Welfare

Petrolchimico Marghera, tutti assolti. Tensione in aula

157 vittime per cancro, 28 dirigenti accusati omicidio e disastro ambientale colposo. Tra gli imputati figurano nomi eccellenti

di Redazione

Il presidente del collegio giudicante per il processo al Petrolchimico di Marghera ha dato lettura della sentenza: tutti assolti, a vario titolo, ma tutti assolti. Violente reazioni in aula da parte di sindacati, associazioni ambientaliste e rappresentanti dei centri sociali. Parola d’ordine per la contestazione: ”Vergognatevi”. Per l’avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro, ulteriori commenti potranno essere fatti con una lettura attenta delle motivazioni della sentenza. Il pm Felice Casson ha lasciato l’aula senza rilasciare alcun commento. Immediatamente i centri sociali hanno esposto sul banco della corte uno striscione con scritto ”colpevoli”. ”La battaglia continua -ha gridato Luca Casarini, leader delle ‘tute bianche’-. Non e’ possibile che i morti del petrolchimico siano senza colpevoli. Questa sentenza e’ una vergogna”. Il collegio, presieduto da Ivano Nelson Salvarani, e affiancato a latere da Stefano Manduzio e Antonio Liguori, si era infatti ritirato il 22 ottobre scorso dopo 150 udienze e tre anni e mezzo di dibattimento. Il processo era iniziato il 13 marzo 1998, dopo le denunce dell’ex operaio Gabriele Bortolozzo su morti sospette legate al cloruro di vinile: nel corso del dibattimento sono stati esaminati oltre 1.500 faldoni, per un totale di un milione e mezzo di pagine, 25 mila pagine di verbali di udienza, ascoltati oltre 200 testimoni e un centinaio di periti. Sono state 546 le parti lese e circa 100 gli avvocati. Le accuse per i vertici del Petrolchimico sono di omicidio e lesioni colpose, oltre a disastro colposo per inquinamento di parte della zona industriale e della laguna: un danno ambientale per il quale l’avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro ha chiesto un risarcimento di 80 mila mld di lire. Sono 28, tra dirigenti ed ex dirigenti Montedison, Enimont ed Enichem accusati di oltre 150 morti per cancro causato dalla lavorazione di Cvm (cloruro di vinile monomero) e Pvc (polivinile di cloruro) e di inquinamento ambientale. In totale le vittime sono 157, di cui 62 autoclavisti, 71 insaccatori e altri 24 dipendenti impegnati in entrambe le mansioni, tutti venuti a contatto con Cvm e Pvc, contraendo varie forme di cancro ai polmoni, al fegato, al cervello, alla laringe o al sistema linfoemopoietico. Tra gli imputati del maxi-processo alla chimica italiana figurano nomi eccellenti: dagli ex presidenti Montedison Eugenio Cefis e Giuseppe Medici, agli ex amministratori delegati di Montedison Alberto Grandi e Giorgio Porta, quest’ultimo chiamato in causa anche come presidente Enichem ed Enimont, fino all’ex presidente di Enichem ed Enimont Lorenzo Necci. Nell’elenco anche Mario Schimberni, deceduto lo scorso maggio. Complessivamente il sostituto procuratore di Venezia Felice Casson, titolare dell’inchiesta, ha chiesto pene per un totale di 185 anni. La storia del Petrolchimico di Porto Marghera arriva alla ribalta delle cronache italiane nel dicembre del 1996, data in cui il sostituto procuratore Felice Casson, depositava la richiesta di rinvio a giudizio dei vertici Enichem e Montedison per reati di omicidio colposo, omissione dolosa di cautele contro infortuni da lavoro, fino ad arrivare alla formulazione dell’ipotesi del reato di strage, per la quale sono previsti minimo 15 anni di reclusione. Le indagini, che hanno portato al rinvio a giudizio dei vertici della chimica italiana, si fondano su un dato statistico, ossia l’elevato numero di decessi e malattie dei lavoratori entrati in contatto con le due sostanze cancerogene. L’inchiesta si e’ via via allargata, arrivando all’accertamento di violazioni della normativa sull’ambiente. E anche in questo caso finiscono sotto accusa i medesimi vertici del gruppo Montedison e Enichem. Questa seconda tranche dell’inchiesta ha portato all’apertura da parte della Procura di Venezia di un secondo procedimento nel quale risultano parti lese 376 operai, i familiari di 117 lavoratori deceduti, le associazioni Legambiente e Green Peace, il comune e la provincia di Venezia, la regione Veneto e il ministero all’Ambiente. Le ipotesi di accusa sono di avvelenamento di acque e di sostanze alimentari, crollo di costruzioni, disastri dolosi, abbandono di rifiuti industriali tossico-nocivi, realizzare e gestione di discariche, omissione delle attivita’ di disinquinamento, determinazione di episodi di gravi inquinamenti in relazione alla produzione ci Cvm, dei composti organici clorurati e di trattazione e lavorazione del cloruro. Le indagini prendono in esame il periodo che va dal 1970 al 1988 per la realizzazione di scavi e bacini in cui venivano abusivamente smaltiti, abbandonati, scaricati e depositati rifiuti tossici creando discariche abusive che entravano, o comunque potevano entrare, in contatto con le falde idriche. Una seconda parte dell’inchiesta esamina invece gli anni dall”88 al ’95 per valutare le responsabilita’ di chi, pur avendo l’obbligo giuridico di impedire un ulteriore degrado ambientale, ha ignorato le disposizioni di legge.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA