Welfare

Napoli: orbitali urbani/umani

Mentre la stazione di Napoli mette in bella vista manifesti sul Bel Paese e si riempie di turisti in fuga dalla vita quotidiana, ai margini della città e del suo immaginario di consumo si muovono esistenze che di quella città, di quella vita e di quell'immaginario sono "scarti", "resti", "residui". Sono donne e uomini, immigrati e non, che abitano il lato in ombra delle nostre città

di Redazione

Le stazioni sono luoghi di transito, o nodi di interscambio di quella dinamica di flussi che – per dirla con Manuel Castells – plasma l’esistenza umana urbana delle metropoli contemporanee.

Le stazioni le percorri con la velocità e la frenesia di chi deve assolutamente prendere quel treno che lo condurrà verso un viaggio di svago o, semplicemente, al proprio luogo di lavoro. La necessità spasmodica di procedere con celerità, perché quel treno non si può perdere, pena la propria vita.

5 Agosto 2014: la stazione ferroviaria di Napoli centrale è traboccante di esseri umani assuefatti all’idea di vacanza come status capitalistico, a cui rispondere, seppur con la flebile sensazione che non si è affatto felici di dover assolvere al compito consumistico del divertimento estivo.

Con la lieve percezione che il mondo stia investendo con una violenza inaudita di stimoli e suggerimenti – “acquista il tuo nuovo smartphone super scontato!” “usa la nuova crema abbronzante!” “vola gratis verso nuove mete esotiche” – che non fanno altro che esaurire le scelte che si sarebbe ancora in grado di compiere, con libertà, se non si fosse altro che macchine desideranti delle società globalizzate.

Eppure, ai bordi di questo polimorfo cuore motorio della città, lungo le vie che costeggiano la stazione e che si è costretti a percorrere per accedere ai taxi e alle altre linee di trasporto urbano, ci si ritrova sorpresi da altre dimensioni dell’esistenza.

Uomini e donne, autoctoni e stranieri extracomunitari, che hanno "colonizzato" le zone adiacenti della Stazione centrale di Napoli, come saprofiti aberranti della città.

Uomini e donne disarticolati e sconnessi, che vivono al di fuori della dittatura dei consumi o ne sono semplicemente i residui. Tossicodipendenti e alcolizzati dimenticati dai SerT, travestiti in declino, anziani senza famiglia e senza casa, ambulanti che vendono manufatti etnici, donne ucraine che declamano vigorosi messaggi di evangelizzazione. Ogni tanto, qualche truffatore autoctono che prova a indirizzare i turisti verso improbabili (pericolosi) servizi di navetta verso l’aeroporto. Attraverso questa umanità diversa, irrispettosa delle regole, fastidiosa e maleodorante, indecorosa e terribile, ci si muove con passo deciso di chi vuole a tutti i costi credere che la propria vita sia migliore. Il passo deciso di chi conosce il mondo solo dai telegiornali, firma petizioni online contro le guerre, mangia cibi precotti, consuma sesso e azzardo online, si relaziona esclusivamente con dispositivi elettronici.

La stazione ferroviaria di Napoli centrale espone al suo interno le insegne e i messaggi di un  brand avariato che pubblicizza  tradizioni del Bel Paese e fasti del Gran Tour, in realtà ormai estinti. Ma, lungo il suo perimetro concede quest’esperienza di un allucinante livello post-urbano, apocalittico o di umanità in frantumi.

Come si sono ritirate dal resto del Paese, le istituzioni si sono ritirate da tempo dalla città, lasciata libera di crollare sui suoi abitanti: è trascorso già un mese dalla morte del quattordicenne colpito dall’improvvisa caduta dei calcinacci in Galleria Umberto I lo scorso 5 Luglio.

Nel mentre, a pochi metri dalla adiacente fermata della nuova e iper-connessa metropolitana, su decisione dell’amministrazione comunale, un totem urbano progettato per erogare acqua effervescente gratuitamente, non più dotato di un meccanismo di regolazione, disperde quell’acqua per strada.

Ma intanto si continua a procedere con quel passo deciso verso un treno che conduce sempre più persone in un automatismo che non ha memoria dell’umanità, tradendo la biologia in nome di  mete incerte, forse finali.

 


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