Mondo

Work for hope, la piattaforma che racconta la Palestina

L'ong Coopi lancia, anche attraverso una mostra fotografica che sarà a Milano dal 2 al 16 dicembre, un sito web interattivo dove viene narrata la vita quotidiana dei beneficiari dei propri progetti nei Territori occupati

di Daniele Biella

Conosci, condividi, agisci. Bastano tre verbi per rendere l’idea di un nuovo modo di comunicare la cooperazione lanciato dall’ong Coopi con il progetto Work for hope: una piattaforma online, workforhope.org, per ‘costruire la speranza’ in primo luogo della popolazione palestinese, con cui l’organizzazione non governativa ha a che fare da decenni, per poi estendersi gradualmente a tutti i programmi di aiuto umanitario nel mondo. “Il concetto alla base è semplice: documentare e sensibilizzare le persone attraverso i vissuti delle comunità locali, le singole storie, la realtà del quotidiano”, spiega Francesca Colombi, 37 anni, cooperante nata a Milano ma che oggi vive nella città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, coordinando il progetto Work for hope. “Documentiamo con un occhio particolare le dinamiche legate al progetto Cash for Work (cofinanziato da Echo, il settore umanitario della Commissione europea), che dal 2002 crea impiego temporaneo in vari settori per famiglie più in difficoltà”.

Rifacimento della rete idrica, interventi di ricostruzione di edifici, raccolta dei rifiuti, allestimento di una scuola con pannelli mobili, e ultimamente accesso al lavoro da parte delle donne nella preparazione di grosse tende fatte a mano, sono alcuni degli ambiti lavorativi che in undici anni hanno dato sostegno a 150 villaggi e 30mila persone in tutto. “E’ un progetto che supera le barriere fisiche presenti oggi nel nostro paese, perché offre la speranza di cambiamento futuro, e mostra a chi è lontano dalla Palestina le cose come stanno veramente, senza strumentalizzazioni”, aggiunge la cooperante palestinese Ghada Jarrar, 33 anni, responsabile amministrativa di Coopi nel paese, in cui sono presenti cinque cooperanti espatriati che affiancano uno staff locale di 14 persone. Jarrar e Colombi sono passate di recente dall’Italia per partecipare al Festival della fotografia etica di Lodi, dove sono state esposte testimonianze foto e video del progetto raccolte dal fotoreporter Alessandro Gandolfi in una mostra fotografica, all’interno di una delle tende ‘Hands of palestine’ cucite a mano dalle donne di Jenin e dintorni: “il ruolo della donna in Palestina sta cambiando in positivo, grazie anche alla possibilità di apprendere basi lavorative e concorrere alle entrate della famiglia”, spiega Jarrar.

Il sito di Work for hope è in continua evoluzione, e per ora si concentra sui beneficiari di Gerusalemme, Striscia di Gaza e Cisgiordania: luoghi contesi, ma ricchi di storie da conoscere, per capire attraverso le parole delle persone la difficoltà di nascere e vivere in una terra resasi inospitale dall’inasprimento dei controlli e delle costruzioni di difesa dello Stato di Israele. La mostra Work for hope, dopo l’anteprima al festival di Lodi, verrà esposta dal 2 al 16 dicembre presso il Chiostro del Palazzo delle Stelline (Corso Magenta, 59), con ingresso gratuito. “Il lavoro del fotoreporter aiuta a cogliere il senso del lavoro umanitario: portare speranza alla popolazione civile, a coloro che maggiormente soffrono le conseguenze di decenni di conflitto e occupazione. Il tutto attraverso piccole ma tangibili storie di ri-costruzione quotidiana assumono sul web la loro forma compiuta: video-testimonianza, visita virtuale dei villaggi e fotoreportage, consultabili anche sul sito ufficiale.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA