Politica

Lepri: la riforma servirà a cambiare il Terzo settore

«Sarà la leva per spingere anche i più timidi a modificare il loro paradigma», sostiene il senatore che ha partecipato ai lavori della task force voluta da Renzi

di Stefano Arduini

Stefano Lepri, senatore del partito democratico, oltre ad aver seguito da tempi non sospetti l’iter di riforma della legge sull’impresa sociale la 155/2006 (in coppia con il sottosegretario Luigi Bobba), è stato uno dei membri della task force incaricata da Renzi di scrivere le linee guida della riforma del Terzo settore. Dopo l’incontro le 70 associazioni del nostro comitato editoriale che il premier ha voluto tenere nella redazione milanese di Vita, ecco le sue considerazioni sul testo che, dopo la consultazione pubblica di queste settimane, il 27 giugno entrerà in consiglio dei ministri.  

Quali sono i punti fondanti a suo parere?
Ne indico tre: il servizio civile universale, che estende a tutti il diritto di mettersi al servizio della propria comunità. La riforma del codice civile e una nuova regolamentazione dell’impresa sociale. Mi pare poi importante che questi, come gli altri tasselli della riforma, siano inseriti in un disegno di riorganizzazione e semplificazione legislativa di tutto il comparto. Approdare a un testo unico sarebbe importante.

Per restare all’impresa sociale. Basta una legge per creare un clima favorevole a questa forma di impresa?
La legge è importante, perché crea un soggetto che pur rimanendo non profit e ponendo un limite alla remunerazione del capitale, apre queste aziende e i loro consigli di amministrazione ai soggetti profit e della pubblica amministrazione. Certo questo strumento non è adatto a chi cerchi rendimenti finanziari molto elevati, ma sarà molto appetibile a chi invece interessa proteggere il capitale dall’inflazione con rischi praticamente nulli (i tassi di mortalità dell’impresa sociale sono davvero bassissimi). Penso a singoli investitori che magari oggi guardano ai buoni postali, ma anche a università o imprese private che con spin-off di imprese sociali avrebbero da guadagnare anche in termini di credibilità e considerazione sul territorio.

Non ha citato i fondi pensione…
Anche loro possono senz’altro essere parte della partita, l’approccio che hanno è assolutamente compatibile ai tetti di rendimenti su cui stiamo lavorando. Occorre però modificare la normativa che li regolamenta. Un passaggio che abbiamo all’ordine del giorno.

La riforma implica anche una modifica del paradigma delle organizzazioni non profit. Crede che il settore sia pronto ad assumere un ruolo da protagonista?
In parte sì. Se guardo per esempio al mondo delle imprese sociali de facto, vedo un panorama favorevole. Per il resto penso che proprio questa riforma sia la leva con cui spingere il Terzo settore al cambiamento
 

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