999 al 2004, durante la notte cercavano rifugio nelle strade di Gulu, per sfuggire al Lord’s Resistance Army, e che adesso vivono in condizioni di povertà estreme. E mentre il magazine The Atlantic ha descritto la campagna come chiaro frutto del complesso dell’uomo bianco, si è iniziato a guardare con attenzione anche i bilanci dell’organizzazione, numeri che hanno sollevato diversi dubbi riguardo all’efficacia dell’utilizzo dei fondi: nel 2011 Invisible Children aveva speso il 25% delle entrate (8.8 milioni di dollari) in spese di viaggio e produzione video, mentre solo il 30% veniva impiegato in programmi in Africa.

Una pressione mediatica a cui i fondatori dell’ONG hanno faticato a resistere: poche settimane dopo il lancio di Kony 2012 Jason Russel, filmmaker, volto della campagna e della stessa ONG che aveva fondato nel 2003, dopo aver girato un documentario sulla situazione dei bambini soldato in Uganda, ha avuto un esaurimento nervoso (ripreso dalle videocamere di un benzinaio a San Diego e diventato anch’esso virale).

“Il fatto che uno dei fondatori abbia avuto un crollo psicologico, in un modo così pubblico, ha confuso le persone. Ci sono state diverse critiche infondate sull’utilizzo dei fondi e l’esaurimento di Jason è stato in un certo modo strumentalizzato per squalificare il nostro operato”. Ha affermato Ben Keesey, CEO dell’organizzazione, in un’intervista a Good magazine. “Ci è voluto molto tempo per spiegare che si trattava di un esaurimento e non aveva nulla a che vedere con  la droga o l’alcol.” 

I motivi della chiusura

Secondo Keesey però, i motivi della chiusura di Invisible Children sono relativi ad un quadro più complesso. Nel 2013, le entrate del gruppo sono crollate a 5,5 milioni di dollari: “Non riusciamo più a finanziare l’organizzazione come avevamo fatto fino a poco tempo fa. Una delle cose che abbiamo imparato è che per un’organizzazione come la nostra,  focalizzata su un unico obiettivo (il contrasto al LRA e il sostegno delle comunità locali), è difficile reinventare la propria storia. Ogni anno dovevamo trovare nuovi modi per coinvolgere i cittadini e i policy-maker.”

Contestualmente, i bisogni sono cambiati, così come l’urgenza della causa che ha visto impegnata l’organizzazione in questi anni. Dal lancio di Invisible Children, nel 2004 il numero dei combattenti del LRA è sceso da 2 mila componenti di allora ai 150 di oggi e l’impatto dell’esercito di Kony è molto ridotto rispetta a 10 anni fa. 

“Tra i motivi che ci portano a chiudere vi è anche un aspetto connaturato alla nostra viralità. Quando una causa specifica gode di un momento così forte sotto i riflettori, è difficile che possa replicare gli stessi risultati in futuro.” Afferma Keesey. “Si può presumere che l’Ice Bucket Challenge, l’anno prossimo non raccoglierà gli stessi fondidi quest'anno.”

La chiusura

E Invisible Children ha decisamente ridotto le proprie ambizioni, anche in termini di raccolta fondi. L’obiettivo oggi è raccogliere 300 mila dollari per finanziare nel 2015 una strategia di advocacy mirata da sviluppare a Washington e in Africa, oltre ad un network di volontari che continuino a mantenere viva l’attenzione sul LRA. Le enormi campagne media di una volta, sembrano un ricordo lontano.

“Spero davvero che Invisible Children sia riuscita a fare capire che ci sono centinaia di milioni di persone su questo pianeta, che vogliono disperatamente fare la differenza.” Ha dichiarato Keesey. “E quando offri un’opportunità, sia attraverso i social media che attraverso l’interazione reale, le persone si presentano”. 


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