Politica
Zamagni: «Il non profit, forza economica. Ecco la svolta di Renzi»
«È uno sdoganamento del Terzo settore riconosciuto come componente economica e strategica del Paese». Intervista all'economista che è stato uno degli ispiratori delle proposte di Renzi
«Finalmente sono state accolte le idee che da anni andiamo seminando. Dopo un quarto di secolo di nulla di fatto, le cose si rimettono in movimento». Stefano Zamagni con il suo lavoro e la sua riflessione è tra i personaggi che hanno preparato il terreno a questo progetto complessivo di riforma del Terzo Settore messo in campo questa mattina da Matteo Renzi. «L’importante è aver affrontato tutte le questione insieme con una visione organica, per superare il settorialismo che ha caratterizzato la legislazione sino ad oggi», spiega Zamagni.
Veniamo ai punti principali. Al primo, c’è un cosa che le sta molto a cuore, la Riforma del Libro I del Codice Civile…
È una cosa che mi dà molta gioia, anche perché in questi anni ho dovuto combattere anche con tanti esponenti del Terzo settore che si contrapponevano alla riforma con argomenti speciosi e privi di fondamento. Questa è la madre di tutte le riforme, perché senza cambiare il Codice civile, resta solo spazio per leggi di settore. Invece è fondamentale che si possa dire con chiarezza che si può fare pienamente impresa pur senza porsi obiettivo di lucro. È uno sdoganamento del Terzo settore come componente economica strategica.
Si parla anche di Authority del Terzo settore…
Sì, e non più semplicemente di Agenzia, come quella che è stata chiusa da Monti, che non aveva poteri e che equiparava per questo il Terzo Settore a un settore minore.
Nei 29 punti delle proposte Renzi sembra chiara l’impostazione che valorizza la sussidiarietà...
Sì, e anche questo è un segnale della svolta vera: che il terzo settore non è più guardato solo per le sue attività solidali, culturali o di advocacy, ma come soggetto economico a pieno titolo. I voucher sono gli strumenti di questa svolta, in quanto legittimando la domanda mettono i portatori di bisogni nelle condizioni di scegliere in tutti gli ambiti. E qui troveranno un Terzo settore in grado di competere per qualità e universalità dell’offerta.
Il servizio civile universale la convince?
Ceramente, anche perché non viene detto che è obbligatorio. Ci sono due motivi per cui il servizio civile in questi termini diventa una grande chance per l’Italia. Il primo motivo, perché è una risposta concreta che affronta il tema del lavoro giovanil. Il servizio civile può essere davvero un’esperienza propedeutica che facilita formazione e poi l’occupazione. C’è anche un secondo motivo, più di fondo ma non meno importante.
Qual è?
Un’esperienza così aiuterà quel processo di accumulazione di capitale civile che in questi ultimi decenni in Italia si è fermato e che è una ragione non ultima del declino che abbiamo vissuto. La fagilità di capitale civile è la ragione per cui l’inventività italiana, che è ricchissima, non si trasforma mai in innovazione. Si elabora l’idea, ma non si arriva a declinarne la convenienza. L’innovatività è ciò che rende produttiva l’inventività: ancora una volta parliamo quindi processi economici in cui il Terzo settore riveste una funzione fondamentale. Il servizio cvile, come dice la parola, va nella direzione di ricostituire quel capitale.
Se l’aspettava da Renzi una riforma così completa?
Ha avuto la forza di ribaltare uno schema inaccettabile: quello secondo cui il mercato elabora i fini e la politica invece si occupa dei mezzi. Renzi a differenza dei suoi predecessori, che magari non avevano idee diverse da queste, ha avuto il coraggio di capire il punto: che la politica deve riappropriarsi di spazi che sono suoi. Deve ricominciare a occuparsi dei fini.
Non teme resistenze?
No. I conservatori, anche nel Terzo settore, vincono le battaglie ma non le guerre. E poi il corso della storia spinge da questa parte.
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