Volontariato

Cesvot, la “cura” di Gelli: formazione, comunicazione ed Europa

Il programma di Federico Gelli, da metà novembre presidente del Centro servizi volontariato Toscana. Tra le priorità la formazione del management delle Odv «non basta essere un bravo volontario per saper gestire un'associazione»

di Antonietta Nembri

Federico Gelli è il presidente del Cesvot da meno di un mese, è stato infatti eletto il 13 novembre. Nel suo primo intervento ha accennato a importanti sfide che il Centro servizi volontariato Toscana ha davanti. Lo abbiamo sentito per capire con quale programma affronterà i cambiamenti in atto nel mondo del volontariato toscano.

Gelli, classe 1962 da Castelnuovo Val di Cecina è un medico specializzato in sanità pubblica, ha una particolarità: è l’unico presidente di Csv parlamentare. È infatti deputato per il Pd dal febbraio scorso. «Il tema esiste, mi sono posto il problema prima di accettare la candidatura alla presidenza del Cesvot, ma credo che il mio essere parlamentare possa essere un’opportunità non solo per il sottoscritto per il quale è un modo di rafforzare il mio impegno nel mondo del volontariato, ma un’opportunità perché potrò essere più presente nelle istanze come legislatore nazionale insieme ad altri colleghi sensibili a questo mondo come, per esempio, Edo Patriarca, Bobba e altri».

Certo è che il mondo del volontariato Federico Gelli lo ha frequentato a lungo. «L’ho conosciuto all’oratorio della mia parrocchia e poi negli scout, sono stato anche animatore scout nell’Agesci. Sono entrato nelle Acli partendo dal movimento giovanile, per dieci anni sono stato presidente provinciale delle Acli a Pisa, ho ricoperto anche la carica di presidente regionale dell’Enaip, fino all’elezione in consiglio regionale».
Nella biografia del presidente Cesvot ci sono anche dieci anni alla Regione Toscana, prima come consigliere e presidente della commissione sanità e affari sociali e poi dal 2005 al 2010 alla vicepresidenza. Dal 2010 Gelli ha ripreso sia il lavoro, oggi è direttore sanitario (in aspettativa dopo l’elezione alla Camera) sia l’impegno nelle Acli. «Anche in tutto il mio cammino professionale ho potuto collaborare con diversi ambiti del volontariato. Fino al 2000 ho coordinato l’attività di donazione e trapianto di organi e tessuti come vicedirettore sanitario dell’Azienda universitaria dell’Ospedale di Pisa: lì ho avuto modo di lavorare fianco a fianco con le associazioni del mondo della donazione, dall’Avis all’Aido, all’Admo insomma la mia conoscenza del mondo del volontariato è molto trasversale».

Appena eletto presidente lei ha detto che il Cesvot non può giocare di rimessa. Quale è il suo programma per il futuro?
«Le linee strategiche sulle quali intendo muovermi sono tre. Innanzitutto occorre una razionalizzazione dei costi e una riduzione delle spese di gestione. Il fatto è che a fronte di una diminuzione delle entrate da parte delle fondazioni bancarie, anche a causa della crisi, ma anche delle note questioni che hanno coinvolto il Monte dei Paschi, i costi di gestione non sono andati proporzionalmente diminuendo, anzi sono aumentati e questo non va bene»

In pratica?
«Ho già messo in atto una serie di azioni che tenderanno alla riduzione strutturale e gestionale dei costi. La seconda linea è la messa in campo di iniziative e attività che mirano al reperimento dei fondi al di là delle risorse delle fondazioni bancarie, facendo particolare riferimento a una maggiore attenzione alla progettualità europea e al mondo del profit aperto verso il mondo del volontariato».

La terza linea d’azione?
«Rilanciare in termini di immagine e comunicazione esterna la miriade di iniziative e le  importanti cose fatte dal Centro servizi e che purtroppo spesso sono rimaste un serbatoio di nicchia. Sono convinto che la stragrande maggioranza dei cittadini della Toscana non conosce la miriade di opportunità e di potenzialità che il mondo del volontariato ha, ciò che ha fatto o che può fare. Questo tema della promozione e della comunicazione, del ruolo diverso nel rapporto con le istituzioni stanno dentro  questo filone di diverso interfaccia che questo mondo deve avere sia all’inteno sia all’esterno. Mi riferisco ovviamente alle istituzioni e al mondo dei massa media come a quello dei social network e della società viva»

Recenti ricerche denunciano l’allontanarsi dei giovani dal volontariato, solo il 6% di loro è un volontario abituale (vedi news). In occasione della giornata del volontariato il Cesvot ha presentato i dati regionali da cui risulta un aumento delle nuove associazioni.
«Stiamo monitorando il fenomeno della nascita e della crescita dell’impegno dei volontari in Toscana e il dato interessante è che la percentuale più consistente delle nuove associazioni, sono rappresentate da quelle di tutela dei diritti e questo ruolo di advocacy è riferito ad associazioni animate da giovani o da giovanissimi. Come dire che i giovani dimostrano un grande interesse e attenzione alla tutela dei diritti, alle garanzie sul fronte ambiente e beni culturali. Spazi in cui le istituzioni o la politica è debole o assente oggi trovano una riposta, almeno in Toscana, in forme di impegno da parte di molti giovani e giovanissimi e questo è un segnale interessante. Anche se ci troviamo di fronte a un diverso tipo di volontariato».

Sul fronte del volontariato tradizionale, le Misericordie di Viareggio e Pisa hanno avuto una ribalta nazionale dopo la trasmissione di Report. Lei ha seguito il caso?
«Purtroppo c’è un tema che è quello del controllo della qualità della gestione come pure del rischio che alcune di queste associazioni vadano incontro a una mutazione non sempre favorevole. A Pisa per esempio, erano forse più gli assunti che i volontari che operavano nei servizi in convenzione e questo non va bene. Chi come le Misericordie nasce con una vocazione volontaria, se ti mancano le vocazioni devi porti alcuni problemi di autocritica. Poi puoi farti aiutare da alcuni dipendenti ma non snaturare la figura dell’associazione. Per questo dico che ci vuole una formazione ad hoc, non tanto per gli operatori o per i volontari, ma per il managemente delle nostre associazioni di volontariato. E questo è uno degli obiettivi che ci siamo prefissati e io continuerò come Cesvot formare i quadri dirigenti delle associazioni che sono chiamati a guidare queste che sono delle vere e proprie imprese sociali che gestiscono fondi  e tante persone e per farlo ci vogliono competenze non si può arrivare a situazioni come quelle. La formazione è fondamentale, non basta essere un bravo volontario per saper gestire un’associazione».
 


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