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Bosnia e Serbia: sette giorni di cataclisma
Ecco la situazione dei paesi colpiti, lo scorso 15 maggio, dall'alluvione. È in atto la più grande emergenza ambientale della storia recente dei Balcani e la più grande emergenza umana e sociale europea dai tempi della guerra
di Redazione

Di seguito il report di Caritas “Catastrofiche alluvioni in Bosnia Erzegovina e Serbia” aggiornato al 19 maggio, con tutto quello che c'è da sapere sulla situazione nel Balcani. In allegato la versione integrale.

Dallo scorso giovedì 15 maggio, a seguito di incessanti piogge durate oltre 10 giorni e durate fino a domenica, è in atto la più grande emergenza ambientale della storia recente dei Balcani (mai precipitazioni così abbondanti nella storia di queste regioni da quando si è iniziate a misurarle cioè 120 anni fa) e probabilmente la più grande emergenza umana e sociale, paragonabile in alcune zone ai danni causati dalle guerre degli anni Novanta. Bosnia Erzegovina e Serbia sono i paesi più colpiti, su vastissime fasce del territorio. Alcuni aggiornamenti sono stati mandati nei giorni scorsi e si possono trovare in sintesi al sito di Caritas.

L'emergenza non si arresta, anzi continua e si allarga
Ha smesso di piovere da un paio di giorni ma l’emergenza in Bosnia Erzegovina e Serbia non sembra cessare. I fiumi che nei giorni scorsi hanno sommerso città e villaggi stanno continuando il loro percorso, sommergendo nuove città e nuovi villaggi. E mano a mano che i fiumi principali ricevono i loro affluenti già stracolmi, la piena continua a salire. Alcuni soccorritori bosniaci nella Posavina (regione nel nord est del paese) oggi hanno affermato che “laddove qualche giorno fa c’erano villaggi, oggi c’è il mare”.

In alcune aree l'emergenza sembrava passata ma la situazione si è di nuovo aggravata
Alcune situazioni che sembravano sotto controllo sono nuovamente peggiorate: il fiume Sava per esempio è riuscito a rompere gli argini rinforzati che erano stati creati sia in alcune zone della Bosnia Erzegovina (es. Bijeljina) sia in alcune zone della Serbia (es. Sremska Mitrovica, Sabac). Così anche il bilancio delle vittime sale di giorno in giorno (ad oggi sono almeno una cinquantina), ma la cosa più preoccupante è la mancanza di notizie chiare da alcune città molto colpite (Obrenovac in Serbia, Doboj in Bosnia Erzegovina) dove non sono ancora stati comunicati i numeri precisi delle vittime dell’alluvione. A Obrenovac, la città forse più colpita di tutto il paese, ci sono già state almeno 20 vittime e altre migliaia di persone sono fatte evacuare nei giorni scorsi. Oggi, dopo un paio di giorni in cui la situazione sembrava essere rientrata, è stato dato un nuovo ordine di evacuazione di Obrenovac perché gli argini rinforzati non hanno retto e l’acqua sta ritornando a invadere la città.

Dove l'acqua si è ritirata e le frane sono state rimosse, la situaizone è terribile
Stanno inoltre venendo alla luce i danni provocati dalle piene e dalle migliaia di frane nei giorni scorsi. In alcune aree infatti l’acqua si è ritirata ed in altre si è riusciti a rimuovere le masse più ingombranti di slavine, ed è finalmente stato possibile raggiungere alcune zone finora inaccessibili. Oggi gli operatori di Caritas sono riusciti a raggiungere la città di Maglaj (Bosnia Erzegovina), sommersa nei giorni scorsi, e a visitare don Josip, parroco locale. Ciò che si è presentato è stato terribile: fango da tutte le parti lungo le strade, case con i piani terra e i seminterrati completamente allagati ed inagibili, luoghi pubblici distrutti (mercati, luoghi di fede), persone che per iniziare a ripulire gettano in mezzo alla strada rifiuti di tutti i tipi, mobilio e oggetti devastati dall’alluvione. Il risultato è un ammasso di rifiuti e fango lungo le strade che difficilmente verranno rimossi in tempi brevi, il che pone grossi questioni sulle condizioni igieniche nei prossimi giorni.

Decine di migliaia di evacuati sistemati in strutture improvvisate
Sono preoccupanti i numeri delle persone evacuate. In Serbia ci sono città intere fatte evacuare, mentre in Bosnia Erzegovina il primo ministro ha dichiarato oggi che le alluvioni hanno costretto ben 950.000 persone a spostarsi! Un parte di loro è rientrata nelle proprie case quando le acque si sono ritirate, un’altra parte ha trovato accoglienza da partenti e amici, ma è ancora molto alto il numero di persone sistemate in improvvisate strutture di assistenza (palestre di scuole, case di riposo, studentati, caserme, fiere). Nella giornata scorse e oggi gli operatori di Caritas hanno visitato alcune di queste strutture sia in Bosnia Erzegovina (nelle città di Zenica e di Zavidovici) sia in Serbia (a Belgrado). Le condizioni della prima accoglienza sono discrete perché c’è una enorme solidarietà da parte della popolazione, che dona il materiale necessario e si mette a servizio volontario in queste strutture. Si pone però il problema delle persone che non riusciranno a rientrare nelle loro case: dove potranno essere ospitate nelle prossime settimane? Le strutture provvisorie dureranno forse 7‐10 giorni, ma poi?

I bisogni futuri
Nei prossimi giorni sarà più chiaro quantificare i tipi di bisogni che le comunità colpite si troveranno ad affrontare. Ma fin da ora è evidente che il dramma di questi giorni proseguirà ancora per mesi in altre forme: sono state distrutte e danneggiate case, negozi e fabbriche; sono stati allagate aziende agricole e distrutti ettari di raccolto; ci sono strade in cui sono crollate intere carreggiate e ponti che si sono sbriciolati. Il dramma di queste situazioni è rappresentato dalla storia di un allevatore di Bosanski Samac (Bosnia Erzegovina), di nome Cedo. Cedo già collabora con Caritas Italiana nel progetto di sviluppo rurale della regione; stamattina è giunta la notizia che Cedo, a causa delle piene, ha perso in un solo giorno tutta la sua azienda agricola, con ben 240 vacche. La Serbia e la Bosnia Erzegovina sono paesi che avevano già grosse difficoltà prima delle alluvioni, per cui è impensabile che ce la facciano da sole a ricostruire quanto distrutto e a ripristinare la normale vita delle loro comunità. Le prime stime dei danni, molto provvisorie, parlano di danni superiore al miliardo di euro.
L’impegno delle Caritas locali e di Caritas Italiana
Caritas Italiana si è immediatamente messa al servizio delle locali Caritas di Bosnia Erzegovina e Serbia, impegnate con tutti i mezzi per far fronte a una emergenza di tale portata. Sono già stati lanciati i loro appelli attraverso la rete di Caritas Europa, sui media locali e sui social network. Al momento le Caritas locali sono impegnatissime nella prima assistenza, nell’organizzazione di punti di raccolta, nella distribuzione di pasti caldi, nel fornire informazioni utili, nel coinvolgimento e nel coordinamento dei volontari. Nel weekend, le Caritas della Bosnia Erzegovina hanno organizzato una raccolta di materiali utili alle popolazioni alluvionate: acqua, cibo, medicinali, vestiti, oggetti per l’igiene personale, ma anche pale, stivali di gomma, pompe automatiche. Oltre 100 volontari si sono presentati ieri sera nel piazzale della parrocchia di Stup (Sarajevo), punto di raccolta nazionale del materiale, e hanno sistemato e ordinato le donazioni in ben 7 camion che sono stati oggi spediti verso le aree più colpite.
Come aiutare
Sulla base dei bisogni dal campo e delle necessità evidenziate dalle Caritas locali, le proposte che si potrebbero fare a tutte le persone di buona volontà, a tutte le Caritas diocesane e parrocchiali italiane, ed anche a Caritas Italiana sono:
- Informare e sensibilizzare, perché in Italia di tutto questo se ne parla ancora troppo poco mentre le dimensioni della tragedia sono tali da richiedere una maggiore attenzione pubblica, visto soprattutto che l’emergenza non è ancora passata.
- Avviare una raccolta fondi significativa, perché ci sono alcune grosse spese da sostenere fin da subito (acquisto di macchinari, materiali, medicinali..) e grosse spese soprattutto da sostenere nel prossimo futuro quando sarà necessario sostenere le famiglie e le comunità che hanno perso tutto con questa alluvione.
In copertina il centro di raccolta aiuti Caritas a Sabac
Il report è a cura di Daniele Bombardi, Carlo Bernardis e Angela Cesaroni
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