Famiglia

Ripartiamo dal welfare familiare

Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari non ha dubbi: «L'allarme sta diventando anche sociale perché finora sono state le famiglie a sopperire ai tagli continui e progressivi al welfare pubblico. Ora però non ce la fanno più. Servono deduzioni e sgravi fiscali per ripartire»

di Redazione

Il mondo economico e soprattutto la politica sono alla ricerca di piccoli segnali positivi, di una luce intravista alla fine del tunnel, su cui costruire nuovi progetti, nuovo entusiamo, nuove sfide. Una giusta dose di ottimismo è necessaria, anche di fronte a situazioni difficili, perché… “bisogna crederci”. Però serve anche essere realistici, non basta sperare, per costruire il futuro. Inoltre questi segnali spesso valgono solo per alcuni: migliora lo spread, sale la Borsa (ma poi il giorno dopo scende improvvisamente), qualche luce dall'import – export… E' vero che sono segnali di salute, ma in questa complessa crisi aumenta anche in modo drammatico la disuguaglianza, per cui a volte segnali positivi per qualcuno diventano arretramenti e svantaggi per altri.

Così, nonostante ci si ostini a cercare segnali di ripresa, la crisi continua a mordere. E morde soprattutto le famiglie. Non solo perché per lunghi mesi (se non anni) si assisterà probabilmente a una “ripresa senza lavoro” (!). Ma soprattutto perché siamo di fronte anche al costante calo dei redditi disponibili, per una elevata platea di famiglie. Dopo aver tagliato tutto il superfluo si è passati a stringere la cinghia anche sull'essenziale. La conferma dell'allarme arriva dall'Istat: diminuisce del 3,2% la spesa per la carne; il 65% le famiglie che hanno ridotto quantità e qualità dei generi alimentari e sono aumentate ancora le famiglie che scelgono l’hard discount per fare la spesa.

Come se non bastasse gli italiani sono costretti a rinunciare anche alle prestazioni sanitarie ed al welfare familiare. A denunciarlo è una ricerca Censis-Unipol. Nell’ultimo anno la spesa sanitaria privata ha registrato un -5,7%, il valore pro-capite si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno. Le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private (peraltro dopo aver pagato fior di tasse per mantenere il sistema sanitario nazionale). Anche il welfare familiare comincia a mostrare segni di cedimento e per la prima volta è diminuito anche il numero delle badanti che lavorano nelle case degli anziani bisognosi: 4mila in meno.

L'allarme diventa anche sociale perché finora le famiglie avevano sopperito ai tagli continui e progressivi al welfare pubblico. Ora però anche le famiglie non ce la fanno più. Si tagliano le prestazioni sanitarie private anche quando l'accesso alle prestazioni del SSN è reso improponibile dalle attese. Ma anche la spesa sanitaria privata si è ridotta del 5,7% nel 2013. Gli italiani sono insomma costretti a rinunciare alla salute.

E anche il numero dei collaboratori domestici per attività di cura e assistenza (963mila persone) ha registrato una flessione nell’ultimo anno (-0,4%), dopo un periodo di crescita costante (+4,2% tra il 2012 e il 2013). Ma di certo non è la domanda di cura e assistenza ad essersi ridotta. Il Censis stima che 4,1 milioni di persone in Italia sono attualmente portatrici di disabilità (il 6,7% della popolazione). Cresce anche la domanda di assistenza per la popolazione anziana non autosufficiente: gli anziani che usufruiscono di assistenza domiciliare sono passati da poco più di 200mila nei primi anni 2000 a oltre 532mila nel 2012, cioè dal 2,1% della popolazione anziana (persone con 65 anni e oltre) al 4,3%. La spesa complessiva per gli anziani serviti dalla long term care è pari attualmente all’1,7% del Pil, ma nel 2050 l’incidenza potrebbe arrivare al 4%, alla luce delle proiezioni demografiche. Realtà nella quale la mano pubblica riesce a garantire ben poco (e soprattutto a macchia di leopardo tra Regione e Regione). Per questo il peso, anche economico, finisce per gravare sulle spalle delle famiglie.

“Nei lunghi anni della recessione le famiglie italiane hanno supplito con le proprie risorse ai tagli del welfare pubblico” ha detto Giuseppe Roma, direttore del Censis. “Oggi questo peso inizia a diventare insostenibile”. Sempre per il Censis non solo l’Italia è il Paese dell’area Ocse con la più elevata percentuale di familiari che prestano assistenza a persone anziane o disabili in modo continuativo (il 16,2% della popolazione: il doppio, ad esempio, della Svezia). Ma oggi le famiglie sono in gran parte costrette a reclutare le badanti autonomamente attraverso canali informali, le pagano di tasca propria, con forme diffuse di irregolarità lavorativa, senza garanzie sulla loro professionalità e affidabilità.

La riduzione delle badanti testimonia che anche questa organizzazione in proprio comincia a fare acqua. L'allarme sociale rischia quindi di tramutarsi in emergenza per le famiglie ma anche per i servizi sociali e socio-sanitari territoriali, che finiranno per ritrovarsi tra le mani una patata bollente che non potranno e sapranno gestire.

Una possibile soluzione? Aumentare da subito in modo sostanziale la possibilità di dedurre/detrarre le spese sanitarie e i costi per le badanti. Per riconoscere il contributo delle famiglie nella cura delle persone fragili, garantire i diritti di cura dei non autosufficienti, favorire la stabilizzazione, regolarizzazione e qualificazione del lavoro di cura familiare. Tutte cose di cui hanno bisogno le famiglie. Ma prima di tutto è il Paese ad averne bisogno.


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