Non profit

Prima irrise, poi criticate e infine temute: sono le leggi regionali noslot

Per Assointrattenimeno a causa delle leggi regionali noslot ci si avvia all“implosione dell’industria legale del gioco" con la possibile perdita di 200.000 posti di lavoro. Ma è davvero così? I conti non tornano, soprattutto considerando che il più grosso operatore, Lottomatica, impiega solo 1600 dipendenti in Italia.

di Marco Dotti

C’è preoccupazione dalle parti delle associazioni di categoria che raggruppano gli operatori del settore “gioco”. In un comunicato pubblicato il 28 aprile dall’Associazione dei Gestori degli apparecchi da intrattenimento (Assointattenimento – As.Tro) dà per certo che “l’implosione dell’industria legale del gioco è già in fase di conto alla rovescia”.
Questa industria, che allo Stato frutta sui 12 miliardi di euro di entrate annue, garantite da privati in base a un sistema di concessioni e licenze, muove un flusso di denaro (tecnicamente: il volume di gioco) di oltre 130 miliardi di euro solo in Italia, 50 dei quali  provenienti dalle sole “macchinette”.
Si tratta, però, di un gigante dai piedi d’argilla se per farlo tremare bastano alcune leggi regionali noslot. Leggi regionali che colpiscono come possono, visto che lo Stato si è riservato la competenza ultima sul tema. 
La preoccupazione di Assointrattenimento è tutta diretta verso queste leggi e nei riguardi della mancata impugnazione da parte del governo di quelle della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia.
Oltre alla preoccupazione per il proprio settore, però, nello stesso comunicato si sostiene che a causa delle leggi no slot di cui sempre più regioni si stanno dotando sarebbe a rischio l’occupazione di 200.000 lavoratori.  Già nello scorso ottobre, le associazioni di categoria, con Confindustria Sistema Gioco Italia in testa, avevano paventato l’eventualità che, a causa della normativa noslot della Liguria, perdessero il posto di lavoro 1000 persone. Un numero eccessivo, anche per una regione di 1.617.000 abitanti. Ma davvero sarebbero 1000 persone a rischiare il posto? La cifra tonda, 1000 o 200.000 lascia più di un dubbio. As.Tro e Confindustria sono solitamente attenti alle cifre, su cui non a caso basano gran parte della loro – legittima, ripeto – attività di tutela del settore. 
Finora la guerra dei numeri era però stata condotta sui malati e sulle esternalità, chiamiamole così, del sistema: quanti sono i giocatori patologici? Quanti i giocatori problematici? Quanti i giocatori tout court? Da oggi, probabilmente, si assisterà alla disputa sul numero delle persone che effettivamente lavorano in questo settore.
Anche Confindustria Sistema Gioco, a cui As.Tro aderisce, accenna a 200.00 addetti, distribuiti in 6.600 imprese (potete vedere il prospetto allegato). Confindustria parla però di un generico “bacino occupazionale” e di “filiera del gioco e dell’intrattenimento”.

Il punto è proprio questo: quanti addetti sono direttamente occupati nel settore del gioco? Prendiamo ad esempio Lottomatica (Gtech Spa): dal suo bilancio sociale risulta che i lavoratori impiegati sul territorio italiano, a fronte di ricavi per 3,6 miliardi di euro, sono 1562: 1011 uomini e 551 donne. A noi pare che i 200.000 addetti di cui parla Assointrattenimento siano troppi. A meno che nella cifra non siano inclusi anche baristi, tabaccai e operatori di servizi che non sono direttamente e esclusivamente impegnati nel settore del gioco. Poi c’è l’indotto. Un indotto fatto di “padroncini” che trasportano e fanno manutenzione alle macchine, installatori, elettricisti, società di vigilanza e di sicurezza, società che installano sistemi di allarme (ogni bar ne deve avere uno, visto il flusso di denaro alimentato dalle “macchinette”) e tutti quegli artigiani manutentori, produttori di macchinette, trasportatori che rientrano però nel settore del lavoro autonomo. In tal caso, però, dovremmo allargare le maglie dell’indotto inserendoci anche negozi di acquisto e vendita dell’oro, società di finanziamento e cessione del quinto dello stipendio e, perché no, anche studi di psicologi, psicoterapeuti e quant’altro. Insomma, se la guardiamo da questo punto di vista l’occupazione c’è, ma fondata su che cosa?


Il livello occupazionale diretto risulta invece molto, molto più basso e – sempre parer nostro – in diminuzione, vista l’avanzata dell’automatico che può tranquillamente sostituire un cassiere o una cassiera con una macchina (un esempio sono i negozietti di distribuzione automatica di cibo e bevande che sempre più numerosi si vedono nei centri delle città).La preoccupazione di As.Tro è più che lecita e comprensibile rispetto agli interessi che As.Tro stessa si premura (sempre legittimamente e comprensibilmente) di tutelare. Ma quella della paventata crisi occupazionale sembra una coperta troppo corta, rispetto ai 17,8 miliardi del netto complessivo che nello stesso comunicato apprendiamo essere l’utile d’affari del settore.
Su un punto, però, As.Tro ha ragione: le leggi regionali, che fino a qualche tempo fa venivano date per inutili anche in settori di Confindustria, si riveleranno presto, con le nuove concessioni, sistemi a orologeria: dal 2017 infatti sarà ben difficile aprire una nuova sala giochi o installare apparecchi in un territorio che, tra divieti e richieste di autorizzazioni, sta diventando a macchia di leopardo. 
Il settore del gambling appare dunque preoccupato perché Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Agide, Toscana, Puglia, Abruzzo e presto anche Veneto e Umbria, che rappresentano il 75% del territorio nazionale, pur non potendo rimuovere le “macchinette”, stanno “implementando ogni giorno le condizioni per che ciò avvenga”.

Sembra dunque che questo tanto paventato “effetto finale” sia piuttosto l’esito virtuoso di un processo di critica dell’esistente, che laa conseguenza catastrofica di un’azione civile non conscia delle proprie conseguenze. L’apocalisse futura paventata dagli operatori del gioco lecito è in realtà il disastro quotidiano di centinaia, migliaia di famiglie di cittadini, lavoratori o disoccupati che vedono erose le proprie già esigue risorse solo perché hanno avuto la sventura di dover assistere un compagno, una moglie, un famigliare che ha dilapidato risparmi e futuro nel software di una “macchinetta”. Dare risposta e voce alla loro sofferenza è dovere di tutti.

@oilforbook

 

 

 

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