Cultura

Guerra: mons. Martino, rappresaglia “soluzione illusoria”

L'osservatore della Santa Sede ha parlato all'Assemblea generale Onu. Lo rivela l'agenzia cattolica Fides.

di Giampaolo Cerri

«Le rappresaglie, che colpiscono in modo indiscriminato degli innocenti, continuano la spirale di violenza e sono soluzioni illusorie che non portano all’isolamento morale dei terroristi». Parola di Renato Martino, osservatore della Santa Sede presso l’Onu. Ne dà conto l’agenzia cattolica Fides riferendo il discorso pronunciato all’Assemblea Generale dell’ONU in corso in questi giorni a New York, sul tema “La Cultura della pace”. Monsignor Renato Martino ha espresso le perplessità della Santa Sede sulla campagna militare contro il terrorismo lanciata dall’alleanza anglo-americana in Afghanistan. Nel suo intervento, l’Osservatore vaticano ha messo in luce che “gli atti di vendetta non curano l’odio” e che per debellare la piaga del terrorismo occorre affrontare i problemi e le situazioni in cui il terrorismo viene coltivato. «Dobbiamo piuttosto – ha detto mons. Martino – rimuovere i più ovvi elementi che diffondono le condizioni di odo e di violenza, e che sono contrari ad ogni movimento verso la pace». Egli ha citato povertà e marginalizzazione, «che bloccano la vita di così tanti popoli nel mondo», la «negazione della dignità umana, la mancanza di rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali, l’esclusione sociale, l’intollerabile situazione dei rifugiati e l’oppressione fisica e psicologica»: tutti questi elementi, ha concluso l’Osservatore della Santa Sede, «sono terreno fertile che attende solo di essere sfruttato dai terroristi». L’intervento di mons. Martino, durato 10 minuti, cade in un momento in cui negli Stati Uniti giornali, televisioni, discorsi di politici e personalità pubbliche esaltano il patriottismo e le attività militari come l’antidoto al terrorismo mondiale. «Ogni seria campagna contro il terrorismo, ha detto mons. Martino, ha bisogno di affrontare le condizioni sociali, economiche e politiche che covano l’emergere del terrorismo, violenza e conflitto». Nel suo intervento l’arcivescovo che da 15 anni lavora all’ONU, ha puntato anche il dito verso le «forme di terrorismo sistematico” e istituzionalizzato messo in atto da quegli stati che “distruggono la libertà e i diritti di individui, colpevoli soltanto di non rimanere in linea con l’ideologia dominante». Fra gli stati che opprimono i diritti umani vi è la Cina. Qui negli Stati Uniti ha fatto molto scalpore la facilità con cui la Repubblica Popolare Cinese ha aderito alla lotta contro il terrorismo, diventando un alleato di fatto degli Stati Uniti. Osservatori americani hanno commentato per Fides le parole del Presidente Jiang Zemin all’incontro dell’APEC a Shanghai: «Fino a ieri la Cina sembrava il nostro nemico numero uno, l’inferno dei diritti umani. Oggi è salita sul carro dei protettori della pace mondiale». Human Rights Watch, l’organizzazione internazionale a favore dei diritti umani, ha fatto notare che la Cina rischia di usare la lotta contro il terrorismo per distruggere l’opposizione interna, soprattutto nel Xinjiang. L’Osservatore della Santa Sede ha anche notato che il lavoro dell’ONU per la pace è «frenato da troppi ostacoli». Egli ha citato «situazioni di conflitto dove una giusta soluzione può essere stata rifiutata molte volte, da entrambe le parti implicate. Questo ha creato sentimenti di frustrazione, odio e tentazioni alla vendetta». In un chiaro riferimento alla infuocata situazione fra Palestinesi e Israeliani, egli ha detto: «Coloro che onorano Dio devono essere in prima fila nel combattere contro tutte le forme di terrorismo». Il lavoro per la pace non è solo di tipo politico. Occorre creare una cultura della pace che «comincia nel cuore, è riconosciuta, voluta ed amata» e che viene poi espressa anche nell’educazione dei giovani e degli adulti attraverso forme di «umanesimo, filosofia, sociologia, politica e tradizioni». Mons. Martino ha ricordato l’infaticabile impegno del Pontefice a favore di una educazione alla Pace e ha citato le famiglie, come un luogo in cui si insegna «la dignità di ogni vita» e la proposta fatta da Giovanni Paolo II ai giovani del Kazakhstan: «Siate costruttori di pace, perché una società basata solidamente sulla pace è una società che ha futuro».


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