Welfare

Disoccupazione giovanile, e se fosse colpa della scuola?

Giovani disoccupati per colpa della crisi? Macché. Secondo McKinsey il 40% della disoccupazione giovanile in Italia è strutturale e deriva dallo scarso dialogo tra sistema educativo ed economico. Pochi stage, scarsa conoscenza delle lingue e della matematica e un tantino di presunzione, e le aziende non trovano i 65mila lavoratori che stanno cercando

di Gabriella Meroni

McKinsey & Company ha presentato oggi la ricerca “Studio ergo Lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia”.
I risultati evidenziano come le cause del problema della disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 29 anni) siano solo in parte riconducibili alla recente crisi economica. Al contrario, il fenomeno è radicato  nel nostro Paese da lungo tempo e ha natura strutturale: negli ultimi vent’anni, infatti, la probabilità per un giovane sotto i 30 anni di essere disoccupato è risultata essere stabilmente 3,5 volte superiore alla popolazione adulta (la media europea si attesta a 2).
La componente strutturale rappresenta circa il 40% del tasso di disoccupazione giovanile complessivo (oggi al 28% tra gli under 30) e affonda le sue radici nel disallineamento tra capitale umano formato dal sistema educativo e necessità attuali e prospettiche del sistema economico del Paese. Tre cause sono all’origine della difficile transizione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro: sbilanciamento quantitativo tra domanda delle imprese e scelte dei giovani. Nonostante il gran numero di giovani disoccupati, in varie aree del Paese molte posizioni restano vacanti a causa dei pochi candidati disponibili. A ragione di tale sbilanciamento sta il fatto che, al momento della selezione del percorso di studi, i giovani non hanno piena consapevolezza delle implicazioni lavorative di tale scelta. Nel prendere la decisione, solo il 38% degli studenti intervistati conosce le opportunità occupazionali offerte dai vari percorsi scolastici. Il risultato è un disallineamento tra domanda e offerta, evidente in particolare per i diplomati tecnici e professionali.
Nel 2012, ad esempio, le imprese hanno trovato difficoltà a reperire candidati – sia in termini di quantità che in termini di profili e competenze adeguate – per il 16% delle posizioni ricercate (corrispondenti a circa 65.000 posti di lavoro). Anche nella scelta del percorso universitario la disponibilità di posti di lavoro rimane un criterio di scelta secondario: meno del 30% degli universitari sceglie l’indirizzo di studi sulla base degli sbocchi occupazionali, mentre il 66% è motivato dall’interesse e dalle attitudini personali. 
Solo il 42% delle imprese italiane ritiene che i giovani che entrano per la prima volta nel mondo del lavoro abbiano una preparazione adeguata. Nel 47% dei casi (rispetto a una media europea del 33% e al 18% del Regno Unito), le aziende del nostro Paese ritengono che tali carenze abbiano un impatto negativo sulla loro attività. In particolare, lamentano un deficit di competenze generali (non solo la padronanza delle lingue straniere e della matematica di base, ma anche capacità analitiche, intraprendenza e autonomia, etica e deontologia professionale) e di esperienza pratica.
In Italia stage e tirocini hanno una durata inferiore a un mese in quasi il 50% dei casi nella scuola superiore e in circa il 30% dei casi all’università, e coinvolgono solo la metà degli studenti d’istruzione secondaria e terziaria. Esiste inoltre una marcata differenza di percezione tra gli attori coinvolti: imprese e studenti concordano su una preparazione carente (solo il 43% dei giovani la ritiene adeguata), ma il 70% delle scuole la giudica idonea all’ingresso nel mondo del lavoro.
L’80% dei disoccupati under 30 in Italia utilizza la rete di amici, conoscenti e familiari per cercare lavoro, mentre solo circa un terzo sperimenta i canali istituzionali (in Germania gli uffici pubblici di collocamento rappresentano il mezzo principale di ricerca in oltre l’80% dei casi). Parenti e amici rimangono ancora i canali più efficaci per trovare occupazione (per il 23% dei laureati e il 43% dei diplomati), insieme all’invio diretto della propria candidatura ai potenziali datori di lavoro. Attraverso i canali pubblici (Centri per l’Impiego) passa solo l’1% delle assunzioni dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni.
A fronte della natura strutturale della disoccupazione giovanile in Italia, è necessario secondo McKinsey "intraprendere un piano d’azione sia a livello nazionale sia mirato su territori, distretti o filiere specifiche, che intervenga su più ambiti": offerta formativa adeguata alla domanda, informazione diffusa e trasparente, rivalutazione delle scuole tecniche e professionali, stretta collaborazione tra scuola e lavoro (con giovani e insegnanti in azienda e datori di lavoro nelle scuole), servizi di orientamento per gli studenti, efficacia dei canali di collocamento dei giovani sul mercato.
“Si tratta di un programma ampio e strutturato, di durata pluriennale, organizzato in sei aree di intervento e composto da sedici iniziative specifiche. L’obiettivo è portare a scala le esperienze di successo già testate altrove, sia in Italia sia all’estero, coinvolgendo in modo sistematico i giovani, le famiglie, le scuole, le imprese, le associazioni di categoria e i canali di collocamento presenti sul territorio”, ha commentato Roberto Lancellotti, senior partner McKinsey & Company e coordinatore della ricerca “Studio ergo Lavoro” in Italia.
“Oggi in Italia un giovane sotto i 30 anni su quattro è disoccupato, ma raggiungiamo oltre il 40% se consideriamo i giovani sotto i 25 anni; il dato è ancora più allarmante se aggiungiamo gli oltre 700.000 ragazzi talmente scoraggiati dalle opportunità del futuro da aver smesso di cercare un impiego. Per questo abbiamo avviato l'iniziativa pro-bono "Studio ergo Lavoro", che ha l'obiettivo di facilitare la transizione tra istruzione e occupazione in maniera strutturale e sostenibile nel tempo”, ha commentato Leonardo Totaro, Managing Director McKinsey & Company Mediterraneo. “Il nostro progetto è una chiamata urgente all’azione che vuole coinvolgere tutti gli attori della filiera  scuolalavoro, sia pubblici che privati, per realizzare interventi concreti che aiutino a chiudere il divario tra le aspirazioni dei giovani e l’offerta del mondo del lavoro”.
L’iniziativa “Studio ergo Lavoro” si inserisce nell’ambito del progetto “Education to Employment” (E2E), che McKinsey & Company ha condotto a livello internazionale, e verrà presentata pubblicamente il prossimo 28 gennaio, alla presenza del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini.
 


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