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Inizia il Festival di Venezia, l’attesa è per Io sto con la sposa

Al via l'edizione numero 71 dell'evento cinematografico più famoso d'Italia. Giovedì 4 settembre alle 14.30 verrà proiettata, fuori concorso, la prima del docu-film sul matrimonio-denuncia sulla difficoltà di scappare dalla guerra, finanziato con il crowdfunding. Riproponiamo l'intervista a Del Grande, uno dei tre autori

di Daniele Biella

Alla fine ha sfiorato i 100mila euro, arrivando a 98.151,  grazie ai 2.541 produttori dal basso che l'hanno finanziato attraverso il crowdfunding. Ma soprattutto, si appresta a sbarcare al Festival del Cinema di Venezia (poi sarà distribuito nelle sale d'Italia e del mondo, ma questa è un'altra storia), che prende il via oggi. "Io sto con la sposa" è un film di successo ancora prima di essere visto: sta facendo parlare di sè, e ci si aspetta che aumenti ancora di più la visibilità dopo la prima, che avverrà giovedì 4 settembre alle ore 14.30 nella Sala grande del Lido di Venezia (biglietti, pochi, ancora disponibili sul sito del Festival), nella sezione Orizzonti, fuori concorso.

«L'energia che si è sprigionata intorno al film, è semplicemente straordinaria», dicono i tre autori Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry, «Anche soltanto scorrere la lista dei paesi dei donatori è emozionante: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Colombia, Danimarca, Egitto, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Irlanda, Israele, Italia, Libano, Malta, Marocco, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Peru, Portogallo, Regno Unito, Russia, Senegal, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tailandia, Ungheria». E ancora: «Insieme condividiamo un sogno. L'idea che il Mediterraneo torni ad essere il mare che ci unisce e che nessuna legge divida più i viaggiatori in legali e illegali. È la nostra idea di futuro. È il mondo che vogliamo e per il quale ci siamo accollati il rischio di finire in galera».

 Questa pellicola è un caso simbolo anche per l'increbibile scenggiatura che ha permesso a un gruppo di profughi di sfondare clamorosamente la Fortezza Europa, penetrandovi grazie a un’idea assurda ma con tutti gli onori dei vincitori: i cinque protagonisti in fuga dalla Siria sono riusciti ad arrivare in Svezia, dove chiedere asilo politico. Come? Vestiti da matrimonio. Loro e tutti gli altri invitati, 23 ‘lucidi pazzi’ che hanno sfidato le leggi in vigore (per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si rischia fino a 15 anni di reclusione) con un finto corteo nuziale lungo 3mila chilometri composto da 17 protagonisti e sei uomini della troupe cinematografica che nel novembre 2013 è partito da Milano e passato da Marsiglia, Bochum e Copenhagen prima di approdare a Stoccolma.

«La stazione Centrale di Milano è lo snodo dei migranti sopravissuti ai viaggi della disperazione nel Mar Mediterraneo: è da lì che, pagando mille euro a persona al contrabbando, tentano di raggiungere la Svezia. Noi volevamo dare loro un alternativa», spiega Gabriele Del Grande, reporter che nell’ultimo anno è stato cinque volte in Siria sotto il fuoco incrociato della guerra civile e fondatore di Fortress Europe, Osservatorio sulle morti nel Mediterraneo. L’idea del matrimonio è tutta sua, «nata come scherzo ma subito condivisa come possibilità reale con Khaled (Soliman Al Nassiry, poeta palestinese-siriano da cinque anni in Italia, ndr), con cui mi trovavo in quei giorni in Centrale per rendermi utile all’accoglienza dei profughi», specifica Gabriele. Pochi giorni dopo, l’adesione del regista Antonio Augugliaro ha completato la visione: «Ci siamo messi a caccia dei protagonisti, lo sposo ci ha incrociati, mentre eravamo al bar». È Abdallah, 30 anni, sopravvissuto alla terribile strage dell’11 ottobre 2013 con 250 tra morti e dispersi. Così come hanno raggiunto le nostre coste Manar, 13 anni, e suo padre Alaa, più Abdallah e Mona, coppia arrivata da Lampedusa la notte prima della partenza del corteo che Del Grande aveva conosciuto in Siria: in tutto cinque profughi, altri amici italiani e siriani che si sono uniti al progetto (sposa compresa: Tasneem, attivista siriana con passaporto tedesco che aveva scelto di rimanere nel suo paese in guerra), i tre registi e sei uomini della troupe, stipati in un   urgone e quattro auto. «Siamo passati dalla Francia, superando a piedi il passo della Morte, sopra Ventimiglia, per evitare i controlli svizzeri, e non abbiamo avuto intoppi nelle varie frontiere anche perché aiutati da decine di persone che si sono innamorate dell’idea». All’arrivo in terra svedese, un pianto liberatorio e collettivo: «su quel momento ci sono poche immagini, anche la troupe si è commossa», ricorda Del Grande. Il film dura 90 minuti circa, e a Venezia, sui giornali come tra la gente, la curiosità sta montando come non mai. Loro, i 23 invitati al matrimonio, giovedì prossimo ci saranno tutti, e promettono un altro atto eclatante di sensibilizzazione su chi fugge dalla guerra e vuole solo trovare accoglienza. Noi saremo là, venite anche voi.


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