Ha raggiunto le 55mila firme in Gran Bretagna una petizione diretta contro Amazon, il gigante del retail via internet, accusata poco prima di Natale di “schiavizzare” I propri dipendenti. Turni massacranti, disciplina rigidissima, sindacati vietati e paghe da fame: queste le principali accuse contro l’azienda, scagliate non da qualche anonimo attivista ma da reportage del
Guardian e della
BBC , che aveva addirittura parlato di "problemi mentali" per i dipendenti sfruttati e sottopagati.
Secondo le accuse,
smentite energicamente, i magazzini di Amazon sarebbero più simili a carceri che a luoghi di lavoro: per risparmiare sul costo del lavoro, infatti,
l’azienda è accusata di impiegare metà dei lavoratori realmente necessari, costringendoli regolarmente a straordinari e punendoli per qualunque tipo di ritardo o pausa; perfino le soste alla toilette sarebbero monitorate, e la pausa pranzo durerebbe solo 30 minuti. Secondo le testimonianze di ex lavoratori, con tre violazioni al regolamento interno, il dipendente è licenziato, preferibilmente prima dello scoccare dei tre mesi dall’assunzione, periodo dopo il quale in base alla legge britannica si acquisiscono maggiori tutele.
“Amazon rappresenta il peggio del capitalism predatorio”,
hanno scritto i promotori della petizione. “Piazza i suoi magazzini in aree ad alta disoccupazione per essere certa di trovare persone disposte a tutto pur di guadagnare qualcosa, promette loro contratti stabili in cambio di assoluta dedizione, ma non le mette in condizione di tenersi il posto di lavoro a lungo”. La richiesta contenuta nel documento, che è stato consegnato venerdì 28 febbraio negli uffici londinesi di Amazon, è quella diaumentare i salari ai lavoratori, per evitare – si legge nella petizione – che i dipendenti dell’azienda ricevano sussidi statali a causa degli stipendi da fame, gravando sui conti pubblici, mentre Amazon realizza profitti stellari.
L'azienda, da parte sua, ha subito smentito energicamente quanto affermato dalla BBC e dagli altri media, sottolineando di corrispondere ai lavoratori il 12% in più della paga minima oraria previsto dalla legge britannica.
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