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Ganapini: caro Letta ci vuole ben altro
Walter Ganapini, storico esponente dell’ambientalismo italiano, già assessore all’ambiente della Regione Campania commenta la notizia del decreto legge sulle bonifiche in Campania
di Marco Dotti
Annunciato ai quattro venti dal Ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo, “twittato” come «provvedimento importante»dal presidente onorario Legambiente, l’onorevole Ermete Realacci e subito battezzato come «risposta senza precedenti» dall’onnipresente premier Enrico Letta, il Decreto sulla Terra dei Fuochi letteralmente accende le polemiche. Secondo quanto dichiarato dagli esponenti di un governo del “fare” che procede oramai per annunci e slogan e sembra farsi dettare l’agenda più da ragioni di share che da scelte precise e condivise, il decreto introduce il “reato di combustione di rifiuti” e stanzierebbe (qui, trattandosi di denaro, il condizionale è d’obbligo) 600 milioni di euro per le bonifiche. «Svolta epocale», l’ha definito Paolo Romano, presidente del Consiglio regionale della Campania. E si capisce, perché in regione, di quei 600 milioni, dovrebbe vedersene assegnati 300. Tutt’altro che entusiastiche, invece, le reazioni dei comitati territoriali e di quanti, il 16 novembre scorso, hanno promosso la grande manifestazione di Napoli (qui alcune reazioni dei comitati). Abbiamo chiesto un parere sulla situazione a Walter Ganapini, storico esponente dell’ambientalismo italiano, già assessore all’ambiente della Regione Campania, che ha rilevato come il punto critico sia costituito proprio dal sistema delle bonifiche. Un sistema smantellato con meticoloso cinismo negli anni scorso e oramai consegnato alla deriva.
Poche ore fa, il governo ha emanato un decreto per la “Terra dei fuochi”. Il Presidente del Consiglio, Enrico Letta ha parlato senza mezzi termini di “risposta netta, senza precedenti”, volta a “recuperare il tempo perduto”. Nei fatti, però, il decreto si limita a inasprire le pene per la combustione dei rifiuti e a promettere uno stanziamento, sulla cui copertura poco sappiamo.
Comunque venga spacciato, noto che l’intervento sulla “Terra dei fuochi” altro non è che il tentativo di trovare dei soldi emergenziali che a tutto serviranno, tranne che a bonificare. Detta brutalmente e in sintesi, questa è la ratio del decreto.
Quella di Letta non le sembra una mossa pubblicitaria?
È brutta, perché comunque sta a significare delle cose. Un esempio per tutti: l’unico che ha pagato qualcosa, sin qui, è stato Cosentino [Nicola Cosentino, per quattro legislature deputato del PDL, coinvolto nel 2008 nell’affaire sul riciclaggio e lo smaltimento irregolare di rifiuti tossici, ndr]. Non credo che Cosentino possa reggere a lungo una situazione in cui determinati impegni non vengono rispettati. In questo momento, si è deciso di chiudere le società provinciali per la gestione dei rifiuti, addirittura per ridare ai comuni la gestione dei rifiuti. Il che significa che il primo camionista camorrista, anche poco intelligente e poco organico, può andare da un sindaco e dire: “o mi dai il trasporto dei rifiuti o…”. Con le società provinciali avevamo tentato di alzare il livello dello scontro. Entro il 31/12 si è decisa la chiusura delle società provinciali. Forse vivranno un po’ più a lungo, ma di fatto sono mesi che non vengono pagati i lavoratori. Mettendo assieme i pezzi di questa situazione, vediamo apparire nel nostro orizzonte prossimo venturo una situazione esplosiva per la quale, con un decreto, ci inventiamo che faremo le bonifiche…Enrico Letta ha deciso di svolgere un ruolo che è storicamente vecchio e superato. Ha tutta l’intelligenza e la competenza per incarnare ciò che gli ha insegnato Beniamino Andreatta, ma evidentemente prevalgono altri ragionamenti.
Si parla tanto, per il passato, di “trattativa” tra Stato e criminalità. Nei fatti, oggi, sembra che la trattativa sia nelle cose: in questo misto di inerzia e di retorica, di proclami alti e di ricadute che sviliscono la società civile…
Quando un Paese manda a morire la gente, in base a principi di realpolitik può succedere di tutto.
Come se tutto ciò che sta nel mezzo, tra ragion di Stato e ragion criminale potesse essere sacrificato, in nome di una pace che coincide però con la desertificazione del sociale, dell’ambiente e, in fondo, della politica stessa, nel senso più nobile del termine…
Che la cosa prosegua e vada avanti e nutra di se una parte consistente del Paese è ancora più spaventoso. In Campania ci sono 24.000 lavoratori socialmente utili, un decimo almeno dei quali sono soldati della camorra, in particolare del clan Belforte di Marcianise. Il tema rifiuti si sa come è finito e genererà ancora problemi infiniti, in particolare con l’Unione Europea che ha già avviato una procedura di infrazione, non avendo avuto mai rendicontazione sull’uso di almeno 20 miliardi di euro, usati per cose ben diverse da quelle per cui erano stati erogati. Prima o poi, questi soldi dovranno essere restituiti. Il nodo è che sono alcuni mesi che non vengono pagati questi lavoratori socialmente utili, quindi… Sto partendo dalla coda perché, come al solito, queste sono le briciole che cadono dal tavolo di lor signori.
Allude a un tema quanto mai attuale e drammatico, quello delle bonifiche?
Il tavolo fu lor signori è precisamente quello di chi si aspetta di prolungare gli affari in tema di rifiuti facendo le cosiddette bonifiche, che nemmeno sanno che cosa vogliano dire. Che oggi il Governo, almeno così pare dagli annunci, dica che sul tappeto verranno messi 600 milioni del Goerno + 300 dalla Regione non mi tranquillizza, anzi. Hanno provato a fare una bonifica a Bagnoli e il tutto si è ridotto a una benna che ha tirato su qualcosa e quel “qualcosa” è stato inviato a Piombino. La bonifica è una cosa non seria, ma serissima che ha una sua metodologia, che richiede competenze che in Italia sono state massacrate. Dal 2012, la Campania non è stata solo il luogo di mutazioni nel merito di interessi economici legati alle attività criminali. In Campania si è andati oltre, nel senso che le gestioni commissariali hanno portato a far si che si dessero importanti attività a società che di quelle operazioni non si erano mai, dico mai, occupate. C’era una filiera di bonifica, ma era in capo a un gruppo finanziario romano che nasceva nel mondo del petrolio, che tutto sapeva fare nella vita tranne che occuparsi di bonifica. Così come in tema di acque, in Campania fu chiamata a occuparsi di depurazione la Termomeccanica di La Spezia, che di depurazione mai si era occupata prima. È una delle altre stranezze campane…
Una stranezza diventata modello, quasi la Campania fosse stata il laboratorio per progettare un disastro futuro… Pensiamo al caso della Caffaro di Brescia, ad esempio.
Dal 2001 è stato scientemente distrutto il sistema dei controlli ambientali. Un sistema che era invece la chiave di volta per creare un rapporto positivo tra cittadini e controllo del territorio. Un fatto drammatico, di cui tutti paghiamo le conseguenze.
Sembra una farsa, l’ennesima. Dal 2008 al 2010 lei è stato assessore regionale, ha mai pensato a interventi concreti, non limitati all’apertura di commissariati, per prevenire gli incendi?
Assieme a un signore noto, il colonnello Sergio di Caprio, l’uomo che arrestò Totò Riina, vicecomandante dei Noe, avevamo preparato un drone per intervenire. Il problema chiave della “Terra dei fuochi” è dato dal territorio di 25 km, il cosiddetto asse mediano che va da Scampia a Nola: è lì che il sistema corposo, quasi geniale sul piano logistico, dell’incenerimento dei rifiuti tossici è gestito dai clan di Scampia, con le prostitute nigeriane che fungono da sentinelle sul territorio e, purtroppo, i rom che servono a inframmettere ostacoli fra l’asse mediano e la necessità di arrivare rapidamente sul punto dove è in corso l’incendio. In assenza di forze dell’ordine, la questione era prevenire. Come? L’unica cosa che è riuscito a fare l’allora prefetto De Gennaro, oggi capo di Finmeccanica, è stato aprire un commissariato a Giuliano, ma senza forze dell’ordine. I vigili, quand’anche chiamati, arrivano in ritardo e vengono bloccati dalle automobili dei rom. Si era apprestato un drone, con quattro ore di autonomia di volo, che andasse continuamente avanti e indietro per quei 25 km e avvistasse per tempo i movimenti che anticipano l’incendio, in modo da intervenire. È lì che ho incontrato Angelo Ferrillo, che è colui che si è inventato la “Terra dei fuochi”, che ha dato vita all’associazione, e ha avuto il coraggio di mettere in piedi questa rete di cittadini che, quanto meno, hanno documentato la vicenda. E non è poco.
Andrebbe forse militarizzato il territorio? Il governo propone proprio questo e il ministro De Girolamo apre all’invio dell’esercito sul territorio e sul suo sito scrive: «Questo decreto è un punto di inizio per una nuova Campania. Un Campania dove la legalità è un valore applicato quotidianamente. Era un atto doveroso per i miei concittadini e per tutti quegli agricoltori onesti che sono schiacciati tra la Camorra e un danno di immagine spropositato. In tempi rapidi effettueremo il monitoraggio, l’indagine e la perimetrazione delle aree contaminate della Terra dei fuochi” ».
Io sono contro la militarizzazione, ma se c’è un luogo che in Campania va immediatamente militarizzato è quello dei laghetti di Castelvolturno: 22 km quadrati, con vecchie cave diventate laghetti, che hanno una concentrazione di cancerogeni che si muore solo a guardarli. Quell’acqua la usano per irrigare e, ora, vogliono farci anche la pesca sportiva e il diving, ci costruiscono le ville… è questo che mi fa provocatoriamente pensare che in Campania ci sia stata una mutazione genetica compiuta, perché riscontriamo i primi casi in cui la specie umana distrugge scientemente il suo nido. Quando facevo l’assessore alla Regione Campania, proposi la militarizzazione. Nel 2009, feci fare analisi da miei uomini specializzati, provenienti da Roma, e ne risultò una tale concentrazione di piombo da lasciare sbalorditi. Il geometra del comune di Casal di Principe mi rispose che tutto era causato dalla caccia abusiva e dai pallini di piombo delle cartucce.
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