Cultura

Terzo settore e dintorni. Contributo alla riflessione

Il contributo di Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione Ant onlus al dibattito sulla Riforma del Terzo settore alla luce della pubblicazione di libri che insinuano "sfiducia". Il valore dei professionisti nel mondo del non profit

di Redazione

Mentre proseguono i lavori per la riforma del Terzo settore, continuano a uscire libri in cui, dietro a titoli provocatori, si insinua nel lettore il dubbio sulla reale bontà di tutto ciò che non è, per definizione, “né stato né mercato”. Facendo parte di questo mondo, essendoci nata e lavorando ormai da quindici anni a tempo pieno a capo di una Onlus, dopo questa ennesima uscita letteraria mi sono posta il dubbio del perché ci siano state in quest'ultimo anno tante attenzioni un po' ambigue, a partire dal libro della Furlanetto per passare ai titoli più recenti. Quello che ho percepito tra le righe è più o meno questo: "Per carità, la maggior parte di voi è bravissima e le vostre opere sono meritevoli, ma non è molto chiaro come agite e c'è una parte di voi che non è proprio trasparente e quello che fa non è proprio chiaro". Questa sfiducia di sottofondo mi porta ad alcune riflessioni personali, genuine e ben lontane da un’istintiva difesa aprioristica.
 
Parlando spesso con le persone e confrontandomi sul tema del non profit, ho notato più volte che molti non hanno le idee chiare, anche tra coloro che potremmo definire “addetti ai lavori”. Spesso vi è sorpresa quando si apprende che i progetti delle organizzazioni sono portati avanti da personale pagato, e la sorpresa diventa disapprovazione quando si cerca di pagare in modo dignitoso tali persone. L'organizzazione è considerata meritoria di attenzione fino a che è piccola e gestisce bene il progetto per cui è nata, pur se poi non è in grado di replicare o di ampliare l'esperienza.
 
Si perde così di vista l’anima del non profit, che è fornire gratuitamente alle persone un determinato servizio. E, aggiungo io, farlo bene, a costi sostenibili e per un numero di persone più ampio possibile. Fare il volontario è la sublimazione dell'essere uomo e dell'amore che si dedica agli altri. Ma bisogna avere la lealtà di affiancare la propria dedizione a professionisti, i quali, oltre all'amore per il prossimo, possiedono la qualificazione e il tempo: valori che vanno evidentemente riconosciuti. Se poi le persone sono brave e competenti, non vedo il motivo di sottopagarle, come se le Onlus avessero, tra i loro fini istituzionali, quello di sfruttare le persone.
 
Fare un'offerta a un’organizzazione strutturata, con personale a pagamento, non è una cattiva azione. Ciò che è male, piuttosto, è dimenticarsi di verificare la trasparenza dell’organizzazione, la correttezza, l'efficienza e l'efficacia dei progetti.  Sono convinta che informare correttamente su questi temi sia interesse di tutti. Mi piacerebbe che le nostre associazioni di riferimento li affrontassero con maggior vigore, al fine di favorire la crescita serena delle singole organizzazioni, fare in modo che le persone possano continuare a porre fiducia nel nostro lavoro, escludere da certi meccanismi meritori fiscali e operativi chi non rispettasse determinati standard di efficienza, trasparenza, onestà.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.