Mondo
Da Monza a Perugia, l’Italia si mobilita per la Siria
Raccolta viveri, materiale scolastico, medicinali da portare nel paese dilaniato dalla guerra civile, associazioni grandi e piccole che si mettono in rete per non far passare sotto silenzio quanto accade sulla sponda opposta del Mediterraneo. Ecco il network Monza per la Siria e il festival Fidem (dal 9 all'11 maggio) a Perugia: due esempi virtuosi dell'Italia che combatte l'immobilismo della comunità internazionale
Il silenzio della comunità internazionale sulla Siria è tanto tragico quanto le bombe e il fuoco incrociato che dal marzo 2011 stanno decimando la popolazione civile. Lo sanno bene le poche organizzazioni non governative presenti nel paese mediorientale, così come le centinaia di persone che, in Italia, stanno dedicando parte della loro vita a far conoscere ad amici e concittadini quanto accade nel luogo oggi più pericoloso del mondo: persone che raccolgono cibo, vestiari o altro e organizzano spedizioni per portare direttamente gli aiuti nei campi profughi e nelle scuole al confine con la Turchia, gruppi informali o associazioni nate ad hoc che vanno nelle scuole a raccontare quello che accade e organizzano eventi di sensibilizzazione e raccolta fondi lungo tutta la penisola. C’è un Italia dietro le quinte, che da tempo si sta rimboccando le maniche, con risultati stupefacenti e soprattutto concreti se paragonati all’immobilismo dei governi delle superpotenze che non sono riusciti a oggi a fermare i massacri del regime siriano e l’avanzata dell’integralismo islamico nelle file degli oppositori al presidente Bashar Al Assad (gli stessi fondamentalisti che da oramai 11 mesi tengono nascosto al mondo il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, uno dei massimi esponenti del dialogo islamo-cristiano nel mondo).
“Siamo come zanzare rispetto a un dinosauro, ma l’importante è esserci”, sottolinea Lorenzo Locati, che all’Istituto d’arte di Monza fa il professore di Educazione fisica ma che dal marzo 2013 (allora con il progetto 'Pasqua in Syria') non perde occasione per girare l’Italia nelle scuole, “dalla materna alle superiori”, e negli altri luoghi dove viene invitato per raccontare quello che ha visto nei propri viaggi di consegna del materiale raccolto: scolastica, medicinali e viveri, soprattutto. Locati con alcuni conoscenti ha fondato la onlus Insieme si può fare, nella quale si alternano decine di volontari nella raccolta e preparazione delle spedizioni (tra le varie iniziative, l’ente ha lanciato ‘Spediamo un container’, chiedendo alle aziende della zona di sostenere il costo di 3.500 euro necessario per l’invio di un carico), e nel tempo ha costruito una rete che ha permesso, pochi giorni fa, il lancio di Monza per la Siria, progetto comune con le sezioni monzesi di Croce rossa italiana, Unicef Italia ed ExtremeLife onlus. “Un ottimo esempio di come possano collaborare esperienze di aiuto diretto come la nostra ed enti più strutturati e legati a progetti di sviluppo e aiuto umanitario ad alti livelli”, specifica Locati. Il valore aggiunto, del resto, sta proprio nell’unione delle forze: a Monza il Comune s’è accorto subito di questa iniziativa pluriassociativa tanto da aderirvi fin dal suo lancio, avvenuto martedì 6 maggio e che prevede un primo evento congiunto dal 15 al 23 maggio, ovvero la mostra fotografica Shots on Syria con scatti degli operatori della Cri e della Mezzaluna rossa.
E proprio un operatore della Mezzaluna è stato il riferimento in loco per l’ultimo viaggio di Insieme si può fare, conclusosi domenica scorsa: Locati e il fotografo Salvatore De Vinti hanno consegnato alla scuola orfanotrofio di Azaz, dove dimorano 140 bambini orfani di guerra, tre quintali di materiale scolastico. “Ogni volta che ci rechiamo in quelle zone la situazione peggiora”, riporta Locati, “uno degli elementi più preoccupanti è il continuo allestimento di nuovi campi profughi, destinati a ospitare le probabili decine di migliaia di persone che a breve fuggiranno da Aleppo, città storica ma in cui le condizioni di vita sotto le bombe sono sempre più precarie”. Un ultimo computo degli sfollati parla di sette milioni in fuga, di cui almeno quattro milioni che si sono spostati in altre zone del paese e il resto nei paesi confinanti. Insieme si può fare, così come altre valide associazioni sorte dopo lo scoppio del conflitto (tra cui le onlus Insieme per la Siria libera, che sta anche aiutando le centinaia di profughi siriani alla stazione centrale di Milano a trovare alloggi temporanei, Il cuore in Siria, che ha base tra Forlì e la Lombardia, We are, molto attiva nel modenese ma non solo, e Rose di damasco, nella zona di Como), offrono un circoscritto ma fondamentale contributo per dare a queste persone l’unica cosa che la guerra non ha ancora sottratto loro: la speranza.
Da Monza a Perugia, l’impegno civile non arretra di un passo: nella centrale piazza Italia del capoluogo umbro dal 9 all’11 maggio si tiene il Fidem, Festival delle idee euro mediterranee, promosso dall’omonima associazione che dal 2009 si occupa di diffondere l’importanza del dialogo e della cooperazione tra i paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo. L’edizione di quest’anno, che prevede una mostra mercato, una raccolta di abiti usati (il nome del progetto è Nati nudi) e la possibilità di acquisto e degustazioni di prodotti umbri e della dieta mediterranea è incentrata sulla Siria, e parte del ricavato verrà usato per finanziare la seconda missione umanitaria dell’associazione dopo quella del Natale 2013. Anche in questo caso è la rete di enti che rende ancora più virtuosa l’iniziativa: il festival ha come partner anche la federazione Humana people to people onlus, l’ong Pari o dispare, il marchio etico Simply Med, il consorzio di giovani produttori Umbria grida terra e Radio Radicale. L’attività di Fidem, infine, non si esaurisce con il festival e le spedizioni umanitarie ma tocca anche l’informazione diretta, essenziale soprattutto in casi come quello siriano dove la propaganda delle parti in conflitto è molto potente e fuorviante: tramite una serie di interventi via skype con associazioni della città di Antiochia (Antakya) e dei dintorni, l’associazione fa da antenna sul territorio italiano di quanto sta realmente accadendo nell’inferno della guerra civile della Siria, costata in poco più di due anni la morte a quasi 150mila persone, tra cui decine di migliaia di bambini.
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