Famiglia

Trapattoni ha un sogno segreto di Nicola Calzaretta

Ritratto inedito del ct della nazionale. Per ora ha il Mondiale nella testa. Ma per domani vuole un’avventura nuova: allenare i bambini

di Redazione

Per lui ci sono valori e principi che stanno al di sopra di tutto: lo ha sempre dimostrato nel corso della sua brillante carriera, certificata dalle oltre mille partite da allenatore in Italia e impreziosita dalla vastità dei successi ottenuti in patria e all?estero. Giovanni Trapattoni, detto Trap: un giovane di 62 anni. Nessuno come lui è stato capace di rinnovarsi con gli anni, pur rimanendo fedele a se stesso. Gli ingredienti del suo elisir dell?eterna giovinezza sono presto detti: passione per il mestiere, profonda conoscenza del volubile mondo del calcio e, soprattutto, la vocazione a privilegiare gli uomini rispetto alla tattica. «è l?allenatore che deve modellarsi a seconda dei giocatori che ha a disposizione»: in questa frase del Trap è racchiusa tutta la sua saggezza. Nell?estate del 1976 Trapattoni arrivò alla Juventus. Boniperti aveva mal digerito lo scudetto perso l?anno precedente. Voleva cambiare e gettare le basi per un ciclo duraturo di vittorie. E scelse il giovane Trap che, fino a quel momento, aveva vissuto tre stagioni alquanto tribolate sulla panchina del Milan. Nereo Rocco, tra gli allenatori, è stato sicuramente l?uomo che più di ogni altro gli ha lasciato il segno. «Era unico nel tenere unito il gruppo», sono parole del Trap. «Una saldatrice. Potevi contare su di lui, nei momenti cruciali. Era un tipo gioioso, un gattone dall?aria paciosa che entrava subito in sintonia con tutti. Con il sorriso sdrammatizzava le situazioni più critiche e l?ironia era un coltello di panna montata». Nereo Rocco, dunque. Maestro di molti allenatori, nomi noti e vincenti: Bearzot, Cesare Maldini, Bagnoli, Radice, Scala, Giacomini, Bigon, oltre ovviamente al suo figlioccio Trapattoni. Il quale ha molto appreso dagli insegnamenti del paròn e li ha innestati su un tronco ben piantato, con radici profonde e sicure. «Io vengo dalla campagna», è sempre il Trap che parla, «le so certe cose. Come il sudore con cui ti guadagni un tozzo di pane da dividere in famiglia. Chi non ha provato queste cose fa poca strada. Il calcio è lavoro. E il sacrificio è il segreto per realizzarsi. Non tutti nascono col segno della buona sorte in fronte». Il tema del sudore torna spesso nei sermoni che Trapattoni indirizza ai suoi ragazzi. «è pignolo, preciso come un cronografo», dice di lui Beppe Furino, fino a pochi anni fa responsabile del settore giovanile della Juventus. «Ti sbatte dentro una lavatrice e ne esci con il cervello sciacquato, però mai congestionato: questo è il bello. Possiede grandi capacità, anche psicologiche». La sua carica di umanità, associata a una conoscenza profonda del mondo del calcio, lo hanno reso un esempio da imitare. «Il Trap è uno che si fa ben volere e apprezzare», è ancora Furino a parlare.«è umile e paziente: magari, con una mano ti dà una carezza, mentre con l?altra è pronto a mollarti un ceffone». «A me obbligava a calciare con il destro per ore e ore», è la volta di Antonio Cabrini, oggi allenatore del Crotone in serie B. «Mi domandavo che cosa volesse da me. Ero giovanissimo; con il tempo ho capito l?importanza di quegli insegnamenti». Claudio Gentile è il selezionatore dell?Under 21, dopo essere stato per pochi mesi vice di Trapattoni nella nazionale maggiore. «Lo vidi in difficoltà una sola volta», ricorda Gentile. «Fu dopo la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni del 1983. Stava in silenzio. Per il resto mai un?incertezza: il Trap va via sicuro, sembra una schioppettata». «è un lineare, come uomo e come tecnico. Ti guarda negli occhi e tutto è limpido»: le parole sono di Marco Tardelli, attualmente in stand by dopo l?annata agrodolce con l?Inter, ma già forte di importanti esperienze con le nazionali giovanili. «Nonostante sia un realista tutto d?un pezzo, non smette mai di catapultarti nel futuro». Ci sono poi quei giocatori ai quali Trapattoni ha dedicato maggiori cure, da vero ?maestro? di calcio: il goffo lungagnone Sergio Brio diventa un ottimo stopper grazie agli insegnamenti del Trap che lo sottopone a una serie di sedute tecniche supplementari. «So di avere imparato da Trapattoni tante di quelle cose che è difficile ricordarle tutte», afferma Brio che lo stesso Trap ha voluto, poi, come suo vice durante il secondo ciclo bianconero. E per quelli che, ancora oggi, vittime di una visione superficiale e televisiva del gioco del calcio, continuano a vedere in Trapattoni il catenacciaro, l?italianista o il difensivista, valgano le parole di Michel Platini, uno che di pallone se ne intende e che, da giocatore, ha spesso duellato dialetticamente con il Trap: «Molte stupidaggini sono state scritte sui miei rapporti con il Trap. Ho subito stabilito con lui un dialogo aperto, amichevole. Da giovane ti lasci guidare dall?istinto, poi capisci che bisogna far funzionare la logica. Il risultato è fondamentale nel calcio. Più dello spettacolo che pure conta parecchio. Se poi i due ingredienti si miscelano, tanto meglio! Questo lo capirebbe anche un bambino». Già i bambini: «Li ho sempre amati», confida il Trap. «Mi sarebbe piaciuto fare come gli insegnanti delle elementari oppure dell?asilo. Mescolarmi in mezzo ai bimbi e insegnare loro come si arresta un pallone, un aquilone da addomesticare. Un domani chiederò a qualcuno di farmi insegnare calcio ai bambini: il massimo per chi ama il mio lavoro».


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