Welfare

We love Quarto Oggiaro

Un'effervescenza culturale e associativa senza precedenti, che annienta la brutta fama con cui il quartiere milanese è dipinto sui media: ecco le persone e le storie del viaggio di Vita tra le sue vie. Il servizio completo sul numero di gennaio in edicola

di Daniele Biella

Due giorni di incontri, scoperte, sorprese. E un tabù infranto: altro che luogo della malavita, Quarto Oggiaro, popoloso quartiere della periferia nord di Milano, pullula di società civile. Che funziona, organizza di tutto e ribalta ogni possibile stereotipo: il disagio, le problematiche ci sono, certo, ma come in qualsiasi altra zona. Quello che cambia è il tessuto associativo: è qui, infatti, che si trova il numero record di associazioni (vedi l'infografica di Matteo Riva). Ed è qui che siamo stati per due intensi giorni. Ecco, nelle prossime righe, una corposa parte del reportage di Vita: per il servizio completo, c'è ancora qualche giorno per andare in edicola o richiedere il numero di gennaio del mensile. Buona lettura.

Welcome to Quarto

Il murales colorato che campeggia all’inizio di uno dei quattro ponti di accesso al quartiere milanese di Quarto Oggiaro parla chiaro: “Entrate, siete benvenuti. Ma soprattutto, guai a parlare male di noi”. E se si prova a citare il Bronx di New York, lo sguardo di sdegno di chi incroci per strada fa capire che il dipingere come malfamata questa popolosa zona di 32mila abitanti (tra cui 7mila stranieri) è uno dei luoghi comuni più falsi della storia.

“L’importante è dare il nome giusto alle cose: è vero, poche settimane fa c’è stato un omicidio di stampo mafioso, cosa che però non succedeva da anni. Ma si tratta di un episodio assolutamente circoscritto. Ecco una prova: proprio durante la successiva retata serale per arrestare il sospettato, con un gruppo della mia parrocchia abbiamo camminato tra volanti  ed elicotteri per recarci a un incontro da quelle parti, senza problemi. Del resto, giriamo sempre a piedi nel quartiere”. Padre Mario Vecchierelli, 56 anni, originario di Martinengo, nella bergamasca, è da quattro anni il decano delle cinque parrocchie di Quarto, ma era arrivato già nel 2006 in SS. Nazario e Celso: “davvero non capisco perché da fuori, mass media soprattutto, dipingano una realtà completamente diversa da quella che è veramente. Ma lo sapete che qui c’è il più alto numero di associazioni di tutti i quartieri di Milano?”

A Quarto la parola ‘associazione’ è sinonimo di ‘Vivibile’, ovvero le decine di volontari che dal 1981 sono un faro sempre acceso nel quartiere, da quando è nata l’associazione Quarto Oggiaro Vivibile, poi diventata anche una società sportiva (così come le parrocchie, in tutto si contano dieci realtà sportive nel quartiere) e in prima fila in ogni evento sociale della zona. “Siamo una macchina rodata che a ogni evento porta in piazza e nei parchi centinaia di persone, perché è nei momenti di svago comune che si amalgama il quartiere”, sottolinea Pino Lopez, 66enne di origini pugliesi e una vita passata a lavorare nell’Alfa Romeo, dove aveva fondato la prima e unica società di mutuo soccorso dello stabilimento di Quarto, oggi chiuso. La Vivibile gestisce un ampio spazio del parco della villa Scheibler, dove sono presenti campi di varie discipline sportive (quello di basket outdoor donato dall’Nba tramite Fondazione Laureus) e una struttura polifunzionale. “La forza del Terzo settore locale è il tutti per uno, lo conferma la nascita, nel 2008, della rete di associazioni Vill@aperta, punto di riferimento per il Comune di Milano e anche per il Commissariato di zona, per i quali noi siamo le sentinelle di tutto quello che funziona o meno nel quartiere”, continua Lopez.

A Villa Scheibler c’è la sede della Casa delle associazioni, utilizzata dalle 18 realtà di Vill@aperta (in tutto il quartiere si supera quota 40) ma anche da qualsiasi cittadino ne faccia richiesta. Tra queste ci sono i promotori di quello che può essere consideratò il fiore all’occhiello del quartiere: lo Spazio agorà di piazzetta Capuana, nel pieno della zona più turbolenta di Quarto. Lungo quasi tutto il porticato della piazza, la riqualificazione del 2010, promossa dal Comune, ha portato l’installazione di varie realtà sociali come il circolo Arci, i lavoratori delle coop sociali Diapason e Farsi prossimo, e una struttura poliassociativa, l’Agorà appunto, “dove il mix di operatori comunali e del terzo settore ha portato a un modello vincente di partecipazione sociale, con 2500 utenti unici in tre anni che hanno beneficiato dei servizi in atto”, rimarca Ivan Vitali, 40 anni, responsabile amministrativo dello Spazio e direttore di Con Voi onlus (ente promotore del progetto con Acli Lombardia, associazione Civitas e Comune), oltre a essere fondatore della Sec, Scuola di economia civile. “La sfida di avvicinare gli erogatori dei servizi e gli utenti si rivela vincente, sempre più famiglie vengono a bussare alla porta di Agorà”.

La pedagogia legata al disagio è anche la scelta di Daniele Giardina, classe 1952, preside dal 1996 di quello che oggi è l’Istituto comprensivo Trilussa (due primarie e una media, più la reggenza delle sette scuole, tra cui due superiori, del Bolsi del quartiere Bonola). “Qui a Quarto non si nascondono i problemi, anzi: l’omicidio di qualche tempo fa, nel suscitare allarme, ha però dato modo di far uscire l’altra realtà del quartiere, ovvero la vitalità che nasce proprio dall’affrontare a viso aperto i problemi sociali”.

Tra i vari enti non profit che operano a Quarto, in stretto collegamento con il tavolo di zona per i minori, coordinato dalla cooperativa sociale Coesa, c’è la Fondazione Exodus, il cui riferimento sul territorio è Marina Gesmundo, 48 anni, coordinatrice del progetto Don Milani, che al Trilussa e in un’altra media, la Vico, promuove attività di rafforzamento educativo e didattico per alunni in difficoltà italiani e stranieri, che sono il 30% del totale (dopo anni di fondi privati, ora Exodus, nel ricercare nuovi partner, si sta autofinanziando, proprio per la validità del progetto), oltre ad avere un Centro di ascolto che serve tutta la zona 8. “E’ vero, l’appartenenza al quartiere è l’aspetto più importante per i ragazzi, che spesso sui social network aggiungono la parola ‘Quarto’ ai propri nomi”, ribadisce Gesmundo, “questa è una potenzialità che va supportata in modo costruttivo".

La quintessenza dell’impegno giovanile di Quarto Oggiaro porta il nome di Spazio Baluardo, che già dalla storia dei cinque fondatori ne fa capire l’eccezionalità. “Siamo stati per anni utenti del Cag, Centro di aggregazione giovanile di quartiere, che nel 2003 è stato chiuso per mancanza di fondi. Poco dopo abbiamo partecipato, con l’aiuto dei nostri ex educatori anche perché avevamo 18 anni, a un bando pubblico per una piccola struttura all’interno del parco di Villa Scheibler. L’abbiamo vinto, ed eccoci qua”. Aaron paradiso, che oggi ha 29 anni ed è “nato e vissuto tra i ponti di Quarto”, con gli amici ha tramutato uno spazio in disuso dal 1975 in un polo culturale, un “baluardo della cultura periferica” riconosciuto in primis nel quartiere (“oggi arrivano i genitori dei ragazzi, anche quelli legati alla malavita, chiedendoci di trovargli stimoli positivi”, racconta), ma anche dal Comune (che, pur facendo pagare loro l’affitto, concede ogni anno dei fondi, 6mila euro nel 2013) e, negli ultimi anni, da varie città d’Italia e dall’Unione europea, con cui è partner di un progetto legato alla scelta di Milano come Smart city 2014.

Il resto del reportage si può leggere sul numero di Vita di gennaio, disponibile in edicola.
In copertina un particolare dell'infografica di Matteo Riva consultabile qui


 


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