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Operazione Colomba: Qui in Palestina la tensione è alle stelle
"La popolazione dei villaggi a sud di Hebron, da anni preda dei soprusi dei coloni, ora teme un ulteriore aumento delle operazioni militari, che già nei giorni scorsi aveva portato a effrazioni di case e perquisizioni senza mandato a causa del rapimento dei tre giovani israeliani", spiega uno dei volontari dell'Operazione Colomba, corpo civile di pace che cerca di mediare tra le parti in conflitto
“Non si può morire così, l’uccisione dei tre ragazzi israeliani, tra cui due minorenni, provoca molto dolore. E la situazione che si sta creando in queste ore provocherà ancora tanta sofferenza, la popolazione qui ha paura”. Paolo, 27 anni, parla dal villaggio in pietra di At Tuwani, nelle colline a sud di Hebron, Territori palestinesi. Lui è volontario del Corpo civile di pace dell’Operazione Colomba, ente legato alla comunità Papa Giovanni XXIII che da anni cerca di supportare la resistenza nonviolenta degli abitanti delle colline a sud di Hebron di fronte alla prepotenza della vicina colonia israeliana di Mahon (illegale secondo gli standard internazionali), una scelta che tenta di far rimanere umane le parti in conflitto. I corpi senza vita dei tre giovani sono stati ritrovati la notte precedente tra Hebron e Betlemme, a meno di un’ora da lì, e la prevedibile escalation della violenza sta prendendo piede rapidamente, con l’esercito israeliano che sta attaccando la Striscia di Gaza e intensificando le perquisizioni nelle case palestinesi alla ricerca dei rapitori, ancora oggi senza un volto, se non due nomi di militanti del movimento di Hamas di cui si sono perse le tracce dopo il rapimento, tre settimane or sono.
Come vive queste ore la popolazione locale?
Sono momenti molto tesi. Nelle scorse settimane, da quando i ragazzi erano stati rapiti, la già normale tensione del conflitto, che qui è sempre alta (sono quasi quotidiani i blitz dei coloni verso i campi o gli animali dei palestinesi, se non le intimidazioni ai bambini, come documenta attraverso video la stessa Operazione Colomba, ndr) è aumentata a dismisura. Ora, dopo la brutta notizia della loro morte, la gente si aspetta un aumento delle ostilità. Già nei giorni scorsi sono successi atti deplorevoli, come una perquisizione notturna illegale dei soldati in una casa, a 50 metri dove stiamo vivendo noi, dalla quale senza un motivo valido hanno portato via l’equivalente di 2500 euro che era la dote di una donna che sta per andare in sposa. C’è tensione, quindi, ma le persone sono pronte a gestirla con la calma che li contraddistingue. Proprio da queste parti è nato il Comitato di resistenza popolare nonviolenta delle colline a sud di Hebron", composto per la maggior parte da pastori, che si contraddistingue per essere molto efficace nel risolvere i conflitti con il dialogo, nonostante il contesto molto difficile.
Qual è l’opinione degli abitanti sul misfatto legato alle tre giovani vittime?
Fin dall’inizio sono stati concordi nel prevedere che il rapimento non avrebbe portato niente di buono, anzi. C’è dispiacere, perché ogni vita ha un valore, nessuna più di un’altra, che sia israeliana o palestinese. In tal senso senso, quindi non per logica contrapposta, hanno ben presente che in queste settimane di ricerche almeno altre quattro persone palestinesi hanno perso la vita. Detto questo, i palestinesi di questa zona non pensano siano stati membri di Hamas a rapire i ragazzi, perché non c’era assolutamente bisogno di un atto così assurdo in questo momento storico (proprio a inizio mese, per la prima volta, Hamas e l’altro principale partito, Al Fatah, avevano raggiunto un accordo, ndr). Il fatto è che non sanno più cosa pensare, e vivono in costante allerta, giusto stanotte abbiamo dormito sui tetti delle case in attesa di eventuali blitz.
Ci sono state altre azioni dell’esercito nei giorni scorsi?
Sì, ieri pomeriggio è passata una ronda di soldati e tra essi, cosa inaudita e preoccupante, abbiamo riconosciuto dei coloni con addosso l’uniforme. Poi c’è stata un’ulteriore situazione spiacevole (qui il video) ma, per fortuna, finita bene: gli abitanti della colonia hanno chiamato l’esercito perché dei bambini si sono avvicinati al pozzo confinante con il loro insediamento, comunque in territorio palestinese. I soldati hanno poi arrestato senza prove l’unico adulto presente accusandolo di avere lanciato sassi. Menomale che quando ci siamo recati sul posto con alcuni rappresentanti locali del Comitato, dopo un dialogo pacato i giovani soldati hanno rilasciato l’uomo, prestandoci addirittura il coltellino per rompere i lacci che ammanettavano il fermato. A volte l’umanità prevale, purtroppo non nella maggior parte dei casi, e questo è davvero uno dei crucci più grandi per chi ha a cuore il conflitto israelo-palestinese: l’impossibilità di un dialogo alla pari tra le parti in conflitto e nel rispetto della dignità umana.
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