Cultura

Betrame-Quattrocchi: i coniugi beati,fondatori dello scoutismo

L'Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani), sottolinea l'importanza della beatificazione dei coniugi Betrame-Quattrocchi, anche per l'associazione. La loro biografia

di Redazione

Domenica 21 ottobre Papa Giovanni Paolo II ha proclamato beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi proponendoli alle famiglie come sposi esemplari. È la prima volta in assoluto che, nella storia della Chiesa, una coppia è innalzata all’onore degli altari per le sue virtù coniugali e famigliari. L’Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani) partecipa a quest’evento del tutto eccezionale in modo particolare. Si tratta, infatti, dei primi beati scout italiani: Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi. Entrambi, ma in particolare Luigi Quattrocchi, furono assai legati allo Scautismo fin dagli inizi, partecipando alle prime riunioni di fondazione dell’ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana. Biografia dei coniugi Quattrocchi L’esperienza scout di due sposi beati a cura di Paola Dal Toso Incaricata nazionale al Centro Documentazione Agesci Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi sono stati proclamati beati da Papa Giovanni Paolo II domenica 21 ottobre. È la prima volta in assoluto che nella storia della Chiesa una coppia è innalzata all’onore degli altari per le sue virtù coniugali e famigliari. Anche l’Agesci partecipa a quest’evento del tutto eccezionale ed ha motivo di essere onorata perché si tratta dei primi beati scout: Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, ed in modo specialissimo Luigi, furono assai legati allo Scautismo fin dagli inizi partecipando alle prime riunioni di fondazione dell’ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana). Oggi l’Agesci esprime la propria riconoscenza a Luigi e Maria per la loro esemplare testimonianza che è proseguita in modo fruttuoso attraverso il servizio di assistente ecclesiastico reso all’associazione dal figlio, don Tarcisio, noto come “don Tar – Aquila Azzurra”. In Agesci lo conoscono tutti perché per anni è stato assistente di “Scout Avventura” e soprattutto perché è l’autore del testo della canzone: Al cader della giornata. A novantacinque anni, continua il servizio scout ed è il più anziano assistente ecclesiastico e Foulard Bianco in Agesci. Vedere uno dei propri capi elevato all’onore degli altari costituisce sicuramente un motivo di decoro e di testimonianza per tutta l’Agesci. Maria e Luigi non hanno fatto nulla di eclatante nella loro vita, se non dedicarla completamente e totalmente al loro amore coniugale e alla loro missione di genitori e di educatori, nutrendosi della Parola di Dio e dell’Eucarestia e traendo dal Signore la forza per affrontare in santità il quotidiano. Le “virtù eroiche” di questi sposi e genitori più volte esplicitamente manifestate nei fatti della loro vita: la difficile decisione di “lasciar fare” a Dio quando tutti consigliavano di interrompere la gravidanza a rischio che portò alla nascita della quarta figlia; la serena accettazione della scelta vocazionale dei primi tre figli; la sofferenza per la loro lontananza anche durante il conflitto mondiale. Ma la sintesi estrema del comune spirito di questo fulgido esempio di vita matrimoniale sta nelle parole stessa di Maria: «vita terrena vissuta nel perenne pensiero, ispirato da Dio stesso, di rendere felice la persona amata… La bellezza del canto degli uccelli, di un fiore, di un tramonto, di una vetta… tutto sentito insieme, con un solo palpito, una sola vibrazione di godimento e di gioia». Il servizio scout di Luigi Beltrame Quattrocchi Il servizio scout iniziò per l’avvocato Luigi in coincidenza con l’iscrizione al Riparto Roma V, appena fondato dal padre Giuseppe Gianfranceschi s.j., dei due figli maschi. Entrò a far parte del Consiglio Direttivo; ne divenne il primo Presidente e rappresentante all’Assemblea Generale del 1918, che lo nominò membro del Commissariato Centrale ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana), con successivi rinnovi annuali e con l’incarico specifico della “propaganda in pro”: oggi potremmo dire, “Responsabile Nazionale alla Stampa e alle Pubbliche Relazioni”. Luigi frequentava con assiduità le riunioni settimanali del Commissariato Centrale ASCI, a fianco del primo Presidente italiano, il Conte Mario di Carpegna, dell’illustre scienziato gesuita padre Gianfranceschi (che poi, volò con Umberto Nobile sul Polo Nord), Mario Cingolani, Mario Mazza, Cesare Ossicini, Paolo Cassinis, Salvatore Salvatori, Salvatore Parisi. Nelle discussioni e nelle decisioni portò il suo contributo con l’equilibrio, l’acume e la modestia che lo caratterizzavano, nonché la sua esperienza e testimonianza di fede assai apprezzate. Le riunioni si tenevano a Roma nel celebre punto di riferimento dei movimenti cattolici nazionali al numero 70 di via della Scrofa, dove aveva occasione di incontrarsi e tessere rapporti con alcuni dei maggiori esponenti del laicato cattolico maschile del tempo, in particolare con “papà” Paolo Pericoli, allora Presidente nazionale della Gioventù Cattolica – che era della sua stessa parrocchia di San Vitale -, col conte Pietromarchi, col marchese senatore Filippo Crispolti, con l’onorevole Filippo Meda, con Egilberto Martire, oltreché con l’assistente, monsignor Pini. Spesso si faceva accompagnare da Filippo o da Cesarino, i quali attendevano in anticamera il termine delle lunghe sedute, felici di poter poi tornare a casa a piedi con il papà, scambiando interessanti e cordiali chiacchierate con lui. Durante le riunioni di Commissariato Centrale ASCI, Filippo, che aveva la specialità di ciclista, veniva spesso incaricato di recapitare in bicicletta lettere ai vari dirigenti associativi residenti nel centro di Roma. Nel 1919 Luigi Beltrame, colpito dalla situazione di abbandono dei ragazzi di strada del rione popolare della Suburra, un settore spiritualmente e moralmente depresso e abbandonato del medesimo quartiere Esquilino, insieme con un collega dell’Avvocatura erariale, il professore avvocato Gaetano Pulvirenti, amico carissimo e di pari sensibilità religiosa, fondò e diresse nei locali attigui alla basilica di santa Pudenziana in via Urbana, un oratorio festivo che in breve si popolò di ragazzi da evangelizzare. In seguito, per maggiormente animare e rendere più stabile l’iniziativa, Luigi decise di fondare tra quei ragazzi un nuovo reparto di scouts, convinto che il metodo scout potesse essere un valido strumento per attirare alla Chiesa tanti ragazzi, sbandati e a rischio. L’idea trovò l’adesione plebiscitaria di quei ragazzi, ai quali nessuno prima d’allora si era interessato. Così nel 1919 nacque il Riparto Roma XX, che Luigi diresse fino al 1923, inizialmente con sede a santa Pudenziana, e poi nella parrocchia di san Vitale, in via Nazionale, n.194. Luigi desiderò che i due figli, Filippo e Cesare, lasciassero l’ambiente d’élite del Roma V per quello della nuova fondazione. E loro, orgogliosi di affiancare il babbo, diventarono con lui, le colonne portanti del nuovo Riparto, fino a quando il Signore non li chiamò entrambi a sé nella più alta missione sacerdotale. Il trasferimento al nuovo gruppo rappresentò per i due fratelli un sacrificio non piccolo, ma lo fecero volentieri. Il 12 dicembre 1921 Luigi fu nominato Consigliere Generale, incarico che mantenne ininterrottamente fino al 1927, quando l’ASCI fu soppressa dal Fascismo. Una donna nell’ASCI La signora Maria Beltrame Quattrocchi, madre sensibilissima e straordinaria educatrice alla Fede, autrice di molti libri di spiritualità e di pedagogia, fu membro attivo del Consiglio Centrale dell’Unione Femminile Cattolica Italiana e membro effettivo del Segretariato Centrale di Studio prodigandosi per la diffusione della Fede. Con sensibilità tipicamente materna si impegnò attivamente dal punto di vista educativo, affrontando alcune problematiche pedagogiche anche in testi scritti personalmente e indirizzati alle madri. Per conoscere maggiormente la proposta educativa scout, nel 1918 Maria Beltrame Quattrocchi volle partecipare ad un “corso per corrispondenza” sui valori dello Scautismo, finalizzato ad una sua maggiore diffusione in Italia. Ne conseguì il relativo diploma di idoneità con un encomio personale per aver conseguito punti non inferiori agli otto decimi scritto il 24 giugno 1919 dal conte Mario di Carpegna, fondatore dello Scautismo cattolico e primo Presidente dell’ASCI. A conclusione di tale corso, diciassette furono i partecipanti idonei, dei quali quattro ricevettero l’encomio. È significativo constatare che Maria Beltrame Quattrocchi si distinse in un gruppo costituito sostanzialmente da uomini; infatti, insieme a lei frequentò il corso una sola altra donna. È indubbiamente strano incontrare queste due presenze femminili in un contesto associativo, quale quello della “prima” ASCI, del tutto maschile. L’interesse espresso da Maria dovette essere assai motivato sul piano pedagogico, per spingerla a muoversi in tale ambito, in un clima socio culturale che non offriva spazi alla donna al di fuori dell’ambito familiare. Inoltre, Maria cercava di stabilire una continuità educativa tra la famiglia e la proposta scout. Si interessava a tal punto dello Scautismo che seppe stabilire rapporti di amicizia con i capi scout a cui affidava i figli. Apriva la casa ai coetanei di Filippo e Cesare, gli altri esploratori che presso la sua abitazione, si incontravano e se necessario, svolgevano le riunioni scout. Tra gli educatori scout, amico di famiglia era Giulio Cenci, che rimasto orfano, si rivolgeva a Maria per molte questioni, tanto che trovò in lei una nuova mamma. Infine, dal ricordo di don Tar, ci risulta che si scandalizzasse che qualche capo fumasse una sigaretta, perché diceva: «non è scout, non è stile». Senz’altro, fin da subito Maria percepì la profonda spiritualità ascetica dello Scautismo. Due genitori fiduciosi nei confronti del metodo scout I coniugi Beltrame Quattrocchi avvertirono la necessità di integrare l’educazione che potevano proporre ai figli nell’ambito familiare, aprendoli ad esperienze che oggi definiamo, di tipo “extra scolastico”. Con quest’intenzionalità iscrissero tra i lupetti i due figli maschi che frequentavano l’istituto “Massimo” dei padri gesuiti: nel 1916 Filippo (successivamente don Tarcisio, noto in Agesci come don Tar) e nell’anno successivo l’altro figlio, Cesare. La scelta di affidarli al gruppo scout compiuta dai genitori è illustrata, attraverso le brevi ma efficaci parole scritte da Maria, quando ricordando la figura del marito scomparso, e descrivendo il comune impegno educativo nei confronti dei propri figli, sostiene: «Lo scoutismo […] ne continuava, completandola, la formazione e li preparava alla vita». Così sintetizza la scelta di inserirli nella nascente associazione, l’ASCI: «I bambini – diventati fanciulli – esploratori». L’efficacia di questa precisa scelta educativa è testimoniata da quanto il figlio, don Tarcisio, afferma al riguardo: «un momento importante della nostra formazione fu certamente l’inserimento mio e di mio fratello nello scoutismo cattolico (Asci) […]. Questa attiva partecipazione alla vita extra scolastica e all’impiego del nostro tempo libero consentì ai nostri genitori di inserirsi e di seguirci nel modo più naturale ed efficace nel nostro piccolo (ma non tanto) mondo extra familiare e di partecipare ai nostri interessi, senza apparire in alcun modo apprensivi o ossessivi. Ciò costituì un elemento assai importante, direi fondamentale, della nostra formazione, poiché si trattò di un inserimento spontaneo, intelligente, partecipativo nei nostri interessi, inteso a guidarli e indirizzarli costantemente verso un ideale superiore che li valorizzava anche ai nostri occhi». E lo Scautismo proposto con tale forza ai figli si incise così profondamente, che ancora oggi – alla veneranda età di 95 anni – don Tarcisio non ha ancora posato il suo fazzolettone, e la sua casa di Via A.De Pretis, n.86 è riferimento continuo per molti scout romani e non solo. Va precisato che la scelta dei coniugi Beltrame Quattrocchi di inserire i propri figli nel gruppo scout certamente non fu casuale, quanto piuttosto ben motivata e continuamente sostenuta. Ed assume ancor più importanza se contestualizzata nel momento storico che stavano vivendo. Va rilevato, infatti, che l’esperienza scout avviata nel 1907, si andava progressivamente diffondendo a livello mondiale, e nel secondo decennio del Novecento, lo Scautismo si stava affacciando nel mondo cattolico italiano, senza trovarvi un terreno favorevole. Infatti, a partire dal 1913 la rivista dei Gesuiti, “La Civiltà Cattolica”, più volte affrontò la questione del metodo scout, prendendo le distanze da esso. Altri articoli pubblicati sulla stampa cattolica del tempo talora rilevarono una serie di ambiguità sul piano educativo, sollevando una serie di interrogativi sulla sua efficacia. Invitando alla prudenza rispetto ai possibili pericoli, si arrivò a toni piuttosto polemici che finirono per sviluppare un atteggiamento di prevenzione e per frenare sostanzialmente la diffusione delle prime esperienze di Scautismo in Italia, considerato carente soprattutto dal punto di vista dell’educazione religiosa. Eppure, Maria e Luigi, molto attenti all’educazione dei figli e scrupolosi com’erano, non si lasciarono influenzare da questi pregiudizi. Per verificare se erano corrette le accuse di naturalismo rivolte allo Scautismo, Maria «fece subito arrivare dall’Inghilterra il libro del fondatore dello Scautismo, sir Robert Baden-Powell, per assicurarsi che non presentasse problemi dal punto di vista religioso, data l’origine anglicana». Conoscitori dell’inglese, poterono leggere direttamente in lingua originale, conoscendo così più da vicino la proposta scout. Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi si fidarono del gesuita padre Giuseppe Gianfranceschi, nominato – come un segno dell’approvazione pontificia dell’associazione appena costituita – Vice Commissario Ecclesiale dell’ASCI, dal Segretario di Stato. Personalmente, poi, questo padre gesuita fu «immediatamente conquistato dallo scautismo, che difese con energia e coraggio contro critiche interne e esterne al mondo cattolico». Pertanto, alla luce di questo clima sostanzialmente contrario allo Scautismo, si comprende quale fosse la fiducia nei confronti di tale metodo educativo espressa dai coniugi Beltrame Quattrocchi nel momento in cui avviarono i due figli al percorso formativo scout. Intuirono l’importanza pedagogica, convincendosi della bontà dei suoi principi educativi e vi aderirono subito con appassionato entusiasmo. Presero contatto con l’Associazione Scautistica Cattolica Italiana (ASCI), costituitasi in quegli stessi mesi, si interessarono in modo attivo per conoscere il movimento scout e parteciparono insieme alle prime riunioni programmatiche e divulgative, impegnandosi per diffonderlo a Roma. Negli anni in cui l’ASCI muoveva i primi passi in Italia, i coniugi Beltrame vollero collaborare agli sviluppi educativi del metodo scout e si impegnarono molto anche per diffonderlo e farlo crescere. Se a Luigi Beltrame Quattrocchi va riconosciuto un impegno attivo nel servizio scout, non meno rilevante fu quello “indiretto” della moglie Maria che si interessò agli sviluppi educativi del metodo scout, prendendo parte a incontri, conferenze, corsi, riunioni di famiglia, scrivendo articoli e facendo conoscere la nuova associazione. Sicuramente l’impegno educativo è stato assunto e condiviso da entrambi i Beltrame Quattrocchi con grande responsabilità e soprattutto in maniera molto condivisa. La profonda sintonia e la reciproca intesa anche in questioni educative può costituire una testimonianza esemplare di coeducazione vissuta nella quotidianità ed intuita con largo anticipo rispetto ai nostri giorni.


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