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“La vergogna del condono per le bonifiche”
L'articolo 4 del recente Decreto 'Destinazione Italia' prevede l'accordo, anche tramite incentivi economici, per i proprietari di aree contaminate che vogliano mettere in sicurezza o bonificare le aree. "Si condonano i peggiori disastri ambientali italiani, è un'assurdità che va cancellata", denuncia la coordinatrice della Rete Comuni Sin
Due giorni. Tanto è passato dall'annuncio di un'ottima notizia per le politiche ambientali italiane (la natura 'prioritaria' della bonifica dei Sin, Siti di interesse nazionale, a detta del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, vedi articolo a lato) a una catastrofica, piombata come un macigno sulla testa delle associazioni ma soprattutto sui cittadini, se dovesse essere approvato in via definitiva l'articolo 4 del Decreto 145/2013 'Destinazione Italia', licenziato di recente dal Governo e dallo stesso ministro: si potranno “stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati” che prevedano anche "i contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti”. Ovvero, denunciano il Forum Italiano dei movimenti per l'acqua pubblica, Stop biocidio Lazio e la Rete Comuni Sin, "un vero e proprio condono tombale per i peggiori disastri ambientali, dove a pagare sarà il popolo inquinato e non gli autori delle contaminazioni, secondo il nuovo principio 'chi ha inquinato viene…pagato' e non il 'chi inquina paga' oggi in vigore in tutto il resto d'Europa".
Ma che senso ha una doppia marcia tale, degna del miglior Dr Jekyll e Mr. Hide? "Nessun senso. E' semplicemente una vergogna, e l'articolo va ritirato il più presto possibile", controbatte a caldo Mariella Maffini, assessore alle Politiche ambientali e coordinatrice della Rete Comuni Sin, che proprio pochi giorni fa aveva incontrato il ministro Orlando a Roma, registrando il suo interesse verso la questione bonifiche.
Non era bastato lo stop dello scorso autunno, grazie alla reazione dei cittadini, al maldestro tentativo di cancellare in radice le bonifiche attraverso il Decreto del Fare, "ora si arriva a finanziare gli inquinatori: i proprietari delle aree, compresi i responsabili dell'inquinamento se il disastro è stato compiuto prima del 30 aprile 2007, praticamente tutti i siti nazionali di bonifica, potranno usufruire di un bell'accordo di programma cofinanziato dallo Stato se propongono qualche percorso di reindustrializzazione", sottolineano le tre organizzazioni che si sono immediatamente levate sugli scudi una volta appresa la notizia del provvedimento. "E' anche interessante notare la 'o' inserita tra 'messa in sicurezza' e 'bonifica', con la conseguenza che gli accordi potranno anche limitarsi alla sola messa in sicurezza dei siti e non già alla vera bonifica. Non si fissa neanche un limite di importo all'eventuale sostegno pubblico, né una percentuale massima sul valore complessivo dell'accordo di programma che piotrebbe essere presa in carico dallo Stato".
Ne consegue che "il proprietario dell'area inquinata potrebbe vedersi pagare dallo Stato non solo integralmente gli oneri delle bonifiche ma addirittura gli investimenti per i nuovi impianti", continuano nella loro denuncia Rete Comuni Sin, Forum movimenti per l'acqua e Stop biocidio Lazio. La parte residua a suo carico godrà pure del credito d'imposta! L'Italia sarà quindi un vero Bengodi per gli autori dei peggiori disastri ambientali che hanno messo in ginocchio vaste aree del paese, che non dovranno più temere i risarcimenti miliardari a cui i tribunali avrebbero potuto condannarli nelle decine di processi in corso in Italia per reati ambientali e contro la salute dei cittadini".
"Il Servizio studi della Camera ha già sollevato dubbi sulla costituzionalità dell'articolo, in quanto passibile di una procedura d'infrazione in sede europea, mi chiedo perché si è andati avanti lo stesso", aggiunge Maffini, "dopotutto anni fa si era già introdotto un sistema di accordi per incentivare le bonifiche da parte di chi aveva inquinato, ma i risultati a livello economico sono stati disastrosi. che senso ha riproprorli, sotto una veste ancora più dannosa per i cittadini?". La coordinatrice della Rete comuni sin si dice "d'accordo per uno sconto fiscale alle aziende che bonificano ma assolutamente no a un azzeramento delle responsabilità di chi ha danneggiato l'ambiente in modo grave per molto tempo.
"In fin dei conti siamo di fronte a una sanatoria tombale per gli inquinatori, pagata con le risorse dei cittadini", continua Maffini. Il comma 6 dell'articolo, infatti, “esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo”. E grazie al comma 3, riportano le organizzazioni che hanno lanciato l'allarme, "i nuovi impianti realizzati nei siti inquinati, quindi anche un inceneritore o una raffineria, saranno automaticamente dichiarati di pubblica utilità con tanto di vantaggi fiscali. Non vi è neanche un obiettivo di sostenibilità ambientale per le nuove attività necessartie per risollevare i siti inquinati, al contrario di quanto avviene in Francia e in Germania dove questi sito sono rinati divenendo ecomusei e aree turistiche".
Oltre a chiedere l'immediato ritiro dell'articolo, i tre enti hanno indetto una conferenza stampa per martedì 11 Febbraio alle ore 11.30, presso la Sala conferenze stampa della Camera dei deputati, per trattare il tema nello specifico e con l'urgenza necessaria.
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