Cultura

Papa Francesco: gentile come il valzer, energico come il rock

Il Pontefice in cover sul mensile. Un omaggio che spinge ad approfondire l’argomento: quale tipo di musica predilige il Santo Padre? È corretto fare un parallelo tra la forza comunicativa dei suoi discorsi e il successo delle canzoni che arrivano a tutti?

di Francesco Mattana

È una notizia, eccome se è una notizia: il mensile Rolling Stone, “bibbia laica” da quasi cinquant’anni, dedica la copertina e un lungo articolo del suo ultimo numero a Papa Francesco. Non sarà sfuggito ai più accorti che furono proprio i Rolling Stones, molti decenni fa, a incidere un brano che ha lasciato un segno nella storia della musica: Sympathy for the devil. Nel 2014, la rivista che condivideva col gruppo britannico le idee libertarie, sregolate, anarchiche, è passata dalla “simpatia per il demonio” all’ammirazione incondizionata per chi, come il Papa, il diavolo lo considera il nemico numero uno, una presenza niente affatto astratta che va combattuta giorno dopo giorno.

La Chiesa si rinnova, certo, ma si rinnovano anche i liberal, scoprendo una curiosità per il trascendente fino a poco tempo fa inimmaginabile. Non è da escludere che, in un futuro nemmeno troppo remoto, Mick Jagger e Keith Richards decidano, di loro spontanea volontà, di fare visita al Santo Padre. Non si tratterebbe, qualora avvenisse, di una redenzione sulla via di Damasco: semplicemente, di un dialogo franco e educato tra persone mature, che coltivano un’idea differente sulla vita terrena e sull’aldilà.

Ma quali sono i gusti musicali di Papa Francesco? Il direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, nella celebre intervista apparsa lo scorso settembre, lo ha interpellato anche sulle sue preferenze in campo artistico. La strada di Fellini è in assoluto il suo film preferito, vi ha ravvisato «un implicito riferimento a San Francesco». Idee chiare anche sulla pittura: «Ammiro Caravaggio, le sue tele mi parlano. Ma anche Chagall con la sua Crocifissione bianca…». La musica probabilmente è l’arte che lo coinvolge maggiormente nel profondo, perché si sofferma più a lungo a parlarne: «Amo Mozart, ovviamente. Quell’Et incarnatus est della sua Missa in Do è insuperabile: ti porta a Dio! Amo Mozart eseguito da Clara Haskil. Mozart mi riempie: non posso pensarlo, devo sentirlo. Beethoven mi piace ascoltarlo, ma prometeicamente. E l’interprete più prometeico per me è Furtwängler. E poi le Passioni di Bach. Il brano di Bach che amo tanto è l’Erbarme Dich, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo. Sublime. Poi a un livello diverso, non intimo allo stesso modo, amo Wagner. Mi piace ascoltarlo, ma non sempre. La Tetralogia dell’Anello eseguita da Furtwängler alla Scala nel ’50 è la cosa per me migliore. Ma anche il Parsifal eseguito nel ’62 da Knappertsbusch».

Varrebbe la pena, in altra sede, di capire con più precisione cosa intenda Papa Francesco quando usa l’avverbio “prometeicamente”. Ciò che però interessa adesso è verificare come Bergoglio citi i grandi Numi della Classica, ma non faccia alcun accenno –neanche di passaggio- alla musica cosiddetta “leggera”.

Interpretare il pensiero del Papa è un compito che, naturalmente, spetta a chi ha alle spalle molte più letture in campo teologico e non al sottoscritto. Però qualche accostamento –il meno possibile azzardato- lo si può fare.

Molti giornali, dopo aver appreso della copertina di Rolling Stone, hanno scritto: “Il Papa è rock”. È una semplificazione giornalistica, che acquista un senso solo se argomentata. Stando alla nota dicotomia inventata da Adriano Celentano in un suo programma televisivo, certamente Papa Francesco è “rock”, e tutt’altro che “lento”. Ma in cosa consiste il suo essere rock? Sicuramente ha la capacità di attirare a sé folle enormi, suscitando grandi entusiasmi, in primo luogo. Poi il suo parlare semplice ma profondo nel contempo, in grado di riassumere dei concetti che, dopo averli ascoltati, ognuno tiene dentro di sé, meditandoci sopra nell’intimo della propria coscienza: i discorsi di Francesco, dunque, come il migliore Bob Dylan, che non a caso è citato nel titolo del pezzo su Rolling Stone –Pope Francis: The Times They Are A-Changin. Il successo del rock, l’esplosione di questo genere che ha coinvolto persone di ogni latitudine, è dovuto essenzialmente ad un motivo: questa musica emana “good vibrations”, te le fa sentire nella pelle e ti riconciliano col mondo circostante: fa respirare. C’è qualcuno, tra le persone importanti che si sono affacciate sulla scena mondiale, in grado di suscitare vibrazioni positive come Papa Francesco?

Ecco, quindi, che il parallelo col rock, se argomentato in questi termini, ha un senso. Ma la dolcezza di Papa Francesco, la “rivoluzione della gentilezza” di cui si è fatto portatore, forse viene espressa meglio da altri generi musicali. Non il tango argentino, perché ha una componente di sensualità che mal si attaglia alla sua fortissima spiritualità. Piuttosto un valzer: danza orecchiabile, con un buon ritmo che trascina; eleva gli spiriti con leggerezza, col sorriso. Anche il valzer, come il rock di qualità, è una musica “di Dio”, nel senso che affina quella parte spirituale che ognuno di noi, nessuno escluso, possiede nel proprio animo.

Possiamo dirlo con tranquillità, in esergo: Papa Francesco è gentile come il valzer, energico come il rock.

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