Cultura

La migliore risposta a Neknominate è la solidarietà

Stanco di vedere le gare di ubriachezza sul web, un giovane sudafricano ha creato Raknomination: gli utenti postano un video in cui fanno una buona azione. L’obiettivo è “viralizzare” i buoni sentimenti

di Redazione

Una società è sana quando, in risposta alle difficoltà delle vita, la gente è in grado di mostrare un minimo di distacco ironico. Lasciarsi travolgere dai problemi quotidiani, che puntellano l’esistenza di ciascuno di noi, è quanto di più sbagliato si possa immaginare: bisogna invece reagire, ribattere alla malasorte sfoderando la forza morale necessaria. Fatta questa premessa, è evidente che Neknominate sia la soluzione più sconsigliabile. Purtroppo, la cronaca ci ha fatto scoprire cosa si cela dietro questo nome anglofono apparentemente accattivante: si tratta di un drink game, una sfida tra gli utenti del web a chi riesce a compiere l’impresa etilica più scellerata. L’ “eroe” si filma mentre dà sfoggio di “coraggio”, poi mette alla prova gli “amici”: dovranno fare altrettanto entro 24 ore, altrimenti la pagheranno cara, con insulti di ogni ordine e grado. Bere per dimenticare è da sempre un errore, ma trangugiare litri su litri di alcol è molto di più: una cretinata talmente colossale da poter risultare letale. E difatti, purtroppo, siamo qui a contare le vittime.
La moda, nata in Australia –Paese conosciuto per la sua civiltà, ma evidentemente le fetecchie circolano pure a quelle latitudini-  ha colpito pure la vecchia Europa.  Cinque ragazzi sotto i trent'anni -tre della Gran Bretagna, due irlandesi– sono entrati in un gorgo da cui, purtroppo, non ne sono usciti vivi –l’ultimo è Bradley, un rugbista di appena vent’anni, che agli amici (stavolta senza virgolette) preoccupati per la china pericolosa rispondeva: «Vi dimostro chi è che comanda». Due bottiglie di gin mescolate con del tè gli sono state fatali. E lui non era un tipo particolarmente creativo: tanti altri, seguendo questo orrifico trend autolesionista, mettono su dei cocktail con pillole di vario genere ridotte in polvere, oppure addirittura con olio industriale
Dunque, come se ne esce da questo terrificante cul-de-sac? Le reprimende degli adulti non solo non bastano, ma il più delle volte sono controproducenti –è noto che i più giovani, per darsi un tono, scelgono di fare un po’ quello che vogliono. Per non parlare poi dell’utilità in questi casi degli esperti, come ad esempio lo psicologo di New York Stanley Goldstein, che regala una perla di originalità mai sentita prima: «Ci vuole tempo, pazienza e capire che non serve vietare o censurare i loro amati siti Internet ma insegnare loro come usarli». I gestori di Facebook, in tutto questo, fanno gli indiani: non vedono e non sentono. Parlano, ma giusto perché costretti: «I comportamenti discutibili o offensivi non sono necessariamente contro le nostre regole. Incoraggiamo le persone a segnalare tutto ciò che secondo loro viola le regole, così da poter esaminarlo e prendere provvedimenti».
Se però l’alternativa a questo scempio parte da un giovane, allora c’è la possibilità che diventi virale. È il caso, ad esempio, di RakNomination, ideato da un ragazzo di Johannesburg. Il meccanismo è lo stesso, nel senso che anche qui gli utenti postano i propri video sui social, per farli conoscere al maggior numero di persone. È la finalità che è agli antipodi: l’obiettivo stavolta è “viralizzare” la solidarietà, i piccoli gesti provenienti dagli animi generosi, attenti alla sofferenza del prossimo che sta male.  Rak è l’acronimo per Random Acts of Kindness .
Atti casuali di gentilezza, quindi. Niente di complicato, invero; forme di altruismo che fino a pochi decenni fa erano prassi comune, mentre oggi –con la crescita esponenziale dell’individualismo monadico- fanno notizia. Stiamo parlando insomma di offrire la colazione a un homeless, regalare un pallone a bambini poveri che non possono permetterselo, oppure semplicemente donare il sangue. Questa è la veste che ha scelto di darsi RakNomination. E anche in questo caso, parte la sfida agli amici: “Saprai fare meglio di me nelle prossime 24 ore?”. Se il progetto del sudafricano funzionerà al punto da diventare un trionfo, potrebbe crearsi un circuito di virtuosità mica da ridere. Per il momento, sta già prendendo piede alla grande: mentre scriviamo, 13.527 “mi piace” e 3.269 persone che ne parlano. E la creazione della pagina su Facebook risale allo scorso 4 febbraio. Ha ragione il suo ideatore: «Scolarsi una lattina è facile, ma immaginate cosa potrebbe accadere se usassimo il potere dei social media per fare la differenza nella vita degli altri». Da non sottovalutare poi il fatto che un fotografo di Bordeaux -un certo Julien Voinson- abbia creato Smart Nomination, sito che è nato con gli stessi propositi solidali: la Francia, da che mondo è mondo, fa da apripista alle nuove tendenze, buone o cattive che siano.  
Qualcuno potrebbe sottolineare che questa esibizione pubblica dei buoni sentimenti contrasti, in un certo senso, con l’insegnamento evangelico del non far sapere alla mano destra ciò che fa la mano sinistra. Ma i vangeli forniscono delle indicazioni,  non regole da seguire pedissequamente alla lettera. Nel caso specifico, tenere soltanto per sé la buona azione corrisponderebbe a non dare l’opportunità, a chi magari lo vuole, di emulare quell’atto di bontà. 
Ben venga dunque RakNomination. E  ben vengano le redenzioni sulla via di Damasco di qualche ‘pentito’ delle ubriacature. Come un ragazzo di Vancouver che ha postato un video in cui al supermercato, anziché comprare alcol, acquistava del cibo e li distribuisce ai senzatetto. Lo hanno riempito di insulti, ma questo riguarda il presente: in futuro, avrà di che insegnare come si vive a figli e nipoti. 
 

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