Politica

L’acqua è di tutti, ora lo dice anche la legge

Approvata dal Consiglio regionale del Lazio la proposta di legge sulla gestione pubblica e partecipata dell’acqua, fortemente voluta da migliaia di cittadini

di Redazione

Secondo la proposta di legge approvata ieri dal Consiglio regionale del Lazio, la gestione dell’acqua deve essere pubblica e partecipata. Si tratta di norme di iniziativa referendaria, proposte da 39 Comuni del Lazio, primo fra tutti Corchiano, e sottoscritte da 40mila cittadini. Lo Statuto della Regione prevede infatti che il Consiglio possa evitare la possibilità di referendum propositivi deliberando a sua volta sulla proposta, come è avvenuto oggi, sotto la presidenza di Daniele Leodori (Pd). Oltre alle forze politiche di maggioranza ha votato a favore il M5S.
Il Consiglio ha mantenuto la struttura della proposta di iniziativa popolare, ma è intervenuto per garantire al testo di superare indenne eventuali verifiche di legittimità costituzionale che avrebbero potuto far cadere la legge successivamente.
Uno dei pilastri della legge è l’articolo 8, che prevede strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione. La stessa norma prevede poi un impegno a disciplinare la partecipazione da parte degli statuti comunali. Infine, la Regione definisce una Carta regionale del servizio idrico integrato, non soltanto per fissare i livelli minimi di qualità del servizio, ma anche per assicurare forme di vigilanza sull’erogazione del servizio acqua da parte dei cittadini utenti.
La legge stabilisce innanzitutto che “l’acqua è un bene naturale e un diritto umano universale”. Da questo principio, che recepisce lo spirito dei referendum nazionali del 2011, discende che “tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili”.
Vengono aboliti i vecchi “Ato”, Ambiti territoriali ottimali: la gestione dell’acqua dovrà avvenire nel bacino idrografico. La gestione dovrà avvenire in base a un preciso bilancio idrico che dovrà assicurare “l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico” e dovrà essere aggiornato con cadenza almeno quinquennale. Ogni anno le autorità di bacino dovranno predisporre “un report sulle perdite idriche nelle reti di distribuzione”.
Gli ambiti di bacino idrografico dovranno essere individuati dalla Regione entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, attraverso un nuovo provvedimento legislativo. Ciascun ambito sarà “governato” da un’autorità di bacino, a cui partecipano gli enti locali corrispondenti per territorio. I delegati degli enti locali partecipano alle “assemblee decisionali di bacino” con vincolo di mandato. La gestione del servizio idrico dovrà avvenire in maniera integrata: “Le opere di captazione, gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato – si legge all’articolo 6 – sono di proprietà degli enti locali e sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”.
Sono costituiti due fondi: il primo destinato alla “ripubblicizzazione”  di cui possono beneficiare gli enti locali che vogliono tornare a gestire il servizio “subentrando a società di capitale”. Tale fondo sarà finanziato nel triennio 2014-2016 da un apposito capitolo di bilancio. Il secondo, avrà carattere di “solidarietà internazionale”, al fine di concorrere ad "assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta”, e sarà destinato a progetti cooperativi, escludendo ogni forma di profitto privato.
 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA