Mondo
Incubo rimpatrio per centinaia di siriani
Senza fine l'odissea di chi fugge dalla guerra in Siria: l'Egitto vuole rimandarli nel paese da cui sono scappati, la Grecia li respinge in Turchia o non ascolta le loro istanze, la Polonia li arresta. Ecco le storie drammatiche in atto nelle ultime ore, con testimonianze e foto raccolte dai volontari
Il fronte della disperazione si è spostato altrove, ma il dramma dei profughi in fuga da guerre e persecuzioni continua. L’Operazione navale italiana Mare Nostrum può dirsi conclusa, quelle europee Triton e Frontex prendono lentamente piede (ma con mandati decisamente diversi, più di “controllo delle frontiere” che di azione di salvataggio in mare, leggi qui), ma nel Mar Mediterraneo non si placa l’emergenza per imbarcazioni alla deriva, trafficanti di uomini senza scrupoli e resistenze di alcuni governi, Grecia ed Egitto in primis, all’accoglienza. “Ogni giorno mi arrivano chiamate di Sos da persone in mezzo al mare in difficoltà, soprattutto siriani”, spiega Nawal Soufi, volontaria con base a Catania che per la sua instancabile attività di aiuto è diventata oggi un punto di riferimento internazionale (i profughi hanno in memoria il suo numero al momento di intraprendere il viaggio in barca) e mette in rete altri attivisti da varie parti d’Italia e d’Europa per portare a lieto fine i casi più difficili.
Le situazioni più eclatanti delle ultime ore? “Un’imbarcazione mercantile partita dalla Turchia con 700 persone a bordo, dopo giorni di navigazione, è stata abbandonata dagli scafisti e trainata a Creta da una nave greca”, riporta Nawal, che sul suo profilo pubblico di facebook ha ricevuto foto che documentano il fatto e le condizioni dei profughi, “loro, coscienti che secondo il regolamento europeo Dublino III avrebbero dovuto chiedere asilo in Grecia quando invece avevano tutti parenti o conoscenti nel Nord Europa, si sono rifiutati per due giorni di scendere. Alla fine, questo pomeriggio, hanno ceduto dopo che Croce rossa e autorità greche hanno assicurato loro che li avrebbero accontentati: ho seri dubbi in tal senso, staremo a vedere, intanto stiamo allertando gli avvocati della nostra rete”.
Sempre dalla Grecia, dove davanti al Parlamento centinaia di siriani sono da giorni in sciopero della fame proprio per chiedere modifiche a Dublino III, arrivano notizie ancora più gravi: “Un gruppo di persone siriane, tra cui famiglie con bambini, è stato respinto al confine con la Turchia e lasciato di notte al freddo sulla riva del fiume Evros”, racconta Nawal, “poi sono tornati in Turchia, ora si trovano in un centro di accoglienza”.
Se i profughi coinvolti in queste due situazioni sono al momento fuori pericolo, altrettanto però non si può dire per 104 tra siriani e siropalestinesi che stanno vivendo un’odissea senza fine in Egitto, come racconta l’attivista italo-marocchina: “Hanno lasciato Mersin, in Turchia, pagando 6mila dollari a persona. A causa di una lite fra gli scafisti il gruppo viene abbandonato su un'isola egiziana: la polizia preleva le persone dall'isola e li arresta, portandoli nel commissariato di Karmooz. Dopo alcuni giorni 30 persone di questo gruppo di nazionalità siriana, vengono respinte in Turchia. Tutti i siropalestinesi e i siriani senza passaporto, invece, rimangono in stato di arresto presso il commissariato egiziano con la minaccia di essere rimpatriati. Fra le persone che stanno per essere riportate in Siria ci sono disertori dell'esercito di Bashar Al Assad e gente che non ha osservato l'obbligo di leva del regime, per loro ritornare in patria significa rischiare la pena di morte”. Ancora: “Un ragazzo siriano per non essere riportato in Siria ha manifestato varie volte volontà suicide, una volta ottenuto il respingimento in Turchia è stato riportato nuovamente in Egitto perché senza passaporto. Il ragazzo adesso si trova in un carcere egiziano ma non più a Karmooz con i suoi compagni. E ieri notte i siriani di Karmooz hanno manifestato con atti di autolesionismo per dire no al rimpatrio”, atti documentati da foto sempre sul profilo facebook. Nawal e tutti gli attivisti coinvolti chiedono “a tutti i politici, in Italia come nel Parlamento europeo, e gli organi di informazione di fare pressione urgente verso il governo egiziano”.
Un’altra volontaria, Agata Ronsivalle, che come Nawal da più di un anno a questa parte opera alla stazione di Catania per dare le prime informazioni ai profughi di passaggio per il Nord dopo essere sbarcati in Italia, racconta anche di un caso delicato in atto in Polonia: “un gruppo di profughi siriani si è introdotto nel paese dalla Slovacchia, ora si trova in un centro di espulsione dopo essere stato processato e arrestato. Stiamo cercando avvocati in loco che possano aiutarli”. Anche in questo caso, l’intervento di europarlamentari potrebbe almeno scongiurare il peggio, ovvero il rimpatrio in Siria.
Infine, una dose aggiuntiva di preoccupazione per le sorti dei profughi arriva anche dalla Svizzera: “ieri sera la televisione svizzera ha citato il direttore dell'Ufficio migrazione che ha stabilito di rimandare in Italia un numero di profughi a seconda dei posti disponibili nelle strutture”, denuncia Salvi Pittà di Welcome to Europe e del network Watch the med, che negli ultimi mesi ha attivato anche un Alarm phone internazionale (+ 334 86 51 71 61) per salvare vite nel Mediterraneo. Il problema delle rinvii di richiedenti asilo in Italia dal Paese elvetico si era posto nelle scorse settimane, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo si era espressa contro l’espulsione di alcune famiglie afghane (in Svizzera dal 2012) “per il rischio di non avere adeguata assistenza in Italia”. Che ora le condizioni siano cambiate?
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