Politica

Il Patto per la Salute rischia di essere un’occasione mancata

Il presidente di FederazioneSanità, Giuseppe Milanese ha sottolineato che «non c’è nessun riferimento sullo sviluppo della sussidiarietà orizzontale sostenuta dall’Europa, né sul riconoscimento del ruolo del privato, nè sulla necessità di distinguere il ruolo di governance strategica da quella della produzione dei servizi»

di Redazione

«La bozza di Patto per la Salute in discussione in queste ore, al di là degli slogan e delle promesse, è un atto deludente. Si parla di nuova governance, ma in realtà si prende atto dell’ingovernabilità di un sistema policentrico (Stato e Regioni) che vuole rimanere  accuratamente blindato e chiuso rispetto alla sussidiarietà orizzontale del partenariato pubblico – privato e della mutualità integrativa». Così Giuseppe Milanese, presidente di Federazione Sanità – Confcooperative in merito alla bozza del Patto per la Salute.
 

Giuseppe Milanese, presidente di Federazione Sanità – Confcooperative


Ma cosa stabilisce il testo del Patto per la Salute? Ecco il contenuto suddiviso per i capitoli principali:

Finanziamenti: in cassa 337,5 miliardi in tre anni
Nel Patto sono indicate e le risorse per la sanità dal 2014 al 2016: 337,5 miliardi (ma non solo: si ampliano i confini per investimenti e risorse per l'edilizia che diventano certe e immediate) con i «risparmi derivanti dall'applicazione delle misure contenute nel Patto» che «rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie». E il testo chiarisce subito che «i risparmi derivanti dall'applicazione delle misure contenute nel Patto rimangono nella disponibilità delle singole regioni per finalità sanitarie». Non solo: anche gli eventuali risparmi di gestione delle Regioni «rimangano nella disponibilità delle Regioni stesse per finalità sanitarie». Il nuovo Patto apre poi alla possibilità di utilizzare la quota annua vincolata per gli obiettivi di carattere prioritario del piano sanitario nazionale per la realizzazione di alcune o tutte le linee progettuali proposte dalla Salute, a integrazione delle risorse destinate naturalemnte a questo scopo. Chi è in piano di rientro dovrà però individuare i progetti da realizzare che devono essere coerenti con gli obiettivi dei programmi operativi approvati. E comunque – vale per tutti – le risorse non possono essere destinate a «finalità extrasanitarie».

Piani di rientro: presidenti mai più commissari
I piani di rientro diventano Piani di riorganizzazione, riqualifciazione e rafforzamento dei servizi sanitari regionali. E confermando gli impianti dei "vecchi" Patti dovranno evidenziare anche i progressi ottenuti e da lì partire con un sistema di miglioramento della governance e della riorganizzazione del sistema. Nel Patto è scritto chiaramente quali sono i loro nuovi obiettivi e anche che il commissario ad acta in caso di nuovi commissariamenti non potrà avere più nulla a che fare con incarichi politici e dovrà avere invece un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai risultati conseguiti in precedenza. Naturalmente però nella scelta di commissari e programmi saranno anche coinvolti i governatori.

Monitoraggi e verifiche: Patto sotto stretto controllo
Un tavolo politico composto da Salute, Economia e Regioni farà da “cabina di regia” per il monitoraggio sull'attuazione del Patto «nei tempi e nei modi convenuti». Presso l'Agenas invece un tavolo permanente tecnico interistituzionale (presieduto dall'Agenzia e di cui fanno parte Salute, Economia e Regioni) farà da supporto al tavolo politico per il monitoraggio dell'andamento e dell'applicazione delle proposte in campo sanitario sulla revisione della spesa. E, cosa più importante, «i risparmi conseguiti saranno utilizzati in sanità per miglioare i livelli qualitativi del sistema dei servizi».

Ticket per reddito con equità e universalismo
La revisione di compartecipazioni ed esenzioni deve evitare che queste siano barriere per l'accesso ai servizi e alle prestazioni: equità e universalismo devono essere le parole d'ordine. Per questo il nuovo sistema – che deve essere messo a punto entro il 30 novembre da un gruppo di lavoro misto Regioni-Salute-Economia-Agenas e dal quale si attendono risparmi per almeno 200 milioni – dovrà considerare il reddito, la composizione del nucleo familiare ed essere semplice e charo per la sua applicazione. Poi, compatibilmente con le informazioni disponibili, più in là si potrà considerae la condizione “economica” del nucleo familiare. E il sisterma dovrà garantire lo stesso gettito per ogni Regione.

Farmaci: si rivede il Pronturio e le valutazioni le fa l'Health Technology Assessment
Il Prontuario passato al filtro del criterio costo/beneficio mettendo in pista anche i prezzi di riferimento tarati su categorie terapeutiche omogenee. Torna in pista così la revisione della lista dei farmaci concedibili a carico del Ssn, prevista ormai due annifa dal decreto «Balduzzi» (Dl 158/2012 – L. 189/2012, articolo 11) e mai varata. E a fare da contraltare alle norme che gettano sul tavolo della trattativa prezzi di riferimento e categorie terapeutiche omogenee senza peraltro fissare scadenze tempoorali di alcun tipo, le misure in tema di contestualità tra autorizzazione all'immissione in commercio e definizione del regime di rimborsabilità, lo stop allla variabilità dei Lea farmaceutici a lume di codice di avviamento postale, l'altolà alle scelte personalizzate o pittoresche delle Regioni in trem,a di equivalenza terapeutica. Tra le informazioni destinate a “pesare” nell'agenda dei controllori dei nuovi percorsi spicca senz'altro la messe delle informazioni attese dall'avvento “ufficiale” dell'Health Technology Assessment ai fini della valutazione nazionale dei medicinali.

Sanità digitale: un patto nel Patto
Le Regioni e il Governo hanno trenta giorni di tempo dall'approvazione del Patto per stipulare un altro patto: quello per la Sanità digitale. Si tratta di un piano strategico per eliminare gli ostacoli che rallentano la diffusione dell'e-health e per evitare realizzazioni parziali a macchia di leopardo come avvenuto fino a oggi. Si individuerano le priorità, i modelli di riferimento e gli strumenti di finanziamento, anche in partnership pubblico-privato. E lo strumento per programmare gli interventi sui sistemi informativi sarà il «Piano (triennale) di evoluzione dei flussi Nsis», che consentirà anche il monitoraggio dei Lea e dei relativi costi.
Umanizzazione delle cure: più rispetto per la persona
Gli interventi in questo senso delle Regioni dovranno coinvolgere aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell'assistenza.
Per attuarli si potranno utilizzare le risorse vincolate e dovrà comunque essere predisposto un programma annuale in cui prevedere almeno un'attività progettuale sulla formazione del personale e una di “cambiamento organizzativo” con aree prioritarie definite: area critica, pediatria, comunicazione, oncologia, assistenza domiciliare.

Territorio: “Unità di cure primarie” e “Aggregazioni funzionali territorali” a tutta forza
L'ossatura è la stessa dell'atto di indirizzo del comitato di settore alla Sisac per il rinnovo delle convenzioni, sulla base del quale sono state già avviate le trattative secondo le previsioni della legge Balduzzi. Nel Patto si specificano bene bacini di utenza (per le Aft non più di 30mila abitanti) e compisizone per le nuove strutture che dovranno prevedere, tra l'altro, almeno un medico esperto e formato in terapia del dolore.
Poi il territorio si articola tra presidi territoriali/ospedali di comunità secondo le regole sugli standard ospedalieri; specialistica ambulatoriale che dovrà raccogliere quanti più Drg possibili tra quelli a rischio di inappropriatezza; Piano nazionale delle cronicità, da mettere a punto entro il 30 dicembre; sistema informativo sulle strutture territoriali di riabilitazione; assistenza sanitaria nelle isole minori, sotto la lente di un Osservatorio ad hoc istitutito sempre entro fine anno: emergenza-urgenza e 118 per il quale sono previsti anche criteri di accreditamento delle strutture.

Ospedali tra standard e continuità assistenziale
Va adottato senza ulteriori rinvii il regolamento sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi. Con una serie di modifiche annunciate (ma non ancora formalizzate) in cui si prevede che limite di posti letto per le case di cura private accreditate resta 60, ma da 40 in su sarà possibile eseguire accorpamenti amministrativi che le salverebbero praticamente quasi tutte rispetto alla versione iniziale degli standard. Per le monospecialistiche il criterio resta lo stesso, tranne per quelle di neuroriabilitazione che non avrebbero limiti. Per quanto riguarda i posti letto pubblici, fermo restando lo standard di 3,7 posti letto per mille abitanti, la revisione finale degli eventuali tagli, avrebbe abbassato l'asticella delle riduzioni dagli oltre 7mila posti letto in meno previsti ai tempi di Balduzzi (tra 14.043 in meno per acuti e 6.653 in più per la post-acuzie), a circa 3mila-3.500 tagli veri e propri. Entro il 31 ottobre poi si dovrà anche stipulare un'intesa sugli indirizzi per realizzare la continuità assistenziale con l'ospedale a domicilio del cittadino-paziente.
Per quanto riguarda la riabilitazione, secondo il Piano di indirizzo del 2011, entro sei mesi dal Patto si dovrà definire un documento di indirizzo che individua criteri di appropriatezza di utilizzo dei vari scenari riabilitativi, per garantire alla persona disabile un percorso integrato all'interno della rete riabilitativa.

Personale: un tavolo politico per cambiare l'accesso delle professioni al Ssn
La «gestione e sviluppo delle risorse umane» punta sulla «valorizzazione delle risorse umane» per favorire l'integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e la riorganizzazione dei servizi. Senza oneri per la finanza pubblica si intende. A regolamentare il tutto penserà una delega che dovrà essere attuata secondo una serie di principi scritti nell'ultima versione del Patto, quella su cui oggi c'è stata maretta tra Economia e Regioni, cassando del tutto le parti scritte dal Mef. Gli ambiti di azione sono quelli della rete ospedaliera, dei servizi territoriali e delle loro forme di integrazione e poi ancora le cronicità e le non autosufficienze. Con l'obiettivo di trovare comunque un collegamento alla recentissima riforma della Pa. Per questo la strada indicata nella bozza di Patto per la salute 2014-2016 prevede di «innovare» l'accesso delle professioni sanitarie al Ssn, di ridisciplinare la formazione di base specialistica e lo sviluppo di carriera con misure in grado di garantire maggiore flessibilità nei processi di gestione delle attività professionali e nell'utilizzo del personale a livello aziandale. Per farlo e per «razionalizzare» e «facilitare» l'accesso dei giovani medici al Ssn, Governo e Regioni dovranno istituire un tavolo “politico” ad hoc per individuare soluzioni normative anche in base a quanto accade negli altri Paesi Ue, che deve fare in fretta e concludere i suoi lavori entro il 31 dicembre 2014.

Intramoenia: legge Balduzzi assolutamente da applicare
Piena attuazione alle norme della Legge «Balduzzi (l. 189/2012)»: nel Patto è scritto che è ora di consentire il passaggio al regime ordinario dell'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria (Alpi) così come l'ha ridisegnata la legge 189/2012, modificando la legge di riferimento (legge 120/2007) con l'obiettivo di superare il regime derogatorio della cosiddetta “intramoenia allargata”, ossia la possibilità di esercitare la libera professione presso studi privati autorizzati. In particolare, la «Balduzzi» ha previsto che le singole aziende sanitarie eseguano una ricognizione straordinaria degli spazi disponibili per l'esercizio dell'attività libero-professionale, compresi i volumi delle prestazioni dell'ultimo biennio; in base ai risultati la Regione autorizzi ad acquisire, per acquisto, locazione presso strutture sanitarie autorizzate non accreditate, o convenzioni con altri soggetti pubblici, i necessari spazi ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari; se gli spazi non ci sono la Regione adotta un programma sperimentale per svolgere l'Alpi, in via residuale, presso gli studi privati dei singoli professionisti collegati in una infrastruttura di rete. Il tutto con un pagamento in chiaro delle prestazioni con l'obbligo di tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo e l'obbligo di Pos negli studi convenzionati e in rete telematica.

Prevenzione: più risorse (440 milioni l'anno) per il Piano nazionale
In coerenza con lo schema di Piano nazionale della prevenzione, in via di approvazione, Regioni e Province autonome all'art. 16 del Patto «convengono di confermare per gli anni 2014-2016, a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 1, del presente Patto, la destinazione di 200 milioni di euro l'anno, oltre alle risorse individuate a valere sulla quota di finanziamento vincolato per la realizzazione degli obiettivi di Piano sanitario nazionale (240 milioni)».
Il 5 per mille della quota vincolata per il Piano nazionale della prevenzione – è la novità introdotta dal Patto – sarà destinato a una linea progettuale per lo svolgimento di attività di supporto al Piano nazionale della prevenzione medesimo da parte dei network regionali dell'Osservatorio nazionale screening. evidence-based prevention, Associazione italiana registri tumori.

Veterinaria e sicurezza alimentare: tutela dei consumatori, obiettivo prioritario
Il Patto per la salute riconosce l'importanza del settore e ribadisce la necessità di una maggiore efficienza nella prevenzione, vigilanza e controllo. Il tutto deve avere come scopo il miglioramento della tutela della salute dei cittadini–consumatori, della garanzia e della qualificazione igienico–sanitaria e nutrizionale degli alimenti destinati al consumo. Non solo, in parallelo occorre garantire il benesse degli animali e la qualità dei loro alimenti, nonché la tracciabilità della filiera.
A questo fine, le aziende sanitarie locali dovranno ricevere dalle Regioni tutte le garanzie perché le strutture destinate a tutti questi controlli abbiano personale adeguato.

Cure all'estero: conctat point regionali e criteri certi per le autorizzazioni
È fissata al 31 ottobre la deadline per l'adozione delle linee guida sull'assistenza sanitaria transfrontaliera. Molti gli adempimenti e i diritti da disciplinare, ma la priorità assoluta sono i criteri di autorizzazione e rimborso e relative procedure amministrative «garantendo successivamente – si legge nel Patto – ulteriori indicazioni e aggiornamenti anche in base alle problematiche rilevate dalla casistica trattata».
Senza spese extra poi le Regioni dovranno istituire con risorse umane, strumentali e di bilancio disponibili i contact point regionali per consentire un efficace scambio di informazioni con il Punto di contatto nazionale, già attivo presso il ministero. Infine è costituito un gruppo di lavoro ministero-Agenas (l'agenzia sanitaria nazionale)-Regioni, è l'avvio di un'analisi delle norme sulle cure all'estero, «attesa la complessa applicazione delle stesse in modo omogeneo sul territorio nazionale», così da offrire ai cittadini «le massime garanzie di tutela» ma anche per «individuare e contenere fenomeni di ricorso inappropriato alle cure».

«Non vorremmo fosse un’occasione mancata». sottolinea Milanese, «nel Patto, infatti, non c’è riferimento in neanche una riga sullo sviluppo della sussidiarietà orizzontale sostenuta dall’Europa, né sul riconoscimento del ruolo del privato, nè sulla necessità di distinguere il ruolo di governance strategica da quella della produzione dei servizi, tempi caldeggiati, proprio in questi giorni, anche dall’Antitrust».

Ma non è tutto. «Nella bozza, così com’è, ci si dimentica anche di affrontare il tema dell’assistenza sanitaria integrativa e del ruolo delle Società di mutuo soccorso. Non troviamo», ha aggiunto il presidente, «neanche un passaggio sul potenziale dello sviluppo del terzo Settore come delineato nelle stesse Linee Guida del Premier Renzi che sarà in discussione in Consiglio dei Ministri».

Concludendo che «resta del tutto sommaria la previsione sulla farmacia dei servizi, messa in accostamento alla formula ambigua della medicina di iniziativa, mentre si dimenticano del tutto le potenzialità della rete farmaceutica per l’accesso alla rete dei servizi. Desta, infine, perplessità la costituzione di una cabina di regia del “NSIS” a cui spetta la verifica della “reale” attuazione della riorganizzazione delle cure primarie e il monitoraggio della qualità, efficienza ed efficacia dell’assistenza primaria, senza però alcuna previsione in ordine  ai potersi sanzionatori. Ci auguriamo si tratti solo di disattenzione. In caso contrario si tratterebbe di un preoccupante dietro-front».
 


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