Welfare

Disabilità: l’Italia alla conquista di Bruxelles

Il Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, Giampaolo Cantini, ha presentato ieri a Bruxelles il Piano d’azione dell’Italia sulla disabilità e lo sviluppo inclusivo adottato nel 2013 dal Ministero degli Esteri. L’obiettivo: condividere con la Commissione UE e gli Stati membri strategia e buone pratiche nell’ambito del dibattito internazionale sull’Agenda per lo Sviluppo Post-2015.

di Joshua Massarenti

Tra poco più di un anno, gli Obiettivi del Millennio lanciati nel 2000 dalle Nazioni Unite andranno in archivio per lasciare spazio a una nuova agenda per lo sviluppo, chiamata “UN’s post-2015 Development Agenda”. Chi possiede un minimo di domestichezza con le agende politiche internazionali come quelle dell’ONU, sa che gran parte delle decisioni più importanti si prendono molti mesi prima di quando vengono ufficializzate. E il settembre 2015, quando a New York si riuniranno i capi di Stato e di governo per sottoscrivere nuovi impegni a favore dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà, è dietro l’angolo. Come tanti altri paesi, l’Italia ha fretta.

Tra le sfide che la Farnesina intende portare al centro dell’attenzione, ci sono i diritti dei disabili, troppo spesso ignorati nelle politiche di sviluppo portate avanti dalla Comunità internazionale. Dopo aver sottoscritto la Convenzione ONU sui diritti delle Persone Disabili, l’Italia ha deciso di assumere la leadership politica sul tema della disabilità adottando nel luglio 2013 un Piano d’azione ad hoc con lo scopo di assicurare la piena implementazione della Convenzione adottata dalle Nazioni Unite nel 2006 e stabilire un quadro che garantisca il sostegno alle categorie sociali più vulnerabili ed emarginate. Ma senza alleati forti a livello globale, queste ambizioni rischiano di diventare carta straccia.

Per questo, la DGCS ha organizzato assieme alla Rete Italiana Disabilità e Sviluppo (RIDS) una conferenza presso la sede del Comitato economico e sociale europeo, a Bruxelles, con l’obiettivo di condividere con la Commissione UE, gli Stati membri e la società civile strategia e buone pratiche sulla disabilità nell’ambito del dibattito internazionale sull’Agenda per lo Sviluppo Post-2015. A dirigere la delegazione italiana era il Direttore Generale della DGCS, Giampaolo Cantini.
Direttore, che bilancio trae da questa conferenza?
L’obiettivo fondamentale era quello di presentare una buona pratica della Cooperazione Italiana ma soprattutto di condividerla con le istituzioni dell’UE – in particolare con la Commissione- nonché con gli Stati Membri e le organizzazioni della società civile. C’è stata una presenza importante di rappresentanti della Cooperazione Tedesca, Spagnola e della Commissione, tutti attori che osservano con grande attenzione le buone pratiche messe in atto dall’Italia a favore dei disabili. Ora si tratta di mettersi insieme, di creare un partenariato tra Istituzioni, Stati Membri, organizzazioni della società civile e soprattutto i nostri paesi partner per sviluppare un’azione comune: non solo per rafforzare le componenti di disabilità nei programmi di sviluppo ma anche  per mettere a punto degli strumenti di lavoro.
Nel concreto che cosa significa?
E’ opportuno sviluppare degli indicatori – i cosiddetti ‘markers di efficacia’ – simili a quelli adottati in altri settori, come ad esempio le tematiche di genere, elaborando a  monte dei dati su quanto è stato fatto. Sembrano obiettivi tecnici di poca importanza, ma l’elaborazione di una serie di target e di indicatori accresce la possibilità di includere la disabilità come un tema centrale di inclusione sociale, cruciale per le opportunità per l’impiego, anche nell’accesso a servizi sociali essenziali come l’istruzione e la sanità. In altre parole, ci consentirebbe di portare la disabilità al cuore dei futuri obiettivi di sviluppo sostenibili. II momento è opportuno per unire le forze e sviluppare un piano comune e sollevare questi temi nelle sedi internazionali. Ad esempio l’OCSE  DAC potrebbe essere la sede per un lavoro tecnico sui dati, sulla loro disaggregazione e sull’elaborazione di indicatori e di marker di efficacia.
In che modo l’Italia intende sfruttare il prossimo semestre europeo per portare avanti questa strategia?
A parte i gruppi di lavoro specializzati ed il dialogo sempre costante con le organizzazioni della società civile, direi che abbiamo due importanti finestre: la preparazione di una posizione comune dell’UE sull’agenda post 2015 e le opportunità che si offrono a noi per promuovere una comunicazione pubblica di larga scala. Penso al semestre di Presidenza dell’UE che spetta all’Italia tra luglio e dicembre 2014 e all’Anno europeo per lo sviluppo previsto nel 2015.
Perché l’Italia ha deciso di puntare sulla disabilità?
Intanto perché la cooperazione italiana ha sempre avuto una forte caratterizzazione nel sociale e perché esiste un dialogo molto forte con le organizzazioni non governative ed in particolare con RIDS, la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo con la quale abbiamo elaborato il piano d’azione. E’ un piano d’azione della cooperazione italiana ma in realtà è stato realizzato in maniera congiunta dalla DGCS e RIDS.
Le alleanze sono importanti per rafforzare un tema così particolare nell’agenda politica europea ed internazionale. Quali sono gli Stati membri pronti a seguirvi?
Oggi abbiamo avuto una testimonianza molto interessante della cooperazione tedesca, che ha elaborato un proprio piano d’azione, sviluppando azioni molto concrete.  Anche  i colleghi spagnoli ci hanno sostenuto nell’obiettivo di sollevare questi temi nel negoziato sull’agenda post 2015. Sicuramente altri Stati membri stanno sviluppando azioni in questo senso, ma la conferenza ci ha offerto due insegnamenti preziosi: esistono forti potenzialità, ma è necessaria un’azione di raccordo.

(articolo redatto in collaborazione con Evelina Urgolo)

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