Cultura
In principio era il diario. Il Premio Pieve compie trent’anni
Dal 1984 l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, creato da Saverio Tutino, raccoglie diari, memorie e epistolari di "gente comune". Il 18 settembre prossimo, inizierà l'annuale rassegna del Premio Pieve che, con il suo archivio, festeggia un importante compleanno: 30 anni di storie, di attività, di vita
di Marco Dotti
Il Premio Pieve compie trent'anni e domani, 18 settembre riparte con una nuova edizione. Sono trent'anni di storie, di vite, di ricordi che affiorano dalle pagine degli oltre seimila documenti conservati nell'Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano, la cittadina in provincia di Arezzo, dove quel grande viaggiatore che fu Saverio Tutino decise di radicare le proprie passioni. E tra queste passioni – come abbiamo raccontato in un numero di Communitas – c'era il diario.
Il diario: non un documento come un altro. Ma il "documento" per eccellenza, il documento che in sé non farebbe storia, se non altro perché a tenere diari non sono sempre generali, conti o notabili, ma anche contadine semianalfabete, viaggiatori, emigrati e migranti.
Tra quelle che Walter Benjamin chiamava le "memorie dei senza nome", però, e qui sta la grande intuizione e il generoso lascito culturale di Tutino, spesso soffia più vita che nella "storia dei senza memoria", ovvero quella dei documenti che vorremmo ufficiali.
Per questo, come amava ricordare Saverio Tutino, "al principio c'è il diario". Perché al principio c'è una vicenda concreta, minimale forse, ma mai infima, che si inscrive nel piano "alto" della Storia. Singolare coincidenza che, oggi, appare ancor più singolare grazie a un'altra coincidenza: i 30 anni del Premio Pieve coincidono con il centenario della Grande Guerra che di memoria di senza nome – lettere, testimonianze: ma diari? forse nessun "soldato semplice" ne ha scritti, solo memoria dei penultimi, dunque? Lo scopriremo nel corso delle giornate del Premio.
Tutto ebbe inizio trent'anni fa, si diceva, con un articolo che Tutino, già all'"Unità" e poi tra i fondatori di "Repubblica", scrisse proprio su quest'ultimo giornale. Era il il 22 novembre del 1984.
Avete un diario nel cassetto?” chiedeva Tutino. Piuttosto che lasciarlo “in pasto ai topi del Duemila”, aggiungeva lungimirante, depositatelo presso la “banca dei diari” di Pieve. “Sarà una delle mille pietre di una costruzione nuova per gli studiosi di domani”.
Un'idea, anzi una pratica "generativa", direbbe il sociologo Mauro Magatti. Una pratica – e un'idea: perché pensiero e azione vanno assieme – che nascono dal profondo senso di umanità di Tutino. Perché la "critica roditrice dei topi" – l'espressione è di Marx, autore caro a Tutino – non abbia mai la meglio sull'umanità critica degli uomini. A volte, basta un diario per realizzare un sogno. Tutino c'è riuscito e il suo sogno compie trent'anni.
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