Volontariato

Il volontariato ha bisogno di un codice etico?

Dopo la puntata di Report sui casi delle Misericordie di Viareggio e Pisa all'interno del movimento si accende un dibattito che interessa tutti i volontari italiani. Quali sono le forme di controllo più efficaci per le odv. Gabriele Brunini e Roberto Trucchi propongono due ricette differenti. Voi come la pensate?

di Redazione

Il servizio di Report in cui si nell'ambito di un'inchiesta sulle presunte magagne del volontariato in cui si citavano i casi delle Misericordie di Viareggio e Pisa (qui ne parla Giulio Sensi nel suo blog), ha aperto un dibattito molto interessante proprio all'interno della più antica associazione di volontariato italiana. A sollecitarlo è stata questa lettera aperta dell'ex presidente nazionale e attuale numero uno della Misericordia di Borgo a Mozzano Gabriele Brunini a cui il suo successore e attuale presidente Roberto Trucchi risponde nel contributo che potete leggere di seguito.


"NECESSARIO UN CODICE ETICO", LA LETTERA DI GABRIELE BRUNINI:

Gabriele Brunini


«Caro Presidente, dopo il servizio di Report di lunedì scorso, ritengo utile trasmetterti alcune riflessioni che credo utili al Movimento. Almeno nella nostra realtà, tra i volontari e i soci, il servizio è stato motivo di turbamento e noi ben sappiamo che in tante realtà associative la chiarezza e la trasparenza non sono di casa. Spero che questa mia sia ben compresa, perchè vuole essere solo un contributo ad una discussione necessaria….Buon lavoro e ti giungano i miei fraterni saluti.
Il servizio di "Report", trasmesso da Rai 3 nella serata di lunedì 4 novembre, con il titolo "Trasparenza e Privacy" ha offerto, forse volutamente, una brutta immagine del nostro Movimento, delle realtà caritative e del non profit,  coinvolgendo nelle riprese televisive nomi e loghi di Misericordie (vedi Navacchio) che non erano oggetto del servizio stesso.
Potremmo scegliere la strada di non parlarne, lasciando che la polvere della polemica si riapposi, buttandola magari sotto il tappeto, come spesso si usa fare. Invece scelgo di fare alcune riflessioni.Lo faccio da confratello di Misericordia, da sempre, ed anche da ex Presidente confederale, che conosce i meccanismi e le dinamiche del nostro Movimento.
Lo faccio in tempi "sereni", con gli organi rinnovati per un quadriennio da pochi mesi.
Lo faccio per aprire un dibattito che, quasi sempre, è stato appannaggio solo dei componenti gli organi di Confederazione, mentre invece deve diventare patrimonio delle Associate e dei singoli confratelli.
Premetto che non voglio eprimere giudizi sulle questioni sollevate dal programma televisivo a cui, molto spesso, più della verità interessa lo scoop, ignorando le opinioni che possano non avvalorare la tesi propugnata dal programma.
Anche nell'edizione di lunedì non è stata trasmessa l' intervista ad un esponente di rilievo del nostro Movimento che sarebbe stata molto ultile ascoltare.
Monciatti, Presidente della Misericordia di Viareggio, già nella giornata del 5 novembre ha inviato un messaggio per informare che il "consiglio della Misericordia ha deliberato di incaricare alcuni avvocati per sporgere almeno tre denunce per falsità e offese".
Mi auguro davvero che ciò avvenga e che possa ottenere anche adeguate smentite e soddisfazioni.
Di fatto però il programma ha colpito duro, evidenziando comportamenti di due grandi e storiche Misericordie, da tempo oggetto di attenzioni della stampa, dando giudizi negativi e pesanti.
Di certo non sono state di aiuto le reazioni "poco serene" degli intervistati, che hanno contribuito a dare una immagine non positiva delle nostre realtà.
Il messaggio che Report ha tentato di veicolare risulta essere questo:
il non profit non ha controlli…..non si sono volute costituire strutture di controllo che erano previste…..si è abolita addirittura l'Agenzia che era stata costituita  (come ha affermato Zamagni)…..si costruiscono società come scatole cinesi con i soldi dei benefattori…..non c'è trasparenza nella gestione dei fondi raccolti..
Della Misericordia di  Pisa sono note, da tempo, le vicende dei diversi commissariamenti, decisi addirittura dall' Arcivescovo della città, Mons.  Giovanni Paolo Benotto, conseguenti alla impossibilità per gli organi statutari di procedere, con risultati positivi,  a normali elezioni; e si conosce la preoccupante mancanza di volontari, fatto grave per una Misericordia di così grande tradizione.
Dopo il servizio di Report sono state molte le telefonate ricevute da Governatori preoccupati ed anche lo stupore di tanti nostri soci, soprattutto delle persone anziane, sempre vicine alla Misericordia.
La nostra Confederazione Nazionale, non può rimanere passiva.
Il nostro Movimento (la più antica forma di volontariato organizzato, come ci piace definirci) ha il dovere di trovare forme nuove di controllo e garanzia per chi si fregia di un nome così impegnativo e importante come quello di "MISERICORDIE" e si rifà, addirittura, all'insegnamento Evangelico ed alla parabola del Buon Samaritano.
Siamo consapevoli che la Confederazione è una "associazione di associazioni" che sono, nel loro agire, assolutamente autonome ed indipendenti, con propria personalità giuridica e, pertanto, non soggette a vincoli gerarchici o associativi.
Scherzando, da Presidente Confederale, aggiungevo che le nostre Associazioni, spesso, si dimostrano anche "anarchiche individualiste", viste le difficoltà che sempre si trovano nel coinvolgere le Misericordie in progetti capaci di valorizzarne il ruolo di Movimento a livello nazionale o, addirittura, europeo, come oggi sarebbe assolutamente necessario.
L'accordo con i Padri Camilliani per missioni assistenziali all'estero, la possibilità di costituire una Misericordia a Betlemme in accordo con la Fondazione Giovanni Paolo II, la possibilità di realizzare una funzionale struttura nella terremotata città dell'Aquila, sono solo alcuni degli esempi di un possibile, virtuoso, lavoro comune che ho vissuto personalmente, con delusione.
Perfino la costruzione delle "federazioni regionali", sulle quali avevamo creduto, non senza scontri interni al Movimento,  mi sembra proceda con troppa lentezza, rispetto a quanto ci si aspettava, nonostante l'approvazione (finalmente!) del nuovo Statuto confederale.
Anche l'idea di dare vita ad una struttura di emergenza per l'accoglienza degli immigrati a Lampedusa o sulle coste siciliane, gestita direttamente dall'Ugem, che avevo suggerito di chiamare  "campo della carità", non ha trovato una adeguata discussione all'interno del Movimento.
La Confederazione, come ho già detto, non ha alcun reale potere di controllare i comportamenti delle associate; nullo è il potere di controllo su quelle costituite prima degli anni '90 del secolo scorso (la stragrande maggioranza), scarso, di fatto, anche su quelle costituite dopo, verso le quali gli interventi correttivi o di commissariamento sono spesso naufragati.
Per questo c'è bisogno di qualcosa di nuovo, che dobbiamo pensare ed inventarci, come ad esempio:
un "CODICE ETICO E COMPORTAMENTALE", che la stessa Confederazione potrebbe studiare e proporre alle singole Misericordie che, liberamente, potrebbero sottoscrivere,  impegnandosi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo:  1) alla assoluta trasparenza della gestione, 2) al pieno rispetto dello Statuto, 3) al corretto trattamento normativo ed economico del personale dipendente, 4) ad evitare ogni e qualsiasi pagamento "mascherato" delle prestazioni volontarie, 5) a comunicare con regolarità alla Confederazione Nazionale i dati di bilancio, il numero dei soci, il numero dei volontari attivi, il numero dei dipendenti.
Il CODICE ETICO E COMPORTAMENTALE dovrebbe essere approvato dal Magistrato della Misericordia e trasmesso alla Confederazione con la firma del Governatore, del Correttore, del Presidente del Collegio Sindacale e del Collegio Probivirale.
La Confederazione Nazionale dovrebbe dare vita ad una sezione del sito su cui riportare l'elenco, da tenere costantemente aggiornato, delle Misericordie che hanno sottoscritto questa sorta di "autocertificazione" di qualità, che potrebbe consentire all'Organo nazionale periodici "audit" presso le Associate.
La mia è una proposta, perfettibile e da discutere, che rafforzerebbe il senso di appartenenza al Movimento, con una trasparenza assoluta, di cui non si deve aver paura quando si è in buona fede.
E forse l'assoluta trasparenza darebbe più diritto di chiamare in causa Iddio…. perchè renda merito !

"QUELLO CHE REPORT NON HA DETTO E QUELLO CHE MANCA ALLE MISERICORDIE"LA REPLICA DI ROBERTO TRUCCHI

Roberto Trucchi, presidente delle Misericordie


Il servizio che Report ha dedicato alcuni giorni or sono alle Misericordie di Viareggio e di Pisa – nell’ambito di un intervento più generale sul tema della sorveglianza verso le organizzazioni non-profit – ha generato diverse perplessità, non solo all’interno del Movimento delle Misericordie ma in tanti osservatori del terzo settore.
Come ho avuto modo di dire (prima ancora della puntata di Report) alla conduttrice Milena Gabanelli, non discuto minimamente sull’azione svolta dalla testata: si tratta di giornalismo d’inchiesta, che quindi va a “scavare” appositamente su situazioni che ritiene poco chiare. Non ne voglio discutere neppure di fronte ad un modo di fare televisione – come scrive in questi giorni il mio predecessore, Gabriele Brunini – “a cui molto spesso più della verità interessa lo scoop, ignorando le opinioni che possano non avvalorare la tesi propugnata dal programma. Anche nell'edizione di lunedì non è stata trasmessa l' intervista ad un esponente di rilievo del nostro Movimento che sarebbe stata molto utile ascoltare.”
Credo sia invece importante lasciarsi provocare da quel servizio per porsi due domande: come è possibile che il Movimento delle Misericordie, che rappresenta la radice più antica del volontariato italiano e che si richiama a valori non solo civili ma anche religiosi così alti, generi queste situazioni? E quali reali possibilità esistono per prevenirne il sorgere oppure per intervenire adeguatamente con correttivi e/o sanzioni?
Sono domande che non interessano solo le Misericordie – coinvolte nello specifico – ma che potrebbero essere formulate verso qualsiasi organizzazione di volontariato o non profit: è sufficiente che il lettore di Vita sostituisca il nome “Misericordia” con quello della propria associazione od organizzazione e vedrà che non fa’ grande differenza…
In merito alla prima questione, credo sia utile evidenziare come il Movimento delle Misericordie riunisce oltre 670 singole associazioni, diffuse in tutta Italia, con un radicamento territoriale fortissimo dato anche dalle antiche origini (oltre 7 secoli di storia) e dall’affetto che hanno saputo generare tra la gente, con oltre 600.000 aderenti e 150.000 volontari impegnati in molteplici attività sanitarie, sociali, di protezione civile, e tanto altro ancora.
Perché questi numeri? Non vogliono essere una “manifestazione di forza”, ma solo far comprendere come sia certamente possibile e persino fisiologico che alcune Misericordie attraversino, in certi momenti della loro plurisecolare esistenza, periodi di crisi, di cattiva gestione, persino di appannamento dei valori fondanti, talora anche di illiceità istituzionali o gestionali. Le nostre associazioni sono fatte da uomini, esposte quindi ad errori ed anche a possibili deviazioni.
Non c’è da stupirsene, anche considerando che nei secoli – e particolarmente negli ultimi decenni – le nostre organizzazioni hanno visto spesso crescere la dimensioni economica e patrimoniale, oltre che il ruolo “politico” nella propria comunità. Anzi, è strano che tali (presunte) degenerazioni si limitino a casi isolati: anche una classe dirigente selezionata può lasciarsi prendere – a tutti i livelli – dalla “tentazione” di un uso spregiudicato del proprio ruolo; di contro, le nostre associazioni possono essere viste come “appetibili” da potentati esterni, siano essi politici, economici od anche – purtroppo – religiosi.
Proprio per salvaguardare la validità di questa grande esperienza di partecipazione e di impegno solidale occorre saper distinguere il (tanto) buono dal (poco) cattivo che è insito in ogni umana aggregazione e dal quale anche le nostre Misericordie purtroppo non sfuggono. Senza ovviamente “fare lo struzzo” né tacere alcunché di quanto emergesse come distorto, ma facendo in modo – se possibile – che questo non scoraggi ma anzi stimoli un impegno genuino ed autentico di volontariato nelle nostre Associazioni, a maggior ragione in quelle che oggi vivono momenti di criticità e che proprio per questo hanno bisogno non certo di essere abbandonate a se stesse ma anzi di supporto e di rinnovate energie.
Altro discorso è quali controlli e “rimedi” si possono intraprendere.
La trasmissione di Report richiamava l’attenzione proprio sull’esigenza di dar vita ad una Autority di vigilanza sul terzo settore. Lasciatemi dire che non sono molto convinto che questo strumento – fondamentale per altri fini – serva allo scopo.
Val la pena evidenziare come gli Statuti, le variazioni istituzionali ed anche i bilanci delle organizzazioni di volontariato sono depositati ed annualmente aggiornati presso le Province, per una verifica funzionale al mantenimento dell’iscrizione ai registri. Le altre organizzazioni di terzo settore hanno sistemi di controllo istituzionale analoghi, se non ancora più stringenti (come le coop. sociali). Davvero pensiamo che un’ulteriore autorità nazionale potrebbe ottenere risultati maggiori? Ne dubito.
Credo invece che il primo e più efficace strumento di controllo e di ripristino sia rappresentato dalla base sociale, dal radicamento territoriale, dalla partecipazione attiva della comunità. Laddove qualcuno – anche in buonafede – tenda a trattare la Misericordia come “cosa propria” occorre che la base sociale (spesso assai ampia) si riappropri del proprio ruolo, esprima il proprio orientamento, diventi parte attiva nelle scelte gestionali e nel controllo dell’Associazione: la riporti, in sostanza, ad essere “cosa di tutti”.
In questo la presenza di un organismo federativo – nel caso delle Misericordie la Confederazione – può giocare un ruolo fondamentale. Ma con quali reali poteri di intervento?
La Confederazione (nata solo nel 1899) ha origini ben più giovani di molte proprie Associate; e le nostre funzioni di vigilanza sulla coerenza con i principi ispiratori del Movimento e con la natura di volontariato autentico devono misurarsi spesso con la piena autonomia gestionale riconosciuta a ciascuna Misericordia. E voglio sottolineare come tale autonomia sia per noi un valore, perché distingue nettamente il ruolo attivo, operativo, di chi è chiamato a “fare Misericordia” da quello di coordinamento e di accompagnamento proprio dell’organismo federativo.
Ovviamente non manchiamo di agire in vari modi ed anche con forza per richiamare le nostre associate al rispetto dei principi statutari ed alla correttezza dei comportamenti. Ma l’unico reale provvedimento “sanzionatorio” che possiamo assumere è l’espulsione dal Movimento. Un provvedimento estremo, che peraltro in molti casi – ed anche nei due in specie, se ne ricorressero le condizioni – non cambierebbe molto né nell’operatività né persino nel nome delle Misericordie, essendone legittimate da secoli di presenza attiva sul territorio.
Ed aggiungo: è proprio giusto che la Confederazione “molli” una sua associata proprio quando essa – magari temporaneamente governata da dirigenti non all’altezza o che se ne approfittano – ha maggior bisogno di sostegno, aiuto, spinta al cambiamento? Quale madre abbandonerebbe il figlio in difficoltà od anche “deviato”?
No, credo che l’espulsione rappresenti solo l’extrema ratio.
In questi giorni Brunini proponeva l’introduzione di “…un CODICE ETICO E COMPORTAMENTALE, che la stessa Confederazione potrebbe studiare e proporre alle singole Misericordie che, liberamente, potrebbero sottoscrivere, impegnandosi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo: 1) alla assoluta trasparenza della gestione, 2) al pieno rispetto dello Statuto, 3) al corretto trattamento normativo ed economico del personale dipendente, 4) ad evitare ogni e qualsiasi pagamento "mascherato" delle prestazioni volontarie, 5) a comunicare con regolarità alla Confederazione Nazionale i dati di bilancio, il numero dei soci, il numero dei volontari attivi, il numero dei dipendenti. Il CODICE ETICO E COMPORTAMENTALE dovrebbe essere approvato dal Magistrato della Misericordia e trasmesso alla Confederazione con la firma del Governatore, del Correttore, del Presidente del Collegio Sindacale e del Collegio Probivirale”.
La proposta è sicuramente affascinante ma temo scarsamente efficace: non vedo infatti come possa vincolare l’associazione laddove non riescono a farlo gli Statuti, i regolamenti interni e gli stessi principi ispiratori del Movimento… Non abbiamo bisogno di regole in più, quanto di strumenti che le rendano certe ed effettive.
Ma lo spunto di un “codice etico” è comunque valido, con alcune varianti, ed è quello a cui da qualche tempo stiamo pensando.
L’idea è di provare a costruire – anche sul piano istituzionale e statutario – un sistema di “monitoraggio etico” (il termine però non mi piace…) strutturato in modo da:
•    individuare con chiarezza i fattori che più frequentemente generano situazioni di criticità nelle nostre associazioni; ad esempio, la crescita dei bilanci, l’aumento del numero dei dipendenti, la mancanza di ricambio nella classe dirigente, etc
•    collegarli a specifici “campanelli d’allarme”;
•    prevedere che in questi casi scatti la necessità di un più elevato “controllo sociale”: ad es., ampia base associativa, rigoroso rispetto delle scadenze elettive, commissioni elettorali presiedute da un “garante”, certificazione dei bilanci, etc.
Uno strumento concreto, che le stesse Associazioni possono introdurre nel proprio sistema statutario/regolamentare. Uno strumento che, in sostanza, con l’aumentare del livello di rischio veda crescere i limiti ed controllo da parte del più importante ed autentico soggetto di garanzia: la partecipazione attiva della comunità sociale.
Potrebbe essere uno strumento utile, oltre che per il Movimento delle Misericordie, anche per l’intero Terzo settore?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA