Non profit
Una delle pagine più tristi della storia del Terzo settore
Le associazioni riunite nella Campagna Mettiamoci in gioco, firmano un Protocollo con le aziende dell’azzardo. Ora chi vuole contrastare l’azzardo deve stracciare quel Patto, dissociarsi non basta
Il 15 ottobre scorso si è consumata una delle pagine più tristi del Terzo settore. Un cartello di Associazioni, ampio e autorevole per storia , tra cui sindacati confederali, Arci, Acli, Federconsumatori, Libera, Azione Cattolica, Auser, gruppo Abele e Libera, Anci e altri, riuniti nella campagna contro il gioco d’azzardo “Mettiamoci in gioco”, ha firmato un Protocollo di Intesa con Confindustria Sistema Gioco Italia, ovvero la federazione dei player dell’azzardo legale, da Lottomatica in giù. Giustamente un collega ha riassunto il Patto con questa immagine: «Immaginiamo che un giorno le associazioni che combattono l’alcolismo si mettano d’accordo con i principali produttori di superalcolici per lottare assieme contro il fenomeno. E prima di tutto concordino sull’opportunità di non utilizzare più la parola alcolismo, che suona male ed evoca una terribile condizione di dipendenza. E decidano di sostituirla con questa lunga circonlocuzione: Campagna contro rischi derivanti dalla non corretta assunzione di bevande che contengano etanolo in quantità superiore al 22%».
È quanto è successo con la firma di quel Protocollo in cui tra l’altro si conviene di sostituire l’espressione “gioco d’azzardo” con l’edulcorante locuzione “Gioco con alea con posta in denaro”. Il Protocollo se da una parte ha svelato definitivamente la strategia di comunicazione, e anche la raffinata politica di lobbing, messa in atto dai concessionari, i quali – mentre continuano a sfornare nuovi Gratta e vinci – tentano di presentarsi alla stregua di un indispensabile servizio ai cittadini che si preoccupa della loro salute e vuole metterli al riparo dall’illegalità, dall’altra mette in luce la debolezza di tanta parte di società civile organizzata e dei cartelli di scopo. Debolezza nella definizione degli scopi, nella gestione dei rapporti con le associazioni del cartello, debolezza di pensiero e mancanza di efficacia nelle azioni.
In sintesi, come ha scritto Monsignor Alberto D’Urso, segretario Nazionale della Consulta Antiusura, «un Patto sconcertante per la grave incompetenza scientifica, etica e giuridica dei sottoscrittori». Il Protocollo che è stato reso noto da Vita.it ha ovviamente dato luogo a proteste della base delle associazioni che una dopo l’altra si sono trovate costrette a dissociarsi o trincerasi in imbarazzanti silenzi. Nell’ordine, a prendere le distanze dal Protocollo anche i fondatori di “Mettiamoci in gioco”, don Ciotti, Gruppo Abele e Libera (che pure aveva un suo autorevole rappresentante al tavolo delle trattative), don Colmegna, e altri.
Più coraggiosa la presa di posizione di Auser che oltre a dissociarsi, si pente. Scrive, infatti, la sua presidenza che «se il Protocollo sarà portato avanti, determinerà l’uscita dell’Auser dalla Campagna stessa». Curiosa la motivazione che i coordinatori della Campagna danno al Protocollo, «Il confronto con Confindustria nasce esclusivamente dalla volontà di arrivare in tempi brevi a una legge quadro sul gioco d’azzardo». Dimenticando che è in arrivo la legge delega fiscale, che alla Camera dei deputati sta andando avanti una legge sulle ludopatie, che la legge di Stabilità riconosce per la prima volta il Gap e stanzia 50 milioni e che a livello locale Regioni e Comuni legiferano e in un anno hanno sottratto un miliardo al business dell’azzardo lecito. E senza firmare Protocolli. Chi vuole contrastare l’azzardo non ha che una scelta, stracciare quel Patto per cambiare davvero le cose. Ogni altra opzione non solo è ambigua, ma dannosa.
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