Mondo

Reza: «Ora fotografo solo la pace»

Il grande reporter lancia il suo nuovo progetto sull’Afghanistan, sostenuto col crowdfunding

di Cristina Barbetta

Negli ultimi 30 anni Reza, uno dei più celebri fotogiornalisti al mondo, ha percorso più di 100 Paesi testimoniando i cambiamenti globali. È stato in prima linea in molte guerre, in particolare in Afganistan. Dove Reza, che è anche un appassionato insegnante e sostenitore dell’importanza dell’educazione, ha creato Aina, un’ong impegnata a sviluppare media indipendenti e ad educare soprattutto  le donne e i bambini all’uso dei media, contribuendo alla ricostruzione della società civile e allo sviluppo del processo democratico. Ora l’impegno del fotogiornalista iraniano si concentra su una nuova iniziativa, un e-book interattivo, intitolato “Afghanistan Peace Warriors”, che ha lo scopo di diffondere nel mondo le vite uniche dei  “guerrieri della pace” afgani, Massoud e i suoi ex compagni, e tutti coloro che combattono per la pace e la democrazia nel Paese.
Per realizzare l’e-book Reza ha lanciato, assieme a IndieVoices, piattaforma incentrata su progetti di giornalismo indipendente in Paesi in via di sviluppo, un’ innovativa forma di crowdfunding, il Phased Flexible Funding. Che ha eliminato il termine di 90 giorni entro il quale si dovevano concludere le operazioni. È possibile  suddividere il progetto in  fasi e finanziarle singolarmente, senza dover implementare l’intera iniziativa. Fino ad ora grazie al Phased Flexible Funding è stata portata a termine la prima fase del progetto, che si è concentrata sui contenuti del libro. Ora è in atto la seconda fase, che sviluppa l’applicazione dell’e-book.

Com’è nato il progetto dell’e-book sugli “Afghanistan Peace Warriors”?
Ho pensato di fare un e-book, e non un libro cartaceo, su uno dei Paesi più tradizionali al mondo per collegare una grandissima modernità ad una grandissima tradizione e colmare così questo divario. L’altro motivo per cui ho realizzato questo e-book è che avendo io passato molti anni in guerre e conflitti, sono diventato un pacifista, un “combattente per la pace”, uno che porta la pace nelle menti della gente. E l’Afganistan ha davvero bisogno di questo.

Chi sono i guerrieri della pace afgani?
Tra tutti gli afgani che conosco il più importante guerriero della pace per me è stato Ahmad Shāh Massoūd. Ha combattuto contro l’esercito russo, il più grande esercito del mondo, e l’ha sconfitto perché voleva liberare il Paese dalle forze di occupazione e portare pace e democrazia. Oltre a Massoud ci sono altri  guerrieri della pace, sconosciuti, che sono le migliaia di uomini e donne che nella vita quotidiana combattono per la pace e la democrazia. Molti di loro sono i nostri  studenti che  formiamo per diventare fotografi, giornalisti, registi, scrittori.

Qual è il contenuto dell’e-book?
Si tratta di uno spazio virtuale su internet che  potrebbe diventare un punto di riferimento per una determinata tematica. Chiunque si connetta potrà vedere tutte le mie fotografie, tutte le interviste e i film che ho realizzato sull’Afganistan. Ci saranno anche connessioni alle migliaia di media creati dalle migliaia di persone che abbiamo formato. Quindi è uno spazio unico dove si possono trovare tutte le informazioni relative agli occhi e al mondo di un fotografo.

Pensa che la tecnologia sia uno strumento importante per diffondere i sogni dei guerrieri della pace afgani?
La tecnologia è un mezzo per diffondere la conoscenza, per creare migliori connessioni tra le persone, e diffondere i sogni e il lavoro di coloro che fanno del bene all’umanità. Credo che l’e-book sia un modo per realizzare tutto questo. Il libro che stiamo realizzando è un e-book e un’applicazione allo stesso tempo. Non vogliamo fare solo un e-book, ma creare un nuovo modo di utilizzare la tecnologia, per portare alla gente tutto questo materiale sull’Afganistan, migliorare la vita  e promuovere cambiamento e comunicazione.

Di che cosa si occupa Aina?
Ho creato Aina dopo avere passato anni in mezzo alle guerre. Ho realizzato che i conflitti operano due tipi di distruzioni. Una fisica, materiale, ma anche una invisibile, che distrugge le persone al loro interno. E’ un trauma che distrugge culture, rapporti individuali, e nessuno pensa a come curare queste ferite invisibili. Queste osservazioni mi hanno portato a creare Aina.  Ho voluto fondare  un centro di formazione di livello molto alto per donne e uomini nelle zone di conflitto, per formarli in tutto ciò che sia in relazione con i media, dalla fotografia, ai video, alla radio, ai film…
Aina non fa solo formazione: aiuta gli studenti a creare la loro impresa media, li forma come manager e quindi li aiuta a diventare imprenditori sociali. Ho voluto iniziare in Afganistan (Aina ora è anche in Sri Lanka) per vedere come quest’idea poteva funzionare nel posto più difficile al mondo. E dopo 14 anni funziona perfettamente! Aina ha educato migliaia di persone, ha aiutato a creare centinaia di giornali in Afganistan, e più di 16 stazioni tv. Ha creato una stazione radio per le donne- “Afghan Women Voices”- , i nostri studenti hanno ricevuto Premi Pulitzer per la fotografia e  centinaia di riconoscimenti a livello internazionale, le donne che abbiamo formato sono state nominate per gli Emmy Awards per il primo documentario che hanno realizzato.  Inoltre Aina è la prima ONG in Afganistan a creare lavoro: quasi il 100% di coloro che sono stati formati con Aina ha ottenuto un lavoro.

Che senso ha educare all’uso dei media i bambini afgani?
Lavorando in molte aree del mondo, abbiamo fatto formazione alla fotografia  non solo ai bambini afgani. Stiamo formando anche centinaia di bambini in quartieri difficili in Sicilia e  in Francia. Credo che le persone più adatte a raccontare siano quelle che vivono la storia dall’interno:  per questo facciamo formazione per i  bambini disagiati nel mondo. Non facciamo solo formazione fisicamente, stando sul posto, ma anche a distanza con un nuovo progetto di  e-learning che ho lanciato due anni fa e che si chiama childrenseyesonearth.org. E’ un altro modo di formare i bambini e aiutarli a raccontare la loro storia tramite le immagini.   

Ritiene  che il Phased Flexible Funding abbia creato un precedente e che diventerà la norma? Ha in mente un altro progetto cui vorrebbe applicare il Phased Flexible Funding?
Penso che il Phased Flexible Funding dovrebbe diventare un precedente per il futuro, specialmente per i progetti media, dal momento che in questi progetti lavoriamo in fasi diverse e non abbiamo bisogno di avere tutto il finanziamento dall’inizio alla fine del progetto per lanciarlo. I nostri sono progetti a lungo termine e, in quanto tali, hanno bisogno di questo meccanismo innovativo. Il prossimo progetto che realizzerò con il Phased Flexible Funding si chiama “Exile Voices”. Formeremo centinaia di bambini nei campi per rifugiati perché diventino fotografi, giornalisti, scrittori, registi..

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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