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A Kabul, dove ci si curava con le pecore

Il Coopi aveva un originale progetto in Afghanistan: sfruttava l’economia rurale per consentire l’acquisto di medicine. Ma ora tutto è perduto

di Alessandro Di Gaetano

Non saranno stati molto contenti a Bala Murghab, nella provincia di Badghis, i 60mila beneficiari del progetto del Coopi quando, pochi giorni dopo l?attacco a New York, l?Afghanistan è stato lasciato dai cooperanti internazionali. Bala Murghab dista circa 200 chilometri da Herat ed è una regione agricola dove i raccoglitori di grano hanno un reddito annuo di circa 70 dollari.
Giorgio Tarditi, ormai a Peshawar, racconta che il progetto prevedeva l?installazione di un ambulatorio autosufficiente. Confermato per un anno, era prevista l?opzione per altri due. È durato invece solo cinque mesi, anche se la struttura che era stata messa in piedi, una trentina di persone, è stata lasciata in condizione di operare comunque, sperando in un rapido ritorno. I due obiettivi del progetto erano: abbassare i tassi di mortalità dovuta a polmonite, tubercolosi, infezioni all?apparato digerente, malnutrizione, e ridurre la percentuale di mortalità prenatale e infantile che è, in Afghanistan, tra le più alte del mondo. È spaventoso sapere che alle malattie cui sopra si può rimediare con soli 70 farmaci e con pochi economici strumenti adeguati. Il Coopi per ottimizzare l?attività, considerando la tipologia del territorio, aveva decentrato il controllo delegando molte funzioni al personale locale, istruito a identificare le malattie curabili in lococon le medicine oppure, all?occorrenza, decidere di trasferire il paziente all?ambulatorio per le cure necessarie. La presenza nei villaggi di questi addetti è fondamentale per identificare quella dozzina di malattie che possono portare alla morte o alle epidemie, prima che sia troppo tardi per intervenire. Un?immediata comprensione di una malattia, infatti, spesso è determinante per la vita di molti. Quando qualcuno muore per colera in un villaggio, ad esempio, è certo che altri casi seguiranno, dato il bassissimo tasso di igiene nell?uso delle poche acque dei torrenti o dei pozzi. L?igiene è fondamentale anche nel caso delle levatrici. Il Coopi, fedele all?idea che le cose piccole possono avere grandi risultati, ha cercato di provvedere all?educazione delle levatrici sull?utilizzo degli strumenti da parto per contenere la mortalità infantile. Anche in questo caso, infatti, il solo utilizzo di acqua bollita (poi raffreddata), sapone, una lametta da barba, filo per cucire il cordone ombelicale e un telo di plastica lavabile evitano gran parte delle emorragie e il tetano. Sembra un progetto di pura assistenza, eppure non è così.
Per recuperare i fondi per portare avanti l?ambulatorio è stata prevista un?iniziativa coordinata finalizzata al mantenimento delle strutture e al recupero delle medicine, tramite l?utilizzo di pecore. Sì, proprio di pecore, grazie alle quali il Coopi fa credito alle famiglie sull?acquisti di medicine. Ecco come funziona. Si è ipotizzato una spesa per famiglia (in media, qui, significa 6 persone) di 8 dollari, cioè il valore di una pecora. L?animale è consegnato dalla famiglia alla fattoria organizzata dalla ong che può farla rendere, vendendola dove il valore è maggiore, oppure farla riprodurre. Il contadino o il piccolo allevatore non lo farebbe: lui la venderebbe sul posto e, presi i soldi, sarebbe chiusa la faccenda. Il beneficiario, quindi, paga in natura e gode di credito per le persone da lui indicate, mettendo in moto un meccanismo che crea altro lavoro alla fattoria e come profitto ha l?acquisto dei farmaci. Chi non ha di che pagare è comunque messo in condizioni di essere curato perché visto che non tutti utilizzano appieno il loro credito, quello che avanza è messo a disposizione degli altri. Il fatto che un procedimento di questo tipo sia già funzionante in altri posti è di conforto.
A oggi, in ogni caso, è tutto sospeso. Giorgio è a Peshawar e l?Afganistan è nella situazione che tutti conosciamo, chiusa agli stranieri. Sta organizzando, qui in Pakistan, una sede del Coopi volta a intervenire sui rifugiati. Ne sono previsti tanti, tantissimi. Oltre alle questioni inerenti alla creazione di una struttura in loco, si sta occupando dei punti su cui intervenire nell?ambito dei nuovi campi che l?Unhcr ha in costruzione lungo i confini con l?Afghanistan. Il loro progetto ha come beneficiarie 4mila famiglie, pari a 24mila persone, e interviene con forniture di tende, coperte, vasellame per cucina, taniche d?acqua direttamente ai rifugiati. Inoltre si occuperà della costruzione di ambulatori e della distribuzione dell?acqua tramite autobotti, dato che nei siti identificati non c?è nulla. Nell?attesa che la pace ritorni e che si possa far ritorno a Bala Murghab.

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