Mondo

Perché i contadini salvano il mondo

Intervista al responsabile della Fao per le biodiversità, José Esquinas-Alcazar

di Francesco Agresti

Sul bavero della giacca mostra con orgoglio una spilla con l?immagine del cavaliere errante e del suo fedele compagno: «Nella mia regione, La Mancha, ogni anno viene assegnato questo riconoscimento per onorare la memoria del personaggio di Cervantes: nel ?97 è toccato a me». José Esquinas-Alcazar conserva la cattedra di Genetica all?università di Madrid, anche se ormai da molti anni lavora alla Fao. «Quando decisi di prendermi un?aspettativa di sei mesi per venire a lavorare a Roma, non pensavo di rimanerci vent?anni». Oggi ricopre il ruolo di segretario della Commissione sulle risorse genetiche dell?agenzia delle Nazioni unite per l?alimentazione e l?agricoltura, un foro intergovernativo costituito nel 1983 che oggi conta l?adesione di 161 Paesi e che definisce le politiche e le priorità nell?area delle risorse genetiche delle biologie associate. Questa settimana potrebbe segnare una svolta decisiva per la tutela della biodiversità e per il riconoscimento dei diritti degli agricoltori, custodi, negli ultimi dieci secoli, di questa insostituibile risorsa. Nel corso della trentunesima Conferenza della Fao, che si tiene a Roma tra il 2 e il 9 novembre, dovrebbe essere approvato un accordo che, per la prima volta, vincolerà giuridicamente gli Stati che lo ratificheranno, a promuovere l?adozione di norme a favore della conservazione e dello sviluppo della diversità biologica. Che cos?è la diversità biologica? è il patrimonio genetico resosi disponibile grazie a secolari processi di selezione naturale. Il merito di questo accordo è di essere riuscito a mediare tra gli interessi tra le parti che apportano la biodiversità agricola e quelle che invece sostengono la biotecnologia con la garanzia di poter riconoscere anche agli agricoltori, e non solo alle società che operano nel settore delle biotecnologie, il diritto a partecipare alla divisione dei benefici che derivano dall?utilizzo commerciale delle risorse agricole. Vita: Professor Esquinas-Alcazar come si è arrivati alla definizione di questa intesa? Esquinas-Alcazar: L?accordo quadro trae origine da un?intesa precedente non vincolante che fu negoziata a partire dalla fine degli anni 70 e approvata dalla Conferenza della Fao nel 1983. Questo impegno internazionale fu approvato dalla conferenza della Fao con l?eccezione di otto Paesi e fissava una serie di principi tra cui quello che definiva come patrimonio dell?umanità tutte le risorse genetiche, includendo in questa categoria non solo la diversità biologica degli agricoltori, ma anche le nuove varietà commerciali, sancendo di fatto la non sfruttabilità commerciale di queste ultime. Questi principi sono diventati obsoleti quando nel marzo del ?92 le Nazioni unite hanno approvato a Nairobi la Convenzione sulla diversità biologica, documento vincolante, ma non specificatamente rivolto al settore agricolo, in cui si afferma invece che le risorse genetiche sono di dominio della sovranità nazionale e non più dell?umanità. Alle luce di questa posizione, i Paesi membri della Fao decisero di rinegoziare l?accordo dell?83 per recepire questa nuova concezione. I negoziati iniziarono alla fine del ?93 e si concluderanno, spero, con l?approvazione definitiva durante i lavori di questa trentunesima sessione della Conferenza della Fao. Vita: Cosa prevede questo nuovo accordo? Esquinas-Alcazar: Una prima sostanziale novità è che sarà giuridicamente vincolante. Gli Stati dovranno introdurlo nelle legislazioni nazionali, le norme diverranno per loro effettivamente vincolanti quando almeno 40 Paesi le avranno ratificate. Gli obiettivi sono la conservazione delle risorse genetiche anche per le generazioni successive; l?uso sostenibile di queste risorse e la distribuzione equa dei benefici che derivano dallo sfruttamento. Vita: Cosa si intende per diversità biologica e perché è fondamentale la sua conservazione? Esquinas-Alcazar: Per diversità biologica si intende la diversità delle piante, dei geni, delle coltivazioni che sono utilizzati dall?uomo in agricoltura e per l?alimentazione. Ricerche della Fao dimostrano che esistono circa 250mila specie di piante e di queste ben 30mila sono commestibili. Dalla sua apparizione sulla terra l?uomo ne ha utilizzate circa 7mila. Attualmente il 90 per cento del cibo di origine vegetale è dato da sole 120 specie. Solo nel ventesimo secolo è andato perduto il 90 per cento delle diversità genetiche e delle coltivazioni più importanti. E l?uniformità è sinonimo di vulnerabilità. Alcune di queste varietà ormai estinte sono conservate nelle banche del germoplasma. In Italia ce ne è una al Cnr di Bari. Vita: Come si è arrivati ad avere 250mila specie di piante? Esquinas-Alcazar: Il processo di diversificazione è inizio più o meno 10mila anni fa, data a cui ragionevolmente può esser fatta risalire l?inizio dell?agricoltura. I semi mangiati venivano del tutto casualmente sparsi durante le defecazioni. Quando, con la nascita delle piante in prossimità delle dimore, ci si accorse che era possibile addomesticarle, venne meno anche il bisogno di condurre una vita nomade. Durante le migrazioni i semi seguivano gli agricoltori in luoghi dalle condizioni climatiche diverse dai territori di origine ed ebbe così inizio il processo di adattamento dei semi alle nuove condizioni ambientali, nacquero specie diverse che venivano selezionate anche in base al gusto della famiglia: in questo modo si veniva a creare una gran varietà di specie. L?evoluzione proseguì fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo, data di inizio della ricerca genetica. La selezione divenne più rigorosa e si passò da un?agricoltura di sussistenza, per cui è fondamentale che la produzione sia stabile, a un?agricoltura intensiva che punta a una maggiore produttività. Affinché ci sia stabilità è necessario che vi sia una grande diversità nei campi degli agricoltori così che quando una pianta non va bene ce ne saranno altre in grado di produrre; se invece l?obiettivo è quello di ottenere una alta produttività, allora il problema è quello di trovare una varietà che sia resistente a certe condizioni e con un?alta resa. Questo processo è stato accelerato negli anni 50-70 con la rivoluzione verde e, negli ultimi anni, con le biotecnologie. Vita: Oltre alla stabilità dei livelli di raccolto, perché è fondamentale la conservazione della biodiversità? Esquinas-Alcazar: Le rispondo citando dei casi concreti. Nella prima metà del diciannovesimo secolo, una parte dell?Europa fu colpita da una tremenda carestia. La patata, che rappresentava l?alimento principale per i paesi umidi dove non è possibile ottenere dei buoni raccolti di cereali, fu colpita da una malattia, la Phytoftora infestans. Nel giro di 3 anni, questa malattia distrusse tutte le piante di patate europee. Solo in Irlanda la carestia provocò la morte di oltre 2 milioni di persone e altrettante furono costrette a emigrare, soprattutto nl Nord America. Vennero fatte diverse ricerche per trovare delle sostanze chimiche capaci di sconfiggere questa malattia, ma nessuna ebbe successo. Finché qualcuno non pensò di cercare nei territori di origine del tubero. Alcuni ricercatori andarono in America latina e lì riuscirono a trovare una qualità di patata immune alla Phytoftora. Il problema venne risolto grazie a un tipo di patata che probabilmente 3 o 4 secoli prima era già stata colpita dalla malattia e quindi solo grazie al tenace lavoro di selezione di generazioni di contadini fu possibile svilupparne un tipo resistente. Nel 1970, nel Sud degli Stati uniti l?Helmintosporius maydes distrusse gran parte dei raccolti di mais ibridi e anche in questo caso gli sforzi per trovare una soluzione chimica risultarono vani. Il problema venne risolto andando alla ricerca di un tipo di mais, selezionato naturalmente negli anni, immune a questa malattia. Questo tipo di mais fu trovato in Africa, a migliaia di chilometri dalla sua terra di origine. Vita: In nessuno dei casi da lei citati il problema è stato rinvenuto nelle zone d?origine della pianta. è un caso? Esquinas-Alcazar: No. Questo dimostra come ci sia una forte interdipendenza tra gli Stati. Negli anni 20, il genetista russo Valivov identificò le aree del mondo che hanno il più ricco patrimonio genetico vegetale: con l?eccezione di un piccola zona del Mediterraneo, tutte le altre fanno parte di Paesi in via di sviluppo e non ce n?è nessuna dei Paesi industrializzati. Non c?è nessun Paese che non dipenda almeno per il 60/70 per cento dalle risorse genetiche prodotte da un altro Stato. I Paesi più sviluppati dipendono da quelli più poveri: è per questo che è nata la cooperazione internazionale, non è stata una scelta ma una necessità. Non si tratta della carità dei più ricchi, ma di uno scambio di risorse. Oltre all?interdipendenza tra Stati, vi è anche quella tra generazioni. Il problema delle patate è stato risolto grazie al lavoro svolto dai contadini nei secoli precedenti. Le generazioni future avranno bisogno della biodiversità che noi dovremo proteggere e sviluppare altrimenti non saranno in grado di far fronte all?imprevedibile. Vita: La biotecnologia non potrebbe accelerare l?evoluzione della biodiversità? Esquinas-Alcazar: Anche la più sofisticata biotecnologia non sarà mai in grado di creare un gene, può solo combinarli. La creazione di una nuova varietà biologica è paragonabile al gioco del Lego. Con i mattoncini possiamo costruire ciò che vogliamo: scuole, case, grattacieli ma non possiamo creare nuovi mattoncini. La biotecnologia è sempre uno strumento mai un fine, può consentire di migliorare la biodiversità, può potenziarne l?uso ma non può crearla. Lo stesso vale per la sua conservazione e il suo sviluppo. Se, infatti, congelo un seme, congelo anche la sua evoluzione, la sua capacità di adattamento alle mutevoli condizioni ambientali. Non è sufficiente mantenere un seme in una banca, è necessario mantenerlo vivo. La biotecnologia richiede inoltre elevati investimenti che le imprese affrontano solo se lo ritengono economicamente conveniente. Nella zona andina, la oca è una pianta che rappresenta la base dell?alimentazione per 9 milioni di persone, ma è un prodotto per cui non c?è mercato essendo utilizzato prevalentemente come merce di scambio. Qualche anno fa, fu colpita da una virosi difficile da eliminare. Il problema è stato risolto grazie al lavoro di un ricercatore che ha ottenuto una borsa di studio di 10mila dollari messa a disposizione attraverso l?università San Marcos di Lima: probabilmente nessuna impresa privata avrebbe investito una seppur così esigua somma perché non ci sarebbe stato nessun ritorno economico. Con 10mila dollari, è stato possibile incrementare la produttività di uno dei principali alimenti di 9 milioni di persone. A chi sostiene che soltanto grazie alle biotecnologie potrebbe essere risolto il problema della fame nel mondo, è sufficiente ricordare che se ci sono ancora oltre 800 milioni di persone che rischiano di morire ogni giorno, la causa non è nella scarsa produzione, ma nella iniqua distribuzione di ciò che si produce. Vita: Lei ha un altissimo concetto del lavoro dei contadini. Non è un po? romantico? Esquinas-Alcazar: Ascolti questo episodio: nei primi anni 70 ho condotto delle ricerche in una delle zone più umili della Spagna, nella provincia di Salamanca, sui diversi tipi di meloni. Avevo raccolto circa 400 tipi diversi di semi. Un giorno, mentre aspettavo il pullman per tornare a Madrid, incontrai un anziano contadino che mi chiese cosa stessi facendo. Glielo spiegai e lui non ebbe difficoltà a capire di cosa stessi parlando: quelli che cercavo di risolvere erano anche i suoi problemi; probabilmente tanti ricercatori non avrebbero avuto la stessa velocità nel comprendere ciò che stavo spiegando. Il contadino mi disse che aveva il seme di una qualità di melone molto resistente, che riusciva a sopravvivere quando tutte le altre piante di melone morivano. Mi disse che se volevo prenderne qualcuno non dovevo che seguirlo, «la mia casa è qui vicino». Dopo quattro ore in sella a un asino, arrivammo a casa sua e mi consegnò dei semi della varietà che custodiva da anni e che gli era stato tramandato. Quando lo abbiamo testato abbiamo scoperto che era resistente a un tipo di fusarium, una malattia molto comune nei meloni. I geni vennero introdotti nelle varietà commerciali: in Canada e negli Stati uniti ho visto migliaia di ettari coltivati grazie a questo seme. Ci sono produttori che si sono arricchiti grazie al lavoro di generazioni di contadini e sono certo che quello che ho incontrato e che mi ha donato il seme è morto senza aver goduto di alcun beneficio di questo lavoro. Il lavoro dei contadini è fondamentale e insostituibile. Vita: Quale ruolo hanno avuto le ong nella definizione dell?accordo? Esquinas-Alcazar: Il supporto delle organizzazioni non governative è stato determinante perché hanno svolto un ruolo di stimolo e di ispirazione. Sono dotate di una mentalità più viva e meno ingessata di quelle dei funzionari. Hanno esercitato un?azione di lobby molto attiva e il loro apporto è stato fondamentale nello sviluppo del concetto di riconoscimento dei diritti degli agricoltori. Dopo l?approvazione potranno svolgere un ruolo altrettanto importante promuovendo un rapido sviluppo delle legislazioni nazionali in linea con i contenuti dell?accordo. Vita: Cosa cambierà con l?accordo? Esquinas-Alcazar Questo accordo ha come obiettivo la conservazione per le generazioni future della biodiversità e il riconoscimento, imposto da norme giuridicamente vincolante, dei diritti degli agricoltori. A tal proposito è opportuno ricordare che l?India, qualche settimana fa, primo Paese al mondo, ha emanato una legge che riconosce i diritti degli agricoltori. L?articolo 10 dell?accordo prevede «il riconoscimento, da parte degli Stati aderenti, dell?enorme contributo degli agricoltori di tutte le regioni del mondo per la conservazione e lo sviluppo delle risorse genetiche che costituiscono la materia prima della produzione agricola e del cibo». Gli Stati si impegnano inoltre a introdurre norme di protezione delle conoscenze tradizionali, il diritto agli agricoltori a partecipare alla ripartizione dei benefici che derivano dall?utilizzo delle risorse genetiche e il diritto a partecipare a livello nazionale alle decisioni politiche che riguardano i problemi della conservazione e dell?utilizzo sostenibile della biodiversità. La speranza è che sia chiaro che ci troviamo sulla stessa barca e che se si dovesse aprire una falla, non importa se al nord o al sud del mondo, rischieremmo comunque di affondare tutti. Chi è Esquinas-Alcazar La biodiversità al centro José T. Esquinas-Alcazar è il segretario della Commissione sulla ricerca genetica per alimenti e agricoltura della Fao, di cui attualmente fanno parte 161 Stati membri, più la Comunità europea. Sorta nel 1983 con competenza esclusiva sulla ricerca botanica, nel 1995 i poteri della Commissione si sono estesi a tutte le branche della biodiversità che potessero in qualche modo avere ricadute nel campo alimentare. Compito della Commissione oggi è produrre studi e documenti su tutti gli aspetti della ricerca genetica e mettere a punto piani d?azione e codici di condotta in questo campo.


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