Volontariato

Le 6 famiglie del volontariato italiano

L'identikit dell'istituto di statistica ha classificato i volontari in base alla tipologia del loro impegno e con Csv net e Fondazione Volontariato e Partecipazione ha quantificato il peso socio-economico: ammontare del lavoro volontario equivale a circa 875mila unità occupate a tempo pieno

di Redazione

Il volontariato fa bene non solo a chi ne riceve i servizi, ma anche a chi lo pratica; è un antidoto contro l’apatia politica di questi ultimi anni; sviluppa coscienza civile e democratica; crea relazioni durature e coesione sociale. E favorisce anche opportunità di lavoro e di sviluppo.

Non si sono risparmiate le valutazione positive oggi all’Istat durante la presentazione dell’indagine “Il valore economico e sociale del lavoro volontario”, curata dall’Istituto nazionale di Statistica, il CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) e la Fondazione Volontariato e Partecipazione: l’indagine, la più compiuta e ampia rilevazione sui cittadini che svolgono un’attività di volontariato, è stata realizzata rispettando gli standard internazionali contenuti nel Manuale sulla misurazione del lavoro volontario pubblicato dall'OIL  (Organizzazione Internazionale del Lavoro).

I NUMERI
I numeri di base che ne attestano lo sviluppo sono: 6,63 milioni i volontari operativi, di cui 4,14 attivi in organizzazioni strutturate, e circa 3 milioni di volontari individuali, con circa 540mila che svolgono la loro attività sia in strutture che da singoli. Considerando una “settimana lavorativa” di 36 ore – afferma il comunicato del Cesv anche se all’Istat sono molto più prudenti e dicono che non è possibile calcolare questo numero con precisione – l’ammontare del lavoro volontario si può considerare equivalente a circa 875mila unità occupate a tempo pieno.

I dati diffusi oggi non sono nuovi, erano  stati già anticipati  dall’Istat a luglio scorso, e ora vengono analizzati nel dettaglio per coglierne meglio il valore e le ricadute sociali. Emerge un profilo assai positivo.

Chi fa volontariato ha un livello medio di fiducia verso gli altri e verso le istituzioni più alto e non di poco: dal 21 al 35,5% rispetto al resto della popolazione nel primo caso, dal 10,5 al 17 nel secondo. Soprattutto se svolge la sua attività in organizzazioni. E’ mediamente più soddisfatto del proprio lavoro ed è disposto a riconoscere che le sue informazioni e le sue visioni del mondo sono cambiate dopo aver fatto attività. Oltre al benessere relazione di chi ha allargato la propria rete di relazioni, il volontario tra le ricadute positive vede crescere dopo la sua attività, una coscienza civica e di partecipazione democratica che (soprattutto dopo gli ultimi dati sulla partecipazione politica) ha un valore assai evidente.

LE FAMIGLIE
I curatori dell’Indagine li hanno, informalmente, classificati così:

9,8% “laici dello sport”. Svolgono attività in associazioni sportive, hanno pochi legami con la Chiesa o altre strutture religiose, sono maschi occupati e del Nord-est.

32,4% in “associazioni d’ispirazione religiosa”. Presentano motivazioni legate al proprio credo e al bene comune. Svolgono l’impegno, di lunga durata, non solo in modo organizzato ma individuale.

I “professionisti dell'assistenza” sono il 26,8%. Sono soprattutto donne e anche molti giovani studenti, che fanno attività di assistenza alla persona, operano prevalentemente in un'unica organizzazione e nel settore della sanità e della protezione civile.

9,1% sono gli “stakanovisti della rappresentanza”, dirigenti delle associazioni, ma anche volontari che prestano servizio in sindacati e partiti o altre organizzazioni politiche. Con un monte ore molto “pesante”, circa 40 ore al mese di servizio. In gran parte maschi e occupati.

13,5% le “eccellenze del volontariato”. Sono laureati e fanno attività di elevata specializzazione soprattutto culturali. E con motivazioni legate soprattutto al bene comune.

Più della metà dei volontari individuali, invece, sono nella rete di aiuti informali tra persone che si conoscono. Sono soprattutto donne, casalinghe, legate soprattutto all'assistenza alla persona. Anche negli individuali si hanno delle cosiddette “eccellenze”, ossia quando il proprio lavoro ‘sconfina’ nel volontariato, istruzione e sanità, medici professori e insegnanti che continuano la propria attività anche per altri, che sono persone prevalentemente sconosciute prima di instaurare la relazione di aiuto. Con un impegno molto intenso, s’interessano di politica e frequentano anche altre associazioni e partititi. Tra i volontari individuali, ci sono maschi e occupati che svolgono attività prevalentemente attività saltuarie un'ora a settimana, per ambiente o cura di animali.

IL RICERCATORE
Ma perché sono presenti soprattutto al Nord (in modo netto in Trentino e Alto Adige) e poco al Sud (in particolare Campania e Puglia) ? Questa differenza che appare netto ci dice qualcosa? Vita.it ha girato la domanda a Saverio Gazzelloni, Direttore centrale delle statistiche socio-demografiche e ambientale e coordinatore dell’Indagine. “E’ oggettivo e normale – ha risposto – chi ha problemi di sussistenza non riesce a occuparsi con facilità degli altri. La disponibilità di energie è proprio per chi ha più risorse”. Ma non c’è il rischio che marcando l’accento dell’impatto economico del volontariato (in termini di produzione di valore aggiunto) si appanni il valore ideale della generosità? “Non credo. – afferma Gazzelloni – Tutt’altro. Credo che se ne possa anzi valorizzare la forza proprio dimostrando con la misurazione proprio quanto sia importante per la collettività e per la crescita del Paese”. Altra obiezione che viene fatta spesso è che grazie alla presenza del volontariato lo Stato si tira indietro dal suo compito primario di fornire i servizi ai cittadini: “E’ una domanda che toccherebbe più al politico che allo studioso di numeri e statistiche. Comunque personalmente credo che il mix intelligente tra pubblico e privato nel nostro Paese sia una grande risorsa”. E in Europa come stiamo messi a confronto? “Non è stato completato ancora il lavoro negli altri Paesi, tranne credo, in Polonia e Ungheria, sull’impatto economico del volontariato.

IL SOTTOSEGRETARIO BOBBA
In generale per la forza e il valore della presenza del volontariato in confronto potremmo collocarci al quarto posto”. Importanza rimarcata anche dal sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Luigi Bobba che ha affermato: “Coloro che fanno volontariato credono in qualcosa, in un tempo in cui mancano spesso le motivazioni non imposte dalla legge o dal guadagno monetario, in un tempo di nichilismo, diventa una risorsa essenziale. Il vero capitale di queste organizzazioni è un capitale intangibile. C'è una bella sfida per le associazioni – ha sottolineato Bobba – che è quella di intercettare una disponibilità a fare del volontariato, una disponibilità più vasta e duratura. Noi metteremo nella Legge Delega un elemento premiante per le organizzazioni che sanno motivare e sanno mettere in rete, non vale il principio che “chi fa da se fa per tre”. Per questo – ha concluso – l'impegno del governo nello sviluppare questa delega è sempre più determinato anche grazie a queste rilevazioni. Le organizzazioni di volontariato non debbono aver paura delle misurazioni.”


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA