Politica

«Il Civil Act di Renzi è nato così». Parla Bonacina di “Vita”

Ecco la ricostruzione di Europa quotidiano

di Lorenzo Biondi

Alla Festa del volontariato di Lucca Matteo Renzi aveva fatto una promessa. Tempo un mese, e avrete delle linee guida per una riforma delle leggi sul terzo settore. A intervistarlo c’è Riccardo Bonacina, direttore del magazine del non-profit Vita, e Renzi lancia la sfida: dateci una mano, e in un mese il disegno di legge sarà pronto. Era il 12 aprile. Ecco spiegata la fretta, quel tweet di Renzi a mezzanotte e un minuto del 13 maggio. Un minuto in ritardo, poco male. Le linee guida sono pronte, ora andranno tradotte in decreto. Il governo – il fascicolo era in mano a Maria Elena Boschi, che ha lavorato insieme ad alcuni esperti del settore e ai parlamentari del Partito democratico – ha dovuto correre.
 

Ma Bonacina, che prima di “ispirare” Renzi sulle linee guida è stato ospite della Leopolda dal 2011 in poi, promuove in pieno il risultato. Ci sono novità di rilievo, dal nuovo servizio civile alla riforma del 5 per mille. Lo chiama «Civil Act», cioè il tentativo di creare «un pavimento su cui si possa poggiare un mondo che è cresciuto a colpi di legislazione speciale».


 

Le linee guida parlano di «delimitare in modo più chiaro l’identità del terzo settore»: c’era bisogno?
«Oggi siamo ancora fermi al codice Rocco del 1942, che vede solo stato e mercato; tutto ciò che sta in mezzo semplicemente non esiste e deve chiedere il permesso alle prefetture per operare. Da allora si è proceduto per scorciatoie fiscali, con una sovrabbondanza di misure spesso in contraddizione tra di loro. Ci voleva un Civil Act. L’ultima rilevazione Istat, per il periodo 2001-2011 dice che ci sono trecentomila realtà non-profit in Italia, e che il 67 per cento non ha un riconoscimento legale. I vari “vestiti” cuciti finora non si adattano al mondo reale».

Si fa anche riferimento a soggetti «poco trasparenti» che operano nel sociale: c’è chi fa il furbo?
«Basta guardare il catalogo di chi può percepire il cinque per mille. Ogni anno qualche giornale si chiede cosa c’entri lì in mezzo uno yacht club. La finalità sociale deve essere chiara e definibile: per questo è giusto che nelle linee guida si parli della formazione di un’Authority per il terzo settore, come in tutti i paesi civili».

Non c’è il rischio di creare un ente inutile?
«Penso di no: la legge sulle onlus aveva creato l’Agenzia per le onlus, poi rinominata Agenzia del terzo settore. Era una forma di controllo essenziale, oltre che di promozione, che è stata liquidata dal governo Monti all’inizio del 2012, passando le sue prerogative a una direzione del ministero delle politiche sociali. Ma una relazione della Corte dei conti ha dimostrato che quella direzione ha prodotto molto poco: bisogna stare attenti a come vengono spese le risorse».

A proposito di risorse: le linee guida hanno un occhio di riguarda per chi fa «finanza etica».
«Ci sono istituti che emettono “titoli finanziari etici” che chiedono un trattatamento fiscale privilegiato. Un altro aspetto interessante: il governo Monti ha previsto il crowdfunding per le start-up. Chi partecipa al finanziamento di un’azienda innovativa, può partecipare al suo azionariato. Sarebbe una misura utile anche per l’impresa sociale. E poi ci sono i social bond, titoli di solidarietà emessi da banche: anche lì si tratta di aggiornare una legge che già c’è».

Anche la legge sul volontariato risale al 1991…
«Sono cambiati i tempi. Per fare un esempio: nel frattempo è cambiata la costituzione, col nuovo articolo 118 sulla sussidiarietà, e quella legge non lo recepisce. E intanto si impara dagli errori, come per il servizio civile: c’erano giovani che volevano impegnarsi e non glielo lasciavamo fare».

da Europa del 14/5/14


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