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Arci, il congresso fallito

Ieri a Bologna un congresso partecipatissimo avrebbe dovuto scegliere il nuovo presidente fra Miraglia e Chiavacci. Ma il clima si è fatto acceso e si è preferito non votare per evitare la spaccatura. Designato un Comitato di Reggenti, congresso bis entro il 30 giugno

di Sara De Carli

«La platea congressuale ha ritenuto opportuno non procedere subito alla elezione dei nuovi organismi dirigenti e del presidente. Si è scelto di riconvocare l’assemblea entro il 30 giugno per adempiere a questi obblighi, mentre l’associazione sarà retta sino ad allora da un comitato di reggenti composto dal presidente nazionale uscente Paolo Beni e dai presidenti dei comitati regionali»: questo il sintetico e laconico comunicato con cui Arci ha annunciato ieri la chiusura del suo Congresso Nazionale, finto senza aver votato il nuovo presidente.

Il mandato di Beni scade ad aprile 2014 e nonostante lui sia da oltre un anno onorevole nelle fila del Pd, l’associazione aveva scelto di arrivare fino alla scadenza naturale del suo mandato, senza accelerazioni dei tempi,  perché – ci aveva spiegato Beni subito dopo l’annuncio della candidatura – «con il gruppo dirigente abbiamo valutato che non è opportuno sottoporre l’associazione allo stress di un percorso accelerato, che deve avvenire con il più ampio coinvolgimento possibile. Certo puntiamo ad anticipare di qualche mese i tempi naturali». I tempi naturali invece, ora si protrarranno di qualche mese.

Il fatto è che i quattro giorni di assemblea e discussioni, cui hanno partecipato 579 delegati su 592 (il 98%, e anche questo tasso altissimo di partecipazione dice molto del clima di "nulla è scontato” che già c’era all’interno dell’associazione), non sono bastati a sciogliere i nodi.

«La verità è che @vroversi ha lavorato talmente bene, che vogliamo rifarlo», prova qualcuno a sdrammatizzare su Twitter. Qualcuno non fa giri di parole, ironizzando sul titolo scelto per il Congresso: «“Le stelle non stanno a guardare" e infatti cadono», oppure «Si era iniziato con i circoli in testa è finita con i #circolintasca». L’interpretazione più accreditata, sui social, è quella del «non votiamo per non spaccarci in due», dato che sia la delegazione toscana sia quella dell’Emilia Romagna erano pronte a ritirarsi se si fosse arrivati al voto: «vertici contrapposti, la base chiede unità e il congresso si rifà a giugno», sintetizza twitter. Tra i punti critici del Congresso è stato proprio l’equilibrio fra i territori e la dimensione nazionale, con  una visione diversa sulla rappresentanza dei circoli all’interno del Consiglio Nazionale e su come equilibrare due anime diverse di Arci, quella più “movimentista” e quella più politicizzata. L’unico risultato del Congresso è stata l'approvazione di 60 ordini del giorno, tra cui la richiesta di applicare gli esiti del referendum sull’acqua, l’accesso gratuito dei minori ai musei, il superamento della presenza di slotmachine nei circoli Arci, collegato a campagne di sensibilizzazione sul gioco d’azzardo.

Beni durante la sua relazione aveva anche parlato della doppia candidatura di Miraglia e Chiavacci: «Penso che siano due ottime proposte, due risorse importanti per l’Arci del futuro, e li ringrazio di essersi messi in gioco al servizio dell’associazione. Io sono convinto che chiunque sarà eletto saprà farsi carico di tutta l’associazione e che tutti si sentiranno rappresentati e garantiti dal nuovo presidente. Del resto la figura del presidente è importante, certo, ma non lo è di meno il gioco di squadra con cui si dovrà garantire il governo unitario all’associazione. A mio parere, nella prossima fase Francesca e Filippo dovrebbero essere protagonisti, insieme, di una gestione unitaria dell’Arci». Chissà che succederà ora. I due candidati – Filippo Miraglia e Francesca Chiavacci – restano tali, ma nessuno esclude che da qui al 30 giugno si vada verso una soluzione alternativa.


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