Non profit

Brianza:i giovani tra l’azzardo e il vuoto

Presentati ieri a Monza, nel corso di un convegno, i primi risultati della ricerca sui giovani e l'azzardo promossa dalla Fondazione Monza e Brianza. Condotta dai ricercatori di Spazio Giovani, la ricerca rivela attitudini, percezione e comportamento dei ragazzi degli istituti scolastici brianzoli, calati sempre in un contesto di "azzardo totale", pervasivo e quotidiano

di Anna Biffi

La genesi del progetto Full Immersion – Non giochiamoci la vita! nasce  nell’estate del 2013, in risposta ad una emergenza riscontrata da alcuni  cittadini e operatori istituzionali più sensibili o, semplicemente, attenti a ciò che  accade sul territorio.
Nella provincia di Monza e Brianza stava accadendo e accade esattamente ciò  che accade ad un territorio tradizionalmente dinamico, intraprendente ma non  estraneo alla crisi economica e culturale, che attanaglia il nostro paese e l’Europa. L’esponenziale crescita del mercato dell’azzardo può essere, infatti, la metafora di una società e di un contesto culturale ormai anestetizzato da  codici di comportamento autodeterminati.
Il deus ex machina è la pressione a consumare rincorrendo, ogni volta, bisogni  indotti a cronometro dall’industria della produzione di massa, che spinge a  comprare non perché serva qualcosa ma per il fine stesso di farlo. Dentro questa perversione, la dimensione delle eventuali conseguenze è solo un aspetto secondario.
Cibo, sostanze, tecnologia, shopping, internet, azzardo, appunto, possono generare patologie più o meno gravi, più o meno accettate socialmente e in tempi più o meno veloci, ma il cui comune denominatore è consumare merce,  in modo rapido, acritico, ricorrente.
Il possibile incremento massiccio delle patologie legate a una pratica smodata  dei dispositivi di gioco d’azzardo (slot, video lottery, scommesse, lotto ecc.) rappresenta solo l’ultima delle potenziali emergenze sociali, generate dalla produzione di massa. Le ragioni sono semplici, le modalità banali, identiche le vittime: mercificazione di ogni aspetto dell’esistenza, pressione mediatica pesantissima e fragilità dei target di riferimento (pensionati, disoccupati,  giovani).
Non è un caso che i soggetti che, per primi, sul territorio si sono mobilitati, anche attraverso le azioni del progetto Full Immersion, sono stati coloro che, a vario titolo e in differenti contesti, intercettano i soggetti maggiormente indifesi:  Spazio Giovani Onlus, L’Ufficio Scolastico Provinciale e il Dipartimento 
Dipendenze dell’ASL, cui si affiancano anche alcune amministrazioni locali  (Lissone e Desio, solo per fare qualche esempio) che, nello stesso periodo, con  modalità e strumenti diversi, hanno messo in campo le prime azioni di  contrasto.
Come ogni progetto, anche quello ideato nell’estate 2013 aveva bisogno di  risorse, arrivate attraverso un bando che la Fondazione Monza e Brianza ha pubblicato nello stesso autunno, dimostrando altrettanta conoscenza e  attenzione al territorio.
I dati del resto sono noti, non lasciavano e non lasciano adito a equivoci. Il  Registro delle Imprese, dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di  Monza e Brianza attesta che, in Lombardia, nel 2013, erano 45 le imprese  attive nella gestione di apparecchi che consentono vincite in denaro funzionanti 
a moneta o a gettone. A settembre 2013 i gestori di slot machine erano 245  (+37,6% rispetto al 2012), di cui 13 in provincia di Monza e Brianza, con un  incremento del 44,4 %.
Secondo la "sacra" legge della domanda e dell’offerta, gli investitori, soprattutto  in tempi di crisi, non impegnano denaro in mercati non ricettivi – il  pragmatismo dei brianzoli docet! Questo mercato, per il momento, è uno dei pochi in attivo.
La natura istituzionale dei soggetti che hanno promosso Full Immersion, ha portato a interventi indirizzati ai consumatori più che ai produttori, ma è noto che gli la prevenzione, oggi più che in passato, deve fare i conti con la massiccia offerta dei prodotti, potenzialmente a rischio, e non può trascurare di sensibilizzare anche chi offre (commercianti, produttori, gestori di bar, sale gioco ecc.).
In un’ottica di promozione della salute, siamo partiti dai contesti educativi, entrando in alcune scuole secondarie di secondo grado della provincia, sperimentando un intervento pilota, per prevenire lo sviluppo di patologie collegate al gioco d’azzardo; con speciale attenzione al fenomeno del gioco online, anche attraverso azioni di informazione e di peer education. 
Quale azione di contrasto alla ludopatia, fra le prime realizzate in provincia di Monza e Brianza, il progetto Full Immersion ha perseguito i seguenti obiettivi:
• agire la prevenzione a partire dei soggetti potenzialmente a rischio, attraverso la formazione e il coinvolgimento diretto degli studenti, attraverso meccanismi di apprendimento e socializzazione tipici del Web 2.0 (cooperative learning, learning by doing, peer education);
• informare i ragazzi sui rischi legati a uno scorretto rapporto con le varie forme di gioco d’azzardo, che si stanno diffondendo anche fra i giovani;
• potenziare i fattori di protezione e ridurre i fattori di rischio; valorizzando i fattori e le competenze individuali e sociali (life skills), che favoriscono un salutare percorso di crescita;
• raccogliere dati sui comportamenti e sulla percezione del pericolo,  che hanno gli studenti, in merito all’azzardo e alle varie forme di gioco; 
• affiancare approcci formativo-riflessivi ad azioni concrete: progettazione di una APP di contrasto al gioco d’azzardo e mappatura del  territorio rispetto alla diffusione di slot-machine e sale gioco;
• Informare e inviare ai servizi , attraverso la progettazione di strumenti di informazione adeguati ai diversi interlocutori (giovani, adulti, anziani) – e attraverso l’invio ai servizi territoriali deputati a trattare la ludopatia.
Se tuttavia dovessimo semplificare al massimo ciò che è stato fatto diremmo 
che abbiamo cercato di educare i ragazzi al consumo. Questa infatti è la vera emergenza sociale, culturale ed educativa, che  attraversa, in varia misura, tutti i ceti sociali e culturali, anche nel nostro territorio e riguarda giovani e adulti. 
Intervenire su questo significa allargare lo spettro di azione dalla salute, che non è solo benessere fisico (come dice anche l’OMS), all’etica, perché il consumo smodato è iniquo e impoverisce il  territorio, all’estetica, che è sempre nel segno della qualità e non della quantità.  L’obiettivo è ambizioso e tuttavia appassionante, il tempo sta scadendo. Siamo pronti?
 
 
* Anna Biffi è coordinatrice del Progetto Full Immersione e parte del comitato scientifico. 


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