Sostenibilità

Vajont, se la denuncia ha gli effetti speciali

Il regista Martinelli ricostruisce in un film i tragici avvenimenti che 28 anni fa uccisero oltre duemila persone in provincia di Belluno.

di Antonio Autieri

Martedì 9 ottobre, ore 22.39. Nell?esatto punto in cui ventotto anni prima ha ceduto la diga del Vajont, circa 1.200 persone hanno potuto rivivere una tragedia. In un grande cinema all?aperto con uno schermo di venti metri per sette allestito per l?occasione, infatti, si è celebrata l?anteprima di Vajont. Film denuncia – e al tempo stesso film-kolossal italo francese da 18 miliardi con partecipazione Rai – sulla tragedia che si poteva evitare e che costò la vita a 2019 persone. A volere fortemente la realizzazione di questo film che dal 19 ottobre è nelle sale di tutta Italia, un regista portato alle sfide coraggiose come Renzo Martinelli, che qualche anno fa presentò al festival di Venezia Porzus, rilettura di un tragico eccidio durante la guerra partigiana che fece molto discutere. «Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d?acqua e l?acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature che non potevano difendersi». Così scrisse, sul Corriere della Sera, il grande scrittore e giornalista Dino Buzzati straziato dalla tragedia che aveva sfregiato un pezzo della provincia di Belluno. Ma cosa avvenne? Chi lo ricorda, in quest?Italia che dimentica facilmente le sue tragedie? In quella terribile notte del 9 ottobre 1963, avvenne ciò che tanti temevano: dalle pendici del monte Toc, nella valle del Vajont, si staccò una frana di 300 milioni di metri cubi di roccia, precipitando nel bacino artificiale della diga dell?Enel a una velocità di 80 chilometri orari. L?onda della morte Si alzò un?onda alta 250 metri, che spazzò via i paesi a valle causando la morte di oltre duemila persone. Martinelli, che per anni ha preparato questo film, racconta: «Un fungo liquido di 50 milioni di metri cubi si era alzato in verticale sulla valle, aveva ondeggiato, si era rotto in due giganteschi tronconi: 25 milioni di metri cubi si erano abbattuti sui paesi di Erto, Casso, sulle frazioni di San Martino, Pineda, Spesse, Patata, Il Cristo, provocando 160 morti; gli altri 25 milioni di metri cubi d?acqua avevano scavalcato la diga precipitando a oltre 80 km l?ora verso la piana del Piave. Cinque paesi erano stati spazzati dalla faccia della terra: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè». I morti furono circa duemila. In tanti, nelle prime ore, parlarono, e scrissero, di fatalità. Ma già i primi resoconti giornalistici dovettero fare i conti con la rabbia delle popolazioni e dei superstiti, che raccontarono mesi di paure, crepe sinistre della diga, rumori di minacciosi brontolii della montagna. Tecnici e geologi compiacenti E dei sospetti degli stessi tecnici, che il film mostra in tutto e per tutto. A cominciare da quelli degli ingegneri della Sade, la Società Adriatica di Elettricità che fece il progetto della diga più alta del mondo, che avrebbe dovuto portare corrente elettrica in tutte le case italiane. Loro, insieme a tecnici e geologi compiacenti, intuirono il pericolo, ma minimizzarono i rischi per non perdere l?opportunità di vendere gli impianti allo Stato italiano, cioè all?Enel. Non erano solo gli abitanti dei paesi a valle a temere quello che poi accadde. Una giornalista dell?Unità, Tina Merlin, scrisse per anni sulle pagine locali del quotidiano denunciando omissioni, pericoli, silenzi. Rileggere alcune di quelle pagine fa scorrere i brividi: mai dramma fu più annunciato di quello del Vajont. È proprio al suo libro ?Sulla pelle viva? che il film si ispira. E che – con l?utilizzo di grandiosi effetti speciali che forse spettacolarizzano la tragedia ma aiutano a prendere atto delle sue dimensioni – , fa il mestiere più onesto che il cinema può fare: scavare alla ricerca della verità, denunciare, ricordare. Alla realizzazione del film, ha partecipato anche l?Enel e i suoi vertici erano presenti all?anteprima del 9 ottobre. Le indagini sulla tragedia? Il processo ai responsabili iniziò cinque anni dopo il disastro e si concluse nel 1971 con due lievi condanne. Per dare un risarcimento alle vittime, invece, 210 miliardi di lire in tutto, si è dovuto aspettare lo scorso anno.


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